Camillo Pennati, Modulato silenzio, Joker 2007


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Camillo Pennati, Modulato silenzio, Joker, Novi Ligure (AL) 2007 

Trascrizione del commento interpretativo di Flavio Ermini

alla terza Biennale Anterem di Poesia, 17 ottobre 2008. 

 

L'essere umano e la natura. Mai come oggi queste due entità sono state così distanti tra loro. È sotto gli occhi di tutti questa lacerazione. 

Solo la parola poetica - ai nostri giorni - è forse in grado di farci conoscere la fratellanza che - all'aurora del mondo - univa questi due elementi.

Quando accade? Quando la parola poetica si fa luce. 

Lo registra Camillo Pennati in una delle poesie che aprono il volume Modulato silenzio, quando annuncia: «la luce che lambisce il globo / da aurora riabbracciandolo».

Quella luce ha un compito: dislocare la natura nel cuore della parola e da qui tornare finalmente a invadere i sensi dell'uomo. 

Questo percorso nella poesia di Pennati si sviluppa per aggiunzioni continue di frasi sospese, echi di sillabe con ritorni all'indietro, ripetizioni avvolgenti.

Lo avete avvertito anche voi - non è vero? - come nella poesia di Pennati il pensiero si sviluppi man mano nel flusso delle parole.

Dalla lettura del poeta si avverte in modo particolare. 

Ci troviamo di fronte a una mobilità - una mobilità, a ben vedere, propria della luce - che può espandersi in ogni direzione.

Una mobilità che insegue la sorpresa del dire qualcosa che fino a quel momento non si pensava.

Accade questo. Accade una cosa straordinaria: la natura si fa presente come fatto poetico che dà al pensiero da pensare. 

Situare l'immagine primaria non sulla natura ma piuttosto dentro di essa - come fa Pennati - fa sì che la terra diventi il sostegno ideale per la manifestazione dei sentimenti.

Attenzione: si tratta di una terra-tessuto che attraverso l'intreccio delle emozioni impone alla figura umana di generare altri rapporti, altre allusioni, altri sensi.

Tanto da poter a sua volta diffondere la luce della propria essenza.  

È allora che l'impegno del poeta si fa estremo, tutto affidato agli equilibri della percezione. 

In un mondo di categorie e generi ben definiti, la mescolanza e la coabitazione di molte diversità diventa rivoluzionaria.

È a questo punto che Pennati, in nome della poesia, dichiara l'insufficienza della scienza nella conoscenza della natura, proprio per via di quella razionalità categoriale che la caratterizza.

Razionalità categoriale che Pennati non esita a definire: «quell'ingannevole diaframma». 

La luce svela un corpo radioso e insieme le paure che lo aggrediscono.

Svela parvenze, giardini rutilanti, ammassi di pietre preziose.

Rivela un'attenta riflessione sull'avventura umana. 

Le pagine assorte di Modulato silenzio si costituiscono come una vera e propria guida.

Ci indicano come attraversare le sensazioni più riposte, quelle sensazioni dalle quali scaturisce una visione avvincente del tempo.

Ma, attenzione, quale tempo? non certo quello progettuale o quello escatologico, bensì il tempo legato ai cicli naturali. 

Ma non solo.

Dalla poesia di Pennati emergono con forza le incertezze e le incoerenze della nostra condizione esistenziale.

E questa denuncia impone di aderire senza ripensamenti a tutto ciò che nella natura incessantemente appare. 

Flavio Ermini