Gabriele Gabbia, una poesia inedita, nota critica di Marco Furia

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Versi dell'assenza

Già con i primi due versi, Gabriele Gabbia pone esplicitamente il tema della sua poesia intitolata “( - presenza? | mancata figura | non perde…)”: per lui “l’assenza” “si manifesta tardiva”.

Il manifestarsi di un’assenza appare evento ambivalente, poiché una mancanza potrebbe sembrare qualcosa di non mostrabile.

Tuttavia, nella vita di tutti i giorni, spesso pronunciamo la parola “assenza”.

Poco soddisfatto dell’uso idiomatico quotidiano, il poeta pare concentrarsi su una circostanza che assume l’aspetto di un esserci per cancellazione la cui presenza appare soltanto nel linguaggio.

Così

“Di quel che non è

potuto essere

non si può dire”

è sequenza che nell’illuminare un tratto enigmatico, si chiude, almeno in apparenza, sull’enigma stesso.

Pare quasi mancare il respiro in simile asserzione attorno alla quale ruota l’intero componimento.

Quella chiusura verbale, nondimeno, è, a ben vedere, in grado di aprirsi in maniera anche ampia per via di un’insistenza esistenziale che la accompagna.

Accanto a quei versi avvertiamo una personalità poetica assidua, partecipe, forse non disperata ma, di certo, preoccupata.

Ciò che non fu e non è in qualche modo c’è?

Dire qualcosa che non esiste può far venire alla luce tale qualcosa?

La negazione e l’assenza, che indubbiamente sono presenti nel linguaggio, lo sono anche nel mondo reale?

Ecco l’immensa apertura, poetica quanto filosofica, che Gabriele offre al lettore mostrando come una breve versificazione possa contenere un intero universo.

E mostrando, anche, di fronte all’enigma, una fiducia espressiva davvero coinvolgente. Marco Furia

 

Gabriele Gabbia è nato nel 1981 a Brescia, città in cui vive e lavora. È diplomato in discipline artistiche. Sue poesie sono apparse su riviste cartacee, antologie di premi, blog, websites.
Nel 2011 ha pubblicato la silloge La terra franata dei nomi (edizioni L’arcolaio), con prefazione di Mauro Germani, segnalata alla XXVI edizione del Premio di poesia Lorenzo Montano.