Kiki Franceschi, da “Non c’è tempo per il tempo”, Edizioni Polistampa, 2016, nota di Flavio Ermini

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Kiki Franceschi è poeta, artista, saggista. Il suo lavoro è dunque complesso e poliedrico. Precisamente com’è complessa e poliedrica la struttura di questo suo libro: Non c’è tempo per il tempo.

In questa opera, parola poetica e segno, parola riflessiva e canto si intrecciano. E forniscono del mondo una visione colma di contraddizioni insanabili.

Il nostro mondo, ci dice Kiki Franceschi, è sottoposto all’incombere di un disegno che appare inestricabile. Un disegno che a tutti rimane celato.

I protagonisti dell’opera (esseri umani, esseri animali, o cose che siano) sono condannati all’errare e al patire – che dell’errare è la conseguenza. La sventura pare essere la condizione inerente a noi tutti… Eppure, Non c’è tempo per il tempo non teme di affidarsi a un puro anelito verso la pace. Un anelito puro e tormentato che pervade e scalda i nostri cuori, lacerati come sono tra pena e fortuna.

 

 

Sotto

mentite spoglie

 

Ho due anime, un falso sé o un

inventato sé. Sono sempre sotto mentite

spoglie, in duello con me stessa nel tentare

di uscire dai grovigli interiori che strozzano

l’impulso ad esprimermi e frenano la pulsione

al silenzio. Combatto con la voglia di tacere,

il desiderio di riposo e silenzio, la fine delle

inutili fatiche, l’abbandono della

tensione costante. Fuggo. Entro in

un dialogo tra ombre e doppi.

Inevitabilmente.

 

Rebus

Labirinto della mente

enigma inconsapevole

non oscuro specchio

né museo di cangianti forme.

 

Io sono il mio ricordo

come in sogno

nessuno dietro il viso

che ignaro mi guarda.


Kiki Franceschi nasce a Livorno, dove giovanissima si distingue nel campo pittorico vincendo numerosi premi nazionali. Al suo attivo ci sono circa quaranta mostre personali e collettive. Esperimenta poesie sonore, alcune delle quali saranno trasmesse negli anni 1990 e ’91 dalla Radio Nacional de España in occasione della rassegna Ars Sonora. Scrittrice, poeta e saggista pubblica diverse opere tra cui Giornale(Aglaia, Firenze 1991), Segnali da nessun luogo (Polistampa, Firenze 1997), Fontechiara e dintorni (Polistampa, Firenze 2000), Divorare l’infinito, (Morgana, Firenze 2001), Riflessi da fortezza assediata (Angelus Novus, L’Aquila 2002), Isola (Meta, Firenze 2003), Sono fuori del tempo i fatti umani (Gazebo, Firenze 2012). I suoi testi drammatici sono stati tutti rappresentati in teatri italiani tra i quali la Goldonetta di Firenze, il Teatro delle Commedie di Livorno, la Sala Vanni di Firenze o il Piccolo Elliseo di Roma. I saggi su Mary Shelley e sul gruppo Berenson sono apparsi sulla rivista «Berenice», nel 1996, nel 1997 e nel 2001. Un altro è contenuto nel volume a cura di Eleonora Chiti, Monica Farnetti e Uta Treder La Perturbante(Morlacchi, Perugia 2003). Una sua biografia critica è apparsa in Scritture femminili in Toscana, a cura di Ernestina Pellegrini (Le Lettere, Firenze 2006).