Adelio Fusè: Non diramo io da madre o padre

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Nota critica di Marco Furia

 

L’ “immedicata ombra” di Adelio Fusé “si spantana”, cioè si disimpaccia, si districa, ma anche, liberandosi, tende a dissolversi. L’ intreccio tiene assieme, implica coesione, emanciparsene significa affrontare profondi mutamenti, trasformazioni spesso non agevoli. Questo il senso dell’ articolata poesia le cui magmatiche sequenze, non prive di efficaci immagini, contribuiscono allo svolgersi di un linguaggio misterioso, affascinante nel suo richiamare un quid ineffabile e avvertibile nel contempo. Una “goccia” “è avventizia” quanto incredibilmente duratura, pare suggerire, per silenziosa allusione, il poeta: ogni cosa, insomma, può pure essere diversa da come è.

 

Non diramo io da madre o padre

non diramo io da madre o padre
ma da impari immaterica matrice
necessitata carnale purpurea
nel fastoso mercimonio - mattanza
il Tempo

è cornucopia e di teschio il seme
mani non lasche loro almeno
foggia e posa variate
barrano il vano
al numinoso terragno avvinte

in erosi miraggi lacerto tarlato
di concrezioni tritume
lubrichi residui infiocino

è avventizia la goccia?
a trasmodato burbanzoso allaccio
immedicata la mia ombra
si spantana

eternato amnio

 

Adelio Fusé (1958) vive a Milano dove lavora in editoria. Ha pubblicato saggi su Sade, Kafka, Sartre, Handke, Eno, il romanzo North rocks (Campanotto, 2001), due libri di poesia Il boomerang non torna (Book, 2003) e Orizzonti della clessidra distesa (Book, 2005), entrambi segnalati al “Montano”. Suoi testi sono apparsi sulle riviste “Alfabeta”, “Lengua”, “Tratti”, “Atelier”. Ha fatto parte della direzione di “Legenda” (Tranchida 1988-1995).