Tesine prodotte dagli allievi dei Licei sui libri vincitori

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A partire da questa 19ª edizione del Premio Lorenzo Montano abbiamo istituito un riconoscimento riservato agli allievi dei quattro licei che collaborano facendo parte della giuria per l’Opera edita. A questi ragazzi, oltre a leggere e votare il preferito tra i tre volumi vincitori, per determinare il “supervincitore”, chiediamo di produrre una “tesina”, individuale o di gruppo, sui libri letti. Le prime tre, prescelte da una giuria composta da Francois Bruzzo (Docente di Liceo), Agostino Contò (Bibliotecario), Massimo Donà (Filosofo), Stefano Guglielmin (Docente di Liceo), Giampaolo Marchi (Università di Verona), Emanuela Raffi (Università di Padova) e Lorenzo Reggiani (Giornalista) sono premiate con un buono acquisto libri.

3ª classificata

Sguardi nel nulla: la poesia ossimorica di Albino Crovetto
Di Evelyn Cristanin, Francesca Frattini, Guido Morina, Valeria Rossini, Silvia Sandri,
Alessia Veronese, coordinati dalla prof. Perini
Liceo Classico “Cotta” di Legnago - Vr

Occhi bucati, bruciati, bianchi, come “inutili fessure di vita”, scrutano nelle tenebre di un notturno infinito, smarriti nella gelida bufera di un’anima senza più voce né grido. La poesia di Albino Crovetto è una continua ricerca del ricordo perduto, in un tormento interiore a cui nulla sembra poter dare pace. Il poeta cerca il “grido di una foto” o le tracce di “volti in caduta libera” che appaiono come il flash di uno scatto fotografico, come il tentativo di fermare il caos interiore per carpire un’istantanea nella labile memoria, percossa incessantemente da un gelo di bufere e tempeste.
Il tema dello sguardo si intreccia finemente con quello della luce e dell’ombra. La luce esiste, infatti, solo nella notte di questi occhi che sembrano quasiosservare il lettore mentre si immerge nell’affascinante oscurità rappresentata dall’interiorità dell’autore. La “zona fredda”, titolo della raccolta, è allora proprio l’io del poeta, rischiarato a tratti da “dolorosi lampi”, poiché l’attimo di verità non è che “una sottile sanguinante linea” dove la realtà e la memoria portano sofferenza all’inconsapevole sonno dell’uomo.
Questa dialettica chiaroscurale è accentuata sinesteticamente anche dalla dimensione uditiva di grida e silenzi. La natura e la vita, consegnate al caso, non offrono risposte. L’individuo può disperarsi e implorare, ma le sue urla si affievoliscono fino a diventare un “diminuito grido” e poi tutto svanisce, diventa aria, e ciò che resta non è altro cheil silenzio del nulla.
E il nulla di Crovetto è freddo, “un nulla di fiamma nella mente in altra luce fredda”, una zona metafisica di inverni dove si snoda il cammino di un’esistenza sofferta e il gelo avvolgente rimane come incollato alla pelle di un uomo cui ormai non rimane più nemmeno il calore della memoria.
Il mondo è friabile sostanza, tutto è destinato a crollare, a frantumarsi, a spegnersi in un “mare prosciugato” dove affiorano “gocce appuntite” che accendono il dolore per poi svanire immediatamente. Restano “spenti crateri”, un “gelido rogo”, un “fuoco lento”: immagini ossimoriche di angoscia materica.

2ª classificata

Relazione dell’opera “Una zona fredda” di Albino Crovetto
Di Guglielmo Arrigoni, Manuel Calzolai, Matteo Marin, Andrea Ongaro, Giulia Semplicini, Enzo Tavoso, coordinati dalla prof. Cerpelloni
Liceo Scientifico “Fracastoro” di Verona

Dai difficili versi si percepisce una spinta alla vita, sentita come desiderio malato che pulsa nel presente.
Evidente è la forza traumatica di un dolore riscoperto che, come in un incubo, costringe a sentire ora come allora l’impeto opprimente di immagini taglienti.
Nell’opera, inoltre, è manifesta la difficoltà di conciliare la vita come flusso e la tensione di tradurla in atto, come in un frenetico assedio dove il soggetto non sembra trovare scampo e il dolore proviene da ogni luogo.
Il mondo viene concepito come insieme di sguardi che sembrano concentrarsi su un’esistenza che di esso è parte, mada cui è spaventata.
La forma è complessa, sono utilizzati simbolismi che lasciano spazio a molteplici interpretazioni senza mai rinunciare alla traumatica ossessione dalla quale non vi è fuga.
Inoltre l’angoscia non sembra sfuggire alle parole che la anticipano, invade i versi e colpisce il lettore prima ancora che la mente operi un’analisi. Il dolore, che la comprensione non sminuisce, risulta il topos dominante nella raccolta, un dolore assoluto, mai attenuabile e immodificabile.

1ª classificata

Dialogo sulla poesia tra realtà e sogno
Di Silvia Dellino e Alessandra Frison, coordinate dal prof. Bragaja
Liceo Classico “Maffei” di Verona

Silvia: Tra tutte le dimensioni della realtà ne esiste una di cui solo l’essere umano, in quanto tale, può considerarsi partecipe. Mi riferisco alla storia e all’uomo di Cefalonia di Luigi Ballerini, sintesi del processo storico, che si manifesta ai suoi occhi come il risultato di condizioni precedenti, rendendolo nel medesimo istante vittima e carnefice. È su di lui, infatti, che pesano le colpe di un terribile passato, forse non vissuto (Hans D), ma compenetrato in quella stessa natura che lo vede tuttora voce sofferente di fronte a ciò che è accaduto e che lo ha visto cadere (Ettore B).

Alessandra: Anche in Una zona fredda di Albino Crovetto vi è la presenza di un soggetto, del quale però non si ode la voce, perché è l’autore che a lui si rivolge di continuo utilizzando a volte una seconda persona singolare, altre volte una terza persona. Forse questa seconda figura, seconda rispetto alla voce del poeta, è in realtà generata dall’autore stesso che dialoga con il suo io, un io che in alcuni componimenti emerge come dal sonno e apostrofa se stesso, in altri immerso nel sonno vede agire sé come personaggio altro nell’esperienza onirica.

Silvia: Ma proprio questo, benchè su un altro piano, quello della coscienza storica, è lo scopo del “monologo a due voci” di Ballerini: ricomporre l’eterno dualismo dell’uomo moderno, grazie all’abilità dialetticadei suoi personaggi, che interpretano la realtà rivivendola in un flusso ritmico carico di emotività, senza per questo privarla di concretezza. La prosasticità di superficie del testo, ciò che si vede a occhio nudo, è composita e garantisce uno spessore stilistico plurale, in cui si fondono lessico tragico e quotidiano al fine di attualizzare la drammaticità degli eventi. Questo autore tende a fare dell’espressione poetica, tramite un linguaggio talora metaforico talora descrittivo, una forma di comunicazione efficace, incisiva, insieme calibrata e sperimentale.

Alessandra: Apparentemente la lingua di Una zona fredda è più spoglia, tende all’essenzialità. Ma spesso la singola parola è carica di significato, intrisa di musicalità e incisività. Talvolta la parola diventa immagine, un’unione di suono e visione che si condensa in un solo verso concluso, quasi monolitico. D’altra parte tutto il libro si aggira, come in una casa buia, in una dimensione interiore senza appigli esterni di ordine storico o cronachistico, presenti invece in Cefalonia. Non mi convince, in effetti, quella trovata della radiocronaca di Italia-Germania. Il rischio del voler mostrare la “banalità del male”è banalizzare la scrittura, ridurla verso uno stile giornalistico…

Silvia: L’espediente della radiocronaca calcistica viene qui utilizzato come occasione critica nei confronti della società odierna, perennemente volta a spettacolarizzare e falsificare anche l’avvenimento più tragico escludendone l’aspetto intimo. La banalizzazione non riguarda unicamente l’ambito linguistico, ma, in dipendenza da questo, quello dei significati, in cui dovrebbe venire espressa l’insensatezza della guerra. La morte eroica dei soldati italiani non è esaltata in quanto stoica risposta ad una ragion di stato o al richiamo patriottico, come sostengono i politici, ma come frutto di una pulsione tipicamente umana dettata da uno spassionato amore per la vita e da un istinto di sopravvivenza morale che si traduce tragicamente in scelta di morte. Essa quindi non rispetta una legge razionale, un diritto riconosciuto comunemente come valido, ma il sentimento di un atto estraneo alla concretezza del mondo e riconducibile ad una personale integrità. La vera vittoria, coperta da quell’urlo di tifosi accecati dalla violenza, che sembra accompagnare i goals, i tradimenti e gli abbandoni, viene espressa dall’aver preferito morire, capovolgendo una realtà informe e precipitandola nella forma del fatto storico e delle voci che ne ricercano i significati.

Alessandra: in modo molto più diretto, uno dei temi ricorrenti nella poesia di Crovetto è il dolore fisico inteso come disgregazione del corpo ed esposizione delle parti più friabili e vulnerabili di esso alle intemperie. Il dolore è un modo per avvicinarsi alla morte ma, allo stesso tempo, per sfiorare la vera essenza della vita, una vita intima fatta di soffi e rapide visioni oniriche. La vita si slega, quindi, dalla realtà, perdendo il contatto con quest’ultima ed affidandosi ai sogni, da ricordare e da dilatare nuovamente nell’esperienza interiore. Il sogno è un altro dei temi portanti di Una zona fredda. Al suo interno navigano tutti i componimenti, che sembrano essere molto spesso dei resoconti di notturne visioni legate tra loro da sottili legami di significato, e tutte vicine ad un punto di spegnimento. Forse un libro che condensa in sé la presenza della realtà come contraddizione continua e interiorizzata, e l’aggirarsi in uno spazio mentale onirico e surreale, è Nature improprie di Franco Falasca. Qui c’è anzi, pare, l’intenzione di superare l’idea stessa di realtà e di soggettività grazie ad un progetto di scrittura che fa del caso la propria regola ma sotto il caso nasconde una o più linee di significati. Purtroppo il tentativo di raggiungerle e di capire, attraverso paradossi e incongruenze viene continuamente frustrato. Credo di preferire il sogno, sia pure di una zona fredda.