Premio Lorenzo MontanoRicercaCarte nel VentoSostieni la poesia Indica il Il catalogo generale di Anterem edizioniTutti i tag di Anteremtags in Carte nel ventoGennaio 2010, anno VII, numero 11
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Convegno su MontanoSono stati pubblicati da QuiEdit gli Atti della giornata di studio dedicata dalla Biblioteca Civica di Verona e da Anterem a “Lorenzo Montano e il Novecento Europeo. Gli interventi qui riuniti sono di Giorgio Barberi Squarotti, Flavio Ermini, Gio Ferri, Claudio Gallo, Maria Pia Pagani, Tiziano Salari. Curatore degli Atti è Agostino Contò, a cui si deve l’introduzione al volume. Viaggio attraverso la gioventù di Lorenzo MontanoViaggio attraverso la gioventù di Lorenzo Montano viene edito per la prima volta da Mondadori (1923). Successivamente l’opera sarà pubblicata da Rizzoli nella collezione B.U.R. (1959), con un saggio di Aldo Camerino (1901-66). Tale saggio viene riproposto in questa terza edizione, che si presenta arricchita da una biografia e una bibliografia aggiornate, a cura di Claudio Gallo, oltre che da una riflessione interpretativa di Flavio Ermini. La poesia del pensieroIntervista con Flavio Ermini a cura di Antonio Ria Flavio Ermini è stato intervistato da Antonio Ria il 15 gennaio 2013 negli studi di Milano della RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Nuclei centrali dell’intervista sono stati: il suo ultimo libro Il secondo bene (Moretti&Vitali, 2012) e la poetica della rivista “Anterem”. Contenuti più vistiChi è on-lineCi sono attualmente 0 utenti e 0 visitatori collegati.
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Luigi Nacci, Inter nos/ss, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena 2007Luigi Nacci, “INTER NOS \ SS”, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena 2007 Testo Poetico * Dirottiamo aeroplani di carta nei giorni di vento Tramontana ci porta lontano e maestrale ci impenna Nella stiva fa freddo si ghiaccia si gelano gli occhi Non si vedono piste e non sono previsti atterraggi Ci copriamo con pacchi – lenzuola e con coltri – bagagli Incrociamo gli sguardi ma senza azzardarci a parlare Che l’ossigeno è poco e il pensiero si ossida presto Ci conforta il reattore che sparge potente il suo canto Ed è come l’apnea delle prime nuotate in piscina O la faccia contratta nel vetro del treno che parte Ci mettiamo a soffiare a soffiare pensando alla luna Si potesse saltare aggrapparsi coll’unghie a dei cirri Poter dire una volta di avercela avuta la testa fra le nuvole A giorni alterni qui crollano le case in tutte le stagioni Nelle macerie si gioca a nascondino prima dei soccorsi Liberatutti canticchiano le ruspe e arrivano i becchini Scrivono i corvi con tremuli becchi la lista dei dispersi Con le bombe facciamo palleggi di testa di piede di mano Piroette sgambetti e passaggi fin quando non cade per terra E’ un saltare di dita che pare la festa del primo dell’anno A ciascuno il suo scoppio a ciascuno il tripudio di fuochi che spetta Come stelle filanti le dita ricadono ognuna al suo posto Ci si stringe le mani e stringendo si aspetta che faccia mattino Zoppicando torniamo alle nostre baracche con meno coraggio E c’è sempre qualcuno che arriva e controlla e ci conta e ci dice Che nel campo si tace si dorme si muore anche il sogno è proibito Siamo scorie eccedenze rovine del tempo robaccia che brucia Riciclarci per cosa e per chi riciclarci per fare che cosa Mentre grida ha negli occhi decine di metri di filo spinato Col suo filo faremo una fune che sale alla volta celeste Poter dire una volta di avercela avuta la testa fra le nuvole A giorni alterni qui crollano le case in tutte le stagioni Nelle macerie si gioca a nascondino prima dei soccorsi Liberatutti canticchiano le ruspe e arrivano i becchini Scrivono i corvi con tremuli becchi la lista dei dispersi
La morte è presente nella vita attraverso lo squallore della vita stessa. Oppure nel reiterato tentativo di scrivere un testamento. Morte è come uno sfondo, ma non neutro, bensì opprimente e angusto, cappa che incombe e che non travolge solo per martellante crudeltà. Persino il foglio sul quale Luigi Necci scrive diremmo che è grigio, color fumo denso e untuoso persino, eppure nei primi componimenti della raccolta un insistito amore per la rima, per il rincorrersi delle sillabe attesta di un attaccamento alla vita, di una percezione affettuosa delle cose. Non sembra importare né al poeta né ai lettori a chi sia destinato il lascito. Il titolo d’altronde avverte subito che “avrai poche cose ma quelle le avrai”. Appare presto che si tratta di un elenco che individua la persona, visto che non si tratta di denaro, di immobili, di oggetti di valore, anche se la persona viene definita attraverso un ben più misero lascito: “la forfora nei vasetti, i ciuffetti \ di sebo, il pelo perso a primavera”, ma è appena un attimo, un tributo da pagare al fatto che in morte si lascia comunque un corpo. L’autore chiede che la sua urna venga riempita di fiori e di vento e che vengano stappati vini da versare nel corridoio per la festa da dare alla sua dipartita. Chiede che si apra un palcoscenico e si sollevino tendoni, che si rappresenti una commedia multicolore a cui debbano presenziare anche gli acrobati del circo. Un fantastico mondo si schiude dunque al solo paventare la morte, a testimonianza del fatto che nessuna vita è povera e priva lì dove le facoltà umane sono in azione. E se non c’è da lasciare un epitaffio, una considerazione morale, non importa. Non importa se non vi è niente da aggiungere, dopo una vita così ricca. Poiché Nacci traccia un elenco, con la levità e la delicatezza dell’espressione che lo contraddistinguono, di tale tenerezza che riconosciamo essere veri e propri tesori quelli che lui porta a dimostrazione del fatto che la sua esistenza è stato un viaggio all’interno della vita segreta degli oggetti: “le multe della biblioteca, \ i segnalibri parlanti di notte”. Avevamo forse sottovalutato la risonante capacità anderseniana di Necci di costruire favole a partire da oggetti di uso domestico: “le forchette spuntate, le tovaglie \ a quadri, le briciole ballerine. \ Le mareggiate nei boccali \ non ti dovranno spaventare, \ né i terremoti in lavatrice”. E che importa se è malcelato il timore che la persona a cui si rivolge lo dimentichi presto. E’ la vita. La vita, appunto. Eppure un dubbio: “ Abbevera i ragni in cantina. \ Nutri le rondini in inverno. \ Apri ai colombi la cucina. \ Parla in balcone ai girasoli”. Questo suo libro non è forse un testamento diretto a se stesso, per non dimenticarsi delle scelte, delle amate cose che rendono sensata e degna la vita? Luigi Nacci (1978) organizza e partecipa a reading, festival e convegni letterari in Italia e all’estero. E’ curatore della collana di poesia “I libretti verdi” per Battello Stampatore e redattore del blog letterario “Absolutepoetry. Ha pubblicato Il poema disumano, Cierre Grafica.
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