Patrizia Dughero, dalla raccolta inedita "L’ultima foglia", nota di Laura Caccia

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Nel giardino dell’esser-ci

Sono molteplici i piani che Patrizia Dughero mette in gioco con “L’ultima foglia/giustificata, interlinea singola” dove viene declinato l’esistere nelle sue dimensioni naturali e corporee, in un costante rapporto con la lingua in cerca di una sua rigenerazione.

Dalla parte dell’esser-ci, anche di “una certa felicità di esistere” raggiunta al termine di una sotterranea battaglia a partire da un lutto personale, l’autrice insegue, come ci indica, una specifica “qualità dell’esserci: il movimento dei volatili…della luce…del fogliame e degli alberi”, da assecondare con il corpo e con le parole, in una tensione onomatopeica suggerita dai versi di J.al-DÄ«n RĹ«mÄ«, nello sforzo doloroso di uscire da “silenzio e aridità” .

In un tentativo di allontanamento dall’io, concentrando lo sguardo sul reale e consapevole comunque dello scarto tra linguaggio e realtà, il dire cerca una nuova rinascita nel prendersi cura di un giardino e di una lingua, così come nel seguire, attraverso il canto degli uccelli, la musica dell’esistere.

Tra i confini, naturali e grafici, che impone al giardino e alla scrittura, nella sofferenza sottotraccia in cerca di cura e rinascita, Patrizia Dughero mette in gioco tutto il proprio corpo nel far risorgere, nell’alterità, parole e senso, come precisa: un corpo che “vive e rivive soltanto nella parola” e in cui “le mani si sono infine congiunte / come guardando una battaglia che diventi arte”.

 

***

dopo la morte del padre le parole
si sono ammantate di bianco
uscendo dal fango dell’ambiguità;
per un certo tempo hanno percorso soltanto
sentieri di silenzio e aridità;
sono state le voci dei volatili, introdotte
l’anno precedente dal gracidare assordante
delle rane e dei ranocchi,
a ricondurre al volo che percepisce parole,
cercando di forare la porta
lavorando con le mani, per prima cosa,
imponendo confini secchi alle bordure:
le mani si sono infine congiunte
come guardando una battaglia che diventi arte.

 

***

il cancello ha inferriate grandi che si
specchiano sui muri interni, con ri-
flessi a losanghe, texture di ombre; il
bicchiere risplende di luce propria e
un incendio, fuori, avanza crepitando.
come piuma dal sacco il sale si riversa
sul fuoco, disperdendosi a mo’ di pulvi-
scolo, il fuoco s’arresta.

 

***

se non ci fosse il suono qui sarebbe nulla,
ma c’è una musica diegetica che impedisce
il silenzio: il silenzio del bosco ha il bianco,
essere che mostra niente.

 

Patrizia Dughero: Di origine friulana, sono nata a Trento il 30 aprile 1960. Mi sono laureata con una tesi in Fenomenologia degli stili (prof. Renato Barilli) presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, dove ho anche conseguito un Master, dal momento in cui Bologna diventa la mia città d’azione, avendo precedentemente vissuto in molte città d’Italia: una molteplicità di luoghi che caratterizza anche la mia professionalità. Non lontana l’esperienza come restauratrice muraria, nel campo del restauro di beni artistici e culturali, presso alcuni importanti cantieri bolognesi. Ho sempre coltivato la scrittura e le collaborazioni editoriali, negli ultimi anni ho ricevuto diversi premi letterari, sono attiva nell’organizzazione di eventi e presente in alcune antologie inizialmente di racconti brevi (Premio “Fili di parole III”, per Giulio Perrone Editore) e in seguito esclusivamente poetiche, le ultime a tema civile, Cuore di preda e Il ricatto del pane, entrambe CFR Edizioni e Sotto il cielo di Lampedusa, Rayuela Edizioni. Ho scritto articoli a tema fiabesco inseriti in blog e antologie, come Di là dal bosco, andata e ritorno nel paese delle fiabe, Dot.com Press Edizioni. Sono presente in numerosi blog con i miei articoli e con altrui recensioni sulle mie poesie, inserite in riviste letterarie sia in Italia che in Slovenia, quali “Poesia” e “Novi Glass”. Quattro le sillogi poetiche pubblicate: Luci di Ljubljana (Ibiskos Editrice Risolo - Empoli - 2009), Le Stanze del Sale, vincitrice del “Premio Giorgi” 2010 (Le Voci della Luna - Sasso Marconi - 2010); Contatti, col poemetto Canto di Sonno, in tre tempi, vincitrice del premio “Ulteriora mirari” 2011 (Edizioni Smasher - Messina - 2011); Reaparecidas (Qudulibri - Bologna - 2013). Selezionata al premio “Elsa Buiese 2013” per DARS (Donna Arte Ricerca e Sperimentazione) di Udine, con il poemetto Camera Oscura, inserito nella raccolta Reaparecidas insieme a alcuni dei Disegni sui giornali di Marcello Gentili. Nel 2014 sono stata selezionata al “Premio Montano” per la sezione “Una prosa inedita” con il componimento Dipingere non è tingere. Da qualche anno sto svolgendo studi sul linguaggio poetico dello Haiku, in particolare con tre articoli apparsi su “Le voci della Luna”, rivista d’informazione e cultura letteraria e artistica, di cui sono stata capo redattrice per diversi anni. Ho messo a punto un progetto, dal titolo “Possiamo chiamarla poesia gentile?” che fa seguito al precedente “Haiku: sulla brevità per scoprire in se stessi lo stupore”, inserito in un ampio contesto, adattato a differenti fasce d’età, svolto nelle scuole elementari e presentato ai plessi delle scuole medie della provincia di Bologna e all’Università Primo Levi di Bologna. Sono redattrice di “24marzo Onlus”, associazione che si occupa di iniziative in Italia sui desaparecidos dell’Argentina e dell’America Latina. Dal 2012 ho aperto una casa editrice, Qudulibri, che amo definire fondata sull’ “impegno del linguaggio per una militanza della Memoria”. Tra le collane di Qudulibri, la collana di poesia breve Ku. Non senza titolo di Daniel Gahnerz è uscito per Qudulibri in tre lingue, svedese-inglese-italiano e riportato successivamente nel linguaggio dei segni, con una mia nota dal titolo “Contagio haiku”. “Gli haikai dei rimorsi di Pierpaolo Pasolini” è un mio articolo apparso nel blog Cinquesettecinque a luglio del 2014.