Shin Tanabe, Vivide sequenze

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Vivide sequenze

Con "INSCRIBED POEM", Shin Tanabe presenta sei immagini la cui elevata valenza estetica si manifesta sia nelle singole opere, sia nel loro progressivo succedersi.

Qualcosa, complice una pregnante raffinatezza, unisce le sei pagine che si susseguono secondo taciti, musicali, ritmi: il suono è anche figura, la figura è anche suono?

È possibile, sì.

Emergendo da uno sfondo scuro di cui sono enigmaticamente partecipi, le fisionomie di Tanabe tendono a raggiungere il primo piano e, perfino, in qualche modo, a superarlo: dal buio ad un chiaro sempre più brillante, per poi discendere verso un'ombra che non le risucchia, limitandosi a mostrarsi quale (muto?) àmbito.

Da notare, alla fine, alcuni lineamenti propri del quotidiano (un cerchio metallico, una pianta), tali da tradire il pensiero dell'artista: la sequenza, vivida, affascinante, comprende anche noi, il nostro stesso esistere, perché tra i molteplici aspetti del mondo non sono tracciati rigidi confini.

Una sorta d'iconica empatia è, dunque, il tratto essenziale di un atteggiamento poetico che non tende a trascendere uno stato di cose, bensì, con estrema eleganza, ad accettarlo.

Quanto al linguaggio, rimaniamo incantati di fronte ad una precisione di forme, ad un'esattezza, coincidente con il suo medesimo armonico movimento, ricca di una grazia per nulla fragile, anzi robusta, efficace.

Il gesto dell'artista ci proietta in dimensioni astratte nient'affatto aliene, profondamente nostre: riconoscerci in un'opera è riuscire a vedere meglio, ad illuminare parti del nostro essere rimaste in ombra, è, in ultima analisi, riflettere intensamente sulla nostra più intima natura.

Le immagini di "INSCRIBED POEM" attirano il nostro sguardo: osservarle con consapevole meraviglia ci arricchisce, ci rende capaci di attingere ad inaspettate riserve d'ulteriori energie, ci pone, in maniera inedita, in immediato contatto con noi stessi e con il mondo, provocando quei sentimenti di partecipe sensibilità che tendono a conciliare e ad unire, anziché a distinguere, a dividere.

Un'esperienza feconda, davvero.

Marco Furia

 

(Shin Tanabe, "INSCRIBED POEM", EDITIONS δ, Tokyo, 2010)