Luigi Fontanella, L’azzurra memoria, Moretti & Vitali 2007

Luigi Fontanella, “L’azzurra memoria. Poesie 1970-2005”, Moretti & Vitali 2007 

Testi poetici 

*

Fra pareti bianche

mentre sugli occhi

                un soffio

non s’aspetta

un gesto e via:

                poi si è dappertutto

e quanto si vuole. 

*

Sulla distesa del mare

“enigma d’azzurro e di morte”

lo scalpitio rosso di un cavallo:

un bambino tocca una pianola

dimenticata agli occhi

del suo angelo bianco. Morire è

di nuovo sentire una stagione

un’aria di cielo. 

Nota critica di Rosa Pierno 

La poesia di Luigi Fontanella è una di quelle in cui più saldo appare il legame esistente tra reale, parola e memoria (ove la memoria venga considerata come la facoltà precipua della cultura). Saldo nel senso di risolto. La fusione è stata tale che i tre elementi appaiono avere medesima materia: “per determinare il tuo viaggio \ di fronte a pilastri fuggenti luci \ che intrecciano il volo con le parole \ bisbigliate nell’aria”. E’ in questo senso una poesia dalla forma metamorfica, ove parole trascolorano e trapassano una nell’altra a tal punto che diviene impossibile rintracciarne i punti di giunzione. Al contrario, il verso, quasi come un argine, ha una misura stabile, sponda che consente alla parola le sue escursioni. Una  cadenza costante sostiene anche il passaggio tra ciò che il poeta vede e la riflessione su ciò che ha visto, mai sfondo, ma parte integrante, indisgiungibile: “ e questa \ corsa sull’erba il conto \ a ritroso che non lasca speranza. \ Più facile adesso però capirne \ la forza l’importanza, quando \ a passi d’uomo misuri la distanza”. Il fulcro generatore della poesia di Fontanella è, dunque, una capacità visionaria che trascende il dato visivo in quello immaginativo per cui il treno diviene “in uno sferragliare d’anni e di armi \ antico cavaliere o crociato sublime”. Allo stesso tempo, i suoi versi registrano la sua autobiografia. E si sa che ogni autobiografia è sì invenzione, dato artificiato, ma qui, in particolare, si ha la sensazione di un’aderenza assoluta al sé, forse per un certo velo di mestizia e di rimpianto che accompagna le effimere forme dell’esistere. Ciò che gli occhi vedono è in un istante già passato. Nel percorso che la collezione di poesie srotola, il dato visuale va intensificando la sua presenza fino a divenire dominante e la lunghezza del verso si rastrema quasi a significare una rarefazione dello stesso senso estraibile dal consunto dato percettivo. Come un pittore che guardi la bottiglia che vuole rappresentare, Fontanella  scrive: “L’ho fissata a lungo \ fino a che è scomparsa \ effusa \ lieve e trasparente \ rosa cosa dell’aria \ palpito \ o diafana medusa”. Eppure, mai è chiusa la partita dell’incessante dialogo tra segni, realtà e sfera psichica. In uno sfavillare di giochi sonori, parole si rincorrono come riflessi sulla superficie dell’acqua. Lettore rincorre le sfavillanti presenze sapendo di non doversi posare su così mobile e volatile sostanza: “Parola lino di broccato \ vasta scienza in agguato \ pianura \ e rivestimento d’un artificio \ oltre ogni limite fisso \ oltre ogni steccato”.  E naturalmente, il tempo qui non può essere che un’opinione, non può che ottenere una definizione personale. Oggi è equivalente ad allora. E lo stesso io appare quasi inficiato da una memoria che “tutto avvicina \ e già svapora”. Ma la poesia, esattamente come la certezza data dal cuore che batte, è battito vitale. E’ una lezione, quella impartitaci da Fontanella, sulla capacità operazionale della poesia di mutare la sostanza delle cose in visione perenne.  

Luigi Fontanella (1943), Ordinario di Lingua e Letteratura italiana presso l’Università statale di New York, ha svolto intensa attività giornalistica oltre a essere poeta, narratore e saggista. Dirige dal 1982 la rivista internazionale “Gradiva”.