Sandra Morero, "E' così...un incontro", saggio su Clarice Lispector


SU “L’ORA DELLA STELLA” di Clarice Lispector

 

Tutto inizia in un attimo denso come un lungo sonno. Una bancarella; libri letti sporchi e consumati. Come a spiare i letti di divoratori ansiosi e insonni, e lampadine appannate dal fiato della notte. Osservo, scarto, compro un libretto. Non so perché. Giace nella mia mano, inconsapevole. Grigio-nero-raschiato con scritta gialla e rosa. Due mani secche stringono al cuore rami nervosi e fiori indistinguibili dal consumato dello sfondo. Volto ovale bianco sotto il titolo: L’ORA DELLA STELLA. Due occhi neri e stanchi, labbra fresche di bambina protese in un sussurro. Uno sguardo asimmetrico mi attraversa e cerca il mio sfondo. Il nome: Clarice Lispector, misticanza di erbe espettoranti e fiori bianchi, profumo di sambuco e di cannella. 90 foglietti giallognoli di carta scarsa.
Sulla quarta di copertina leggo: “questo romanzo, pubblicato nel 1977, lo stesso anno della morte di Clarice Lispector, è considerato il testamento spirituale della grande scrittrice brasiliana.”
Il demone assopito alle mie spalle ora mi sveglia.

Una scrittura che mi legge. Sarà questo il mistero da velare? Scrivo solo per necessità. Necessità di chi? Solo porosa alla materia verbale. Non chiedere altro. Che la materia entri! Ineffabile, sottile, avvolgente. Bozzolo di seta buia. Per sciogliere il tempo addensato nell’istante-già. Accadimenti futuri e passati inconclusi si avvolgono alle dita. Amore. Non capisco più. Sento soltanto?
Il sussurro ora è assordante.
Un punto di domanda. Non c’è ritorno. All’ingenuità sola si torna. Oppure no.
L’inizio è quasi un tuffo:

dedica dell’autore (alias Clarice Lispector)

seguito da vertigine:

E poiché dedico quanto segue al vecchio Schumann e alla dolce Clara che
oggi sono ossa, pietà di noi! Mi dedico al rosso intenso scarlatto come il
mio sangue di uomo adulto e mi dedico quindi al mio sangue… Mi dedico
alla tempesta di Beethoven. Alla vibrazione dei colori neutri di Bach. A
Chopin che mi ammolla le ossa. A Stravinskij che mi ha sbalordito e con il
quale sono volato in fuoco. Alla “Morte e Trasfigurazione” in cui Richard
Strauss mi rivela un destino? Mi dedico soprattutto alle vigilie di oggi e
all’oggi, al velo trasparente di Debussy… a Schönberg, ai dodecafonici, ai
gridi raschianti degli elettronici – a tutti coloro che in me hanno raggiunto

zone spaventosamente impreviste, a tutti i profeti del presente che tanto mi
hanno predetto, a ma stesso che in questo istante esplodo nell’io. Quell’io che
siete “voi” perché non tollero di essere solamente io, ho bisogno degli altri
per stare in piedi…
Questa storia ha luogo in stato di emergenza e di calamità pubblica. È un libro
incompiuto perché non ha risposta. … Amen per tutti noi.

Mi fermo, sono già stordita. Parla con me. Non parla a me… in forma di ...

Vuole risposte?

No.

Altre
domande?????????????????????????????????????????????????????????????????????
?????

Comincia con un

SI

Poi seguo

Vado fino al fondo. Sfondo grigio squallido. Fango. Una storia di niente. Come di nebbie. Freddo ucraino, fango brasiliano. Punteggiata qua e là di stelle o buchi neri. Pesanti. Di quali pensieri? Stelle interroganti. O dementi?

Come cominciare dall’inizio, se le cose accadono prima di accadere?

Non si tratta di una semplice narrazione, è innanzitutto vita primaria che
respira, respira, respira. Materia porosa, un giorno io qui vivrò la vita di
una molecola con la sua possibile esplosione in atomi. Ciò che scrivo è più di
un’invenzione.

Io non sono un intellettuale, scrivo col corpo. E ciò che scrivo è una nebbia
umida. Le parole sono suoni diffusi di ombre che s’incrociano diseguali,
stalattiti, trina, musica trasfigurata di organo.

Giuro che questo libro è fatto senza parole. Questo libro è un silenzio. Questo
libro è una domanda.

Scrivo con tratti vivi e grossolani di colore.

… l’eternità è lo stato delle cose in questo momento.

Scrivo a orecchio...

Devo ricopiarmi con la delicatezza di una farfalla bianca.

…con la punteggiatura, faccio giochi di prestigio di intonazione, e costringo il
respiro altrui a scandire il mio testo.

Lo scritto che tra non molto dovrà avere inizio – non reggo ormai più
la pressione dei fatti – lo scritto, che tra non molto dovrà avere inizio, è
sponsorizzato dalla bevanda più popolare del mondo – ciò non toglie che io
non sia retribuito – bevanda diffusa ai quattro angoli del globo, e che è stata
lo sponsor dell’ultimo terremoto in Guatemala. Malgrado quel suo sapore di
smalto per unghie, di shampoo contro la forfora, di plastica pressata. Cose che
non impediscono che tutti in coro la amino, servili e compiaciuti. … perché
quella bibita, che contiene coca, è l’oggi. Un mezzo con cui le persone si
sentono aggiornate e nel presente.

I fatti sono sonori, eppure tra i fatti c’è un sussurro.

Sussurri dipinti come gridi in spazi vuoti.

Grigia, povera Macabéa,

Per lei anche la realtà non aveva nessun valore. Si trovava più a suo agio
con un quotidiano al di fuori della realtà, viveva al ralleeeeentatooooore,
leeeeepre a luuuuunghi baaaaalzi sooooopra le cooooolliiiiiine. Il vago era il
suo mondo terreno, il vago era l’essenza della natura.

- Ma so solo essere impossibile, non so altro.
Cosa devo fare per diventare possibile?

- Tu sai se si può comperare un buco?

E grigio sfinito fino alla stazione terminale. Un rivolo di sangue rosso. Una verde piantina d’erba, più felice di una foresta, che sbuca dal canaletto dello scolo, il giallo di un’auto e una luce rasa sull’asfalto bagnato. E un grido:

- QUANTO AL FUTURO.
Aveva nostalgia del futuro? Sento l’antica musica di parole e parole, si,
proprio così. In questo esatto momento Macabéa sente … Voleva vomitare
ciò che non è il corpo. Vomitare qualcosa di luminoso. Una stella dalle mille
punte.

Vivere è un lusso.

Adesso comprendo questa storia. È l’imminenza che c’è nelle campane lì lì per
oscillare.
La grandezza di ciascuno.

Vi domando:
- Qual è il peso della luce?

E ora – ora non mi resta che accendermi una sigaretta e andare a casa. Mio
Dio, solo adesso ricordo che le persone muoiono. Ma – ma, anch’io?!
Non dimentichiamo che questa è la stagione delle fragole.
Sì.

Sembra che parli della morte e dice altro. Neppure Dio è di casa in questo libro-straccio. E non c’è speranza. Non c’è salvezza. Miseria. Nulla. E ancora nulla. E non è una morte. Interroga, domanda. Mi domanda ed io non posso che interrogarmi senza rispondermi.

È la rivelazione dell’imminenza di. Di che cosa? Chissà se un giorno lo saprò.
E scrivo nel momento stesso in cui sono letto.

La morte è l’indicibile. Questo è l’ineffabile. O la grandezza? C’è grandezza tra le righe, negli spazi vuoti. Vuoto – pieno. Pieno di che? Pieno.

… vuoto è l’unica cosa che potrò mai avere. Oltre a quel vuoto, nulla. Eppure
il vuoto ha il valore e la parvenza del pieno. Per ottenere non c’è che da
cercare, per avere non c’è che da chiedere e da credere semplicemente che il
silenzio, che io credo in me stesso, è la risposta al mio – al mio mistero.

Silenzio pieno di esistenza

Mi esprimo con parole che sono limitate. Ho bisogno di parole silenziose.

 

 

Nota dell'autrice

Lo scritto è una rievocazione di una scoperta casuale ma significativa che ha dato
slancio ad un lavoro di scrittura che, altrimenti non avrebbe forse avuto un luogo in cui
manifestarsi. Si tratta di una scrittura che sgorga nella necessità di relazione con altri
sguardi; l’intenzione è di ricercare e di generare uno spazio di attesa e di reciprocità,
uno spazio anche teatrale, fatto di aria e respiro, che possa “forare” la pagina scritta.
Proprio questo breve scritto è, quindi, il tentativo di vivificare un’esperienza ineffabile, una
relazione ritmica. Come in un teatro interno leggente e scrivente sono vicini, possono
toccarsi, possono trovare il punto dove mettere al mondo una “cosa” sospesa, vibrante di
suono; è possibile, allora, nella deflagrazione del tempo e dello spazio, vedere una porta
aperta?
S.M.

 

 

Sandra Morero. Nata a Torino, vivo, tra famiglia e lavoro, a Pinerolo. Da molti anni mi occupo di teatro con attenzione all’uso della voce. Leggo, recito e scrivo per necessità di uno spazio di ricerca autentica, vitale. Lavoro inoltre con i linguaggi non verbali delle arti e del corpo in progetti per migliorare la qualità di vita delle persone, in situazioni di handicap e disagio, nella scuola e in diverse strutture nella provincia di Torino.