Rosa Pierno su “Signora dell’intimità” di Giorgio Bona

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Rosa Pierno su “Signora dell’intimità” di Giorgio Bona

Una scrittura che non si pone limiti nel prelievo da ambiti linguistici specialistici o da lingue estere e nemmeno nell’evitare l’uso di punteggiatura e di  pause e che si snoda, eppure ritmicamente, lunghissima catena. Il lettore sente scorrere sotto le dita i grani del rosario, il lunghissimo periodo, e con i polpastrelli può far scorrere le frasi o può frenare sulle parole di giuntura: poiché una parola costituisce il passaggio di volta, la chiave, per la frase successiva, per l’installazione in un altro contesto, di altro punto di vista, che vira il senso: “porta un messaggio l’aria mi spinge agli incavi del tartaro che plana luna ramata vai a questa profondità ma sì l’utopia sei tu che ami l’orizzonte”. Se la catena è composta da grani di incertezza, quasi un inventario di luoghi culturali, è anche vero che Bona è da una posizione ben salda che parla: si avverte la totale consapevolezza dei valori e dei desideri che lo animano e da cui registra  ciò che non gli si attaglia o ciò che lo rende felice.

Il linguaggio, che ricorda il movimento della scrittura beckettiana, appare come uno strumento d’investigazione sugli stessi strumenti linguistici utilizzati: “è il modo dei corpi di star compatti il mio ritmo lingua nuda furba sveglia sotto in fondo senso e giudizio non hanno storia ma più sotto anche i tuoi occhi puoi pensare nel clamore per iniziare dal principio come spingere i fatti da fuori”.

Ogni testo usa un lessico diverso che forma l’impalcatura dell’investigazione condotta sui propri dati sensoriali, emotivi e razionali. La scienza o i testi di Omero vengono trattiti allo stesso modo con prelievi che sono incastonati nel tessuto esistenziale dell’autore, le cui ossessioni sono reiterate, affiorano come scogli perigliosi e si rincorrono per tutto il libro: parole che sono indagate come non innocenti e che  costituiscono l’ossatura del libro: “vuoto”, “aria”, “movimento”, “delfini”, sotto il vestito”, “la tua bella voce”, “verità”, “nuvole”...

Resta tra la rete delle dita un pescato concretissimo, vero tesoro per il lettore.