Francesco Onìrige, una nota e testi da "Macerie"

Versione stampabilePDF version

da Macerie



Dozzinali 


II 

Questa che si scrive è  un ponteggio,
un empio torreggiare delle lingue,
un’impresa edile.

Che getta fondamenta
soltanto quando è prossima al finire. 



Questa sta per un’altra che non viene
perchè scrivere è  passarsi il testimone
tra il detto e il dicibile non detto
che rimane, cancellato, da una pece;
è il divario tra opera e intenzione,
le altalene,
le supplenze di parole
dette “in vece”. 



L’arte del tratteggio I 

Ma alla fine vorranno veramente
qualche forma rivelare queste tracce
questo cumulo di linee e di presenze.

Oscilla ovunque la lotta degli opposti:
la stasi s’interpone al moto
come l’ombra si rivela nel volume
per la luce che la limita e contorna,
il pieno con il vuoto,
il suono col silenzio si avvicenda.

Restiamo fissi nell’intermittenza
col sentore che ad essa apparteniamo
fin nel nostro profilo segmentato
tagliato a colpi alterni da una lama
intanto che in disparte
qualcosa già s’intreccia, già si trama. 



L’arte del tratteggio II 

Ma alla fine vorranno veramente
qualche forma tacere queste tracce
questo cumulo di pause e dissolvenze.

Oscilla ovunque la lotta degli opposti:
il pieno s’interpone al vuoto
come la luce si rivela nel volume
per l’ombra che la limita e contorna,
la stasi con il moto,
il silenzio con il suono si avvicenda.

Restiamo incerti nell’intermittenza
col sentore che ad essa apparteniamo
fin nel nostro profilo dove, continua,
una linea superstite si attarda
intanto che in disparte
qualcosa già s’infrange, già si sfalda. 



*** 

E proprio quando alla fine
dall’opera appena compiuta
ti allontanavi orgoglioso
per ammirarla da lungi,
s’insinua nel tutto compatto
un epicentro che freme:
vacillano travi e frontoni,
la chiave di volta non tiene. 



L’abusiva 

Tutto è in pezzi, tutto è frammentato:
adesso che ne parlo, si compone.

La tessitura traccia furtiva un nesso
dopo la frana, dopo l’esplosione. 

Posano briciole nella grafia minuta
si addensa un cumulo, s’innalza già dal fondo.

Come lo zero, per eccesso d’essere nulla
si capovolge nelle orbite di un mondo. 



Francesco Onìrige, Macerie, Selezione Quaderni di Línfera

Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2009, prefazione di Maria Luisa Spaziani  



Classificatasi al primo posto nella prima edizione del premio indetto dalla rivista Línfera, la raccolta Macerie di Francesco Onìrige, si presenta immediatamente articolata nella duplice e contraddittoria alternanza di immagini di demolizione, di frana, di frammentazione, da un lato, dall’altro, di un parallelo recupero -o almeno, di un tentativo di recupero- di compattezza,  di integrità, di ordine. Denunciando all’apparenza la propria autodestituzione con tono sovente rassegnato o sgomento, talvolta invece ironico e beffardo (come nella serie delle dodici brevi, metapoetiche Dozzinali), la scrittura si definisce invece come strumento di comprensione e oggettivazione dell’avvicendamento continuo tra pars destruens e pars costruens, come evocazionne di un perduto “filo di Arianna”,  come testimonianza di una residualità destinata a ricomporsi, secondo un progetto che anche l’espediente tipografico che corre tra le pagine del libro tenta di esplicitare al lettore. Così, dai testi, scritti solo sul recto del foglio, alcune parole “cadono” nella pagina successiva, come “macerie” appunto, per assemblarsi nella poesia conclusiva, in cui l’azzeramento estremo si rovescia in un superstite inizio, l’assenza diviene presenza, il caos ritorna cosmos.  Scissi tra “un movimento sismico e antisismico”, secondo un’efficace definizione di Maria Luisa Spaziani, i versi suggeriscono pertanto come la cifra più autentica della condizione umana si riassuma in un “abusivismo” esistenziale, che - volente o nolente- addensa i propri materiali in attesa di nuovi crolli,  di imminenti ricostruzioni. 



Pseudonimo di Francesco Nigro, Francesco Onìrige è nato a Taranto nel 1973, ma vive da tempo principalmente a Roma, dove si è laureato in Lettere con indirizzo storico-artistico. Macerie costituisce la sua prima pubblicazione di rilievo. Una sua precedente raccolta di poesie, dal titolo Messinscena, è ancora inedita.