Giorgio Bona: Signora dell’intimità

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Nota critica di Giorgio Bonacini
Biobibliografia di Giorgio Bonacini

 

“La tempesta che porta il cielo ha coperto sapessi il mondo di linguaggi senza poesia”. Può iniziare da queste parole un’analisi, pur sintetica, delle pagine di Giorgio Bona, da questa consapevolezza: il mondo e la sua lingua muoiono perché  in essi vi parlano linguaggi dove la poesia è esclusa. Ciò nonostante  quello che leggiamo in questi testi non è solo un’invettiva contro le cose che miseramente sono, ma, nella distensione lirica della pagina, vi è un nitido atto d’amore per un mondo personale (ma non individualistico) vissuto e trasfigurato in poesia.

Venti capitoli senza punteggiatura e senza versi, un flusso interiore di vastità tale da pensarlo incontenibile. Formalmente non si direbbero poesie, ma l’esteriorità inganna: la poesia è nella tensione profonda del discorso che Bona invoca con tantissimi oh di esclamazione, stranianti per il loro essere così desueti nel linguaggio poetico contemporaneo. E qui il paesaggio interiore si sviluppa e si concretizza, incessante, in biografia e in una figura d’amore, iperletteraria, ma nello stresso tempo viva e reale, di nome Felicita.

Ma in questo modo di scrittura è ben presente anche il lavoro del poeta: un “piacere del testo” nel suo farsi, dove si trova il “piacere di dover dire la lingua”  e dirla in tutte le sue diramazioni: pensanti/fisiche (“...il modo dei corpi di star compatti il mio ritmo la lingua nuda furba sveglia...”); biografiche/emotive (“Come batte il cuore se muove...il nome di un verso una lingua accesa turbamento d’anima...”); sociali/vissute (“...sopra la marea la vecchia onda della rivoluzione il quarto stato di Pelizza da Volpedo...”).

E in tutto questo sono grandi la capacità e lo sforzo che la mente del poeta deve fare per aprire dei varchi, a volte molto stretti, ma pur sempre aperture per dare un senso originario al reale in cui siamo immersi, e che alle volte ci devasta: “...fin dove arriva il respiro c’è un verbo che significa remare a ritroso c’è nella prigione un’eco che ripete i richiami dei passanti ovunque...”

 

Testo poetico

 

Sette

Ciao a te che hai trovato la mia isola gira al largo come un branco di tonni ti ho vista partire e mi mancava il cuore la sua corrente è il tuo spasmo non lasciare dentro la testa perchè uguale la questione del sapere ciò che sai mi fa star zitto qui sono vivo ma allora il filo rosso il labirinto che dire mia cara chi ha orecchio ascolti chi può leggere per te conoscere se chiudi tutto ciò davanti a te è aperto a proposito si può lo rivela l’amore il tuo bel cuore che si mostra e allora non sapere senza limite per guardare all’interno dobbiamo essere lucidi come dice la maga nessuno ha mai detto sì o no apri i tuoi bei sentimenti mostrami il tono con i mille desideri ponte che mette insieme i bei discorsi è diverso se il grande poeta russo fosse ancora vivo cosa direbbe stiamo attenti mica eravamo fuori dalla storia chi è comodo come un pensiero senza soggetto il dolore ha un principio qui lei dice che buono è da scrivere ah aperti alimenti del mondo passi che spingono dall’interno fino a sentire la tua bella voce il tuo bel viso incorniciato come una Madonna ah apis floraris dorsata un corpo nell’atto di dire arrivederci non risponde la lingua effetto della musica è là che lavora o parla o sta zitta fai modo che nessuno abbia ragione eh sì è aperta e qui a me no o me oh tapis troculant sei sempre uguale materia che passa in mezzo alla materia rimango qui a pezzi mandami per posta il tuo respiro quando apri i tuoi occhi un’invocazione uguale a te.

 

Giorgio Bona (1956) vive a Frascaro (Al). Suoi testi sono apparsi in numerose riviste e antologie. Ha pubblicato Newton (poesie, 1992), Omaggio il tempo (poesie, 2002), Ciao, Trotzkij (racconti, 2003), Erano voci (romanzo, 2006), La lingua dimenticata della cometa (romanzo, 2007).