Carolina Giorgi, inediti da “Leggendo Emily Dickinson”, con una nota di Giorgio Bonacini

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All’apparenza, questa raccolta di Carolina Giorgi, si presenta come una personalissima scelta di poesie di Emily Dickinson tradotte. E indubbiamente lo è. Ma entrando più a fondo, come si conviene davanti a versi così speciali, ci si accorge che l’autrice scrivendo, e accogliendo in se stessa e smuovendo le pulsioni che stanno nei versi letti, crea qualcosa che potremmo definire un oggetto d’arte interiore.

Di chi sono le parole di questa raccolta? Di Emily Dickinson o di Carolina Giorgi? Sembra una domanda retorica, una fantasia emotiva, ma non lo è se disponiamo il nostro sguardo in modo non usuale, e con un preciso angolo visivo che ci permette un’interpretazione e forse una comprensione. Vediamo infatti che l’autrice portando a sé e costruendo (nel senso del fare che attiene alla poesia) con parole altre una sua opera, non sposta semplicemente la scrittura da una lingua all’altra, ma riesce a dare forma, pensiero e materia a una sua poesia autonoma. La poesia, in generale, inizia sempre da proprie scelte paradigmatiche (una visione, un pensiero, un’ immagine, uno sguardo, una cosa, ecc.) che, nel caso specifico confluiscono tutte in una preferenza per altre parole. Ma per Carolina Giorgi, probabilmente, ciò che è veramente importante è la singolarità dell’esistenza di queste poesie dell’autrice americana: poesie scelte una ad una e riconsiderate nelle parole di un proprio sentimento linguistico. E non si discute qui di un esito mimetico, ma di come, a partire da una lettura poetica, si dia altra poesia.

Possiamo certamente leggere i testi della nostra autrice confrontandoli con ciò che li origina, oppure in modo autonomo come rinascite personali, ma crediamo sia più vitale un punto di vista diverso. E’ come guardare il paesaggio da un vetro: si può focalizzare il paesaggio o il vetro, ma una percezione ricca di sensi si ottiene nello spazio visivo che mischia vetro e paesaggio, con una continua alternanza della visione. Si potrebbe dire allora che è lo spazio presente fra le due autrici, la sua trasparenza, a raccogliere le vibrazioni delle voci e ad accoglierne il richiamo che genera e rigenera i versi.

In questo senso la poesia è sempre traduzione: portare altrove il proprio dire, ricombinare le significazioni, incorporare un suono e riportarlo a nuova voce. E l’andamento della voce in Carolina Giorgi è fondamentale per assorbire i tratti distintivi che, nella sua traslazione, caratterizzano l’opera di Emily Dickinson, e di rimettere nuovamente al centro della sua esistenza la parola che è riuscita a trovare: il fulcro poetico che dice la cosa e la trasforma. E’ questo il tragitto che si compie dentro una riflessione linguistica e sensoriale: lì dove il poeta (ma anche ogni lettore quando è in cerca di senso) trova, o rende necessario trovare, molteplici direzioni e spesso oscuri passaggi.. E in questo modo il pensiero non può non diventare, pur nella costante consapevole precarietà di chi scrive, un momento insostituibile che “ci coglie a trasalire -/noi - di un attimo/immortali ”.

 

 

da Leggendo Emily Dickinson

 

[1674]

Not any sunny tone

From any fervent zone

Find entrance there –

Better a grave of Balm,

Toward human nature’s home –

And Robins near –

Than a stupendous Tomb

Proclaming to the Gloom

How dead we are –

 

Nessun nodo di sole che

da qualche dolco luogo

possa entrarvi –

vorrei rupi di resina

con rondini e dell’uomo

ancora accorte –

non arnie d’urne splendide

che adornino di oscuro

la mia morte –

 

 

[391]

A Visitor in Marl –

Who influences Flowers –

Till they are orderly as Busts –

And Elegant – as Glass –

Who visits in the Night –

And just before the Sun –

Concludes his glistening interview –

Caresses – and is gone –

But whom his fingers touched –

And where his feet have run –

And whatsoever Mouth he kissed –

Is as it had not been –

 

Verrà d’argilla un ospite –

che al fiore arando affini –

a farne statue – la

corolla – e vitree trine –

che – all’albino effuso – stinga il

verboso scintillio –

e di levità sfiorando

il buio – vada via –

ma chi di un tocco alle sue dita –

e luogo – al passo –

e bocca al bacio arrise –

da ora visse –


[536]

The Heart asks Pleasure – first –

And then – Excuse from Pain –

And then – those little Anodynes

That deaden suffering –

And then – to go to sleep –

And then – if it should be

The will of its Inquisitor

The privilege to die –

 

Dapprima gioia –

poi – dal rogo si assolva –

poi – a tregua dal buio

uno scudo di malva –

adesso – infine

chiede il cuore – l’agio al sonno –

e – se concesso –

il privilegio di morire –

 

[761]

From Blank to Blank –

A Threadless Way

I pushed Mechanic feet –

To stop – or perish – or advance –

Alike indifferent –

If end I gained

It ends beyond

Indefinite disclosed –

I shut my eyes – and groped as well

‘Twas lighter – to be Blind –

 

Al vuoto – elude il dove –

inducendosi il mio passo –

se avanti – disavvede –

se innomade –

se muore –

avessi fine e infine,

infinitezza!

celo gli occhi

e incedo

meno cieca –

 

[217]

Father – I bring thee – not Myself –

That were the little load –

I bring thee the departed Heart

I had not strength to hold –

The Heart I cherished in my own

Till mine – too heavy grew –

Yet – strangest – heavier – since it went –

Is it too large for you?

 

Padre – di me stessa

il dono è poca cosa –

ti offro il cuore avulso

di cui mi vinse il peso –

reco il cuore che fu prole

del mio finché lo ressi

che – perduto – mi è più greve –

è d’improba grandezza? –

 



Carolina Giorgi è nata a Mantova il 18 novembre 1973. Dopo gli studi classici, si è laureata al Dams con una testi sperimentale in Semiotica dello spettacolo (La comprensione dello spettatore). A Bologna ha effettuato alcune collaborazioni in ambito teatrale e musicale. Giornalista pubblicista, ha collaborato con il settimanale La Cronaca di Mantova e con il mensile nazionale A tavola. Una raccolta di sue poesie è stata pubblicata nel volume Hemeros (Verona, 2004), è quindi entrata a far parte del consiglio editoriale della collana Opera Prima. Suoi testi poetici sono apparsi sulle riviste Poesia, Hebenon e sul webzine Transfinito, e citati su Il segnale.

Ha pubblicato il romanzo Le spine di Venere (Firenze, 2005), medaglia d’argento al Premio Letterario Internazionale “Maestrale - San Marco” (Sestri Levante). Nel 2007 è stata nella giuria del concorso di scrittura erotica indetto da Loveline, talk show di Mtv Italia. Autrice di prefazioni a testi poetici e antologie artistiche, è oggi impegnata a tempo pieno nella scrittura.