Giuseppina Rando, prosa inedita “Vuoto”, nota di Flavio Ermini

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Prosa poetica

Giuseppina Rando ci parla di un essere in cammino. Il suo passo muove da una presenza per approssimarsi al vuoto. La presenza è evidente nell’atto della rappresentazione. Ma quella stessa presenza cessa di essere tale nel momento in cui la rappresentazione è conclusa.

A rappresentazione avvenuta subentra l’assenza. Alle molteplici forme si sostitusce il vuoto. L’errante, registra Giuseppina Rando è «in cerca di ragione», ma in realtà incontra l’assenza. Lo straniero anela a un senso, ma in realtà si trova a fare i conti con «parvenze inerti». Persino i nomi non hanno più niente a che fare con il dire.

L’arte rappresenta l’essenza del reale, ne ruba l’anima. Ma così facendo determina che il reale non esista più. Oppure fa sì che si mostri solo come maschera, come «cranio rovesciato». È come se cogliendo l’essenza delle cose l’artista rendesse non solo priva di attrattiva la realtà, ma la spazzasse via, la destituisse di materialità.

Il viandante, ci indica Giuseppina Rando, si muove «da notte a notte», ovvero da tenebra a tenebra. In questo percorso si trova a fare i conti con i silenzi dell’indicibile ogni volta che si attarda ad ascoltare l’appello dell’essere, la sua necessità.

 

Vuoto

S’intersecano nei solchi della tela le linee interne del quadro

provengono dalla fessura della porta.

Ciò che è rappresentato è assente.

 

Più in là la scodella di rame del viandante - di tanto in tanto-

brilla nelle sillabe disperse lungo la via - fra notte e notte - .

Sulle foglie oscillare di visioni molteplici forme s’inseguono

nella brezza che spazza frammenti di fatica.

Sul volto rugoso dello straniero si nascondono i segreti

che già un tempo furono le parole del Re da tempo immemorabile

assente.

 

Vuoto il posto costruito come il precario muro della certezza

sullo svanire di farfuglii bigi . Sovrasta l’ombra del ritmo

che regola la terra semisepolta da parvenze mute inerti, potenti.

I loro nomi non dicono, disperdono.

Nulla si aspetta l’errante . Conosce la propria appartenenza al niente.

 

Ciò che è rappresentato è assente, attraversato da ombre fugaci.

Sullo sfondo della tela fluiscono da alberi scorticati -come fosse sorgente-

buchi neri - crani rovesciati - macchine assordanti in cerca di ragione.

Attorno s’insinua tra polveri e vapori un’aria cristallina

silenzio che trascina all’altro capo del filamento.

 

Giuseppina Rando è siciliana. E’ stata docente di Lingua e Letteratura italiana negli istituti superiori.

Impegnata nella ricerca letteraria, si dedica anche a studi di carattere storico e filosofico.

Collabora con diverse riviste ed è presente in numerosi volumi di poesia, antologie e saggi.

Ha pubblicato testi di Poesia tra i quali: Spuma di mare (poesie 1970-1981), Statue di gesso (poesie 1982-1995), Duplice veste (2001), Immane tu (2002), Figura e parola, Cierre Grafica (2005), Vibrazioni (2007) Noubs Chieti, Bioccoli, Anterem Edizioni (2008); saggi: Profili di donne nel Vangelo (2001) Bastogi, Chiara. Una voce dal silenzio (2002) Edizioni San Paolo, Le belle parole, Scrittura Creativa Edizioni (2013).

Nel Segno -Racconti- (2011) Pungitopo, Patti Marina ha ricevuto il Premio di narrativa Joyce Lussu, Offida (Ascoli Piceno).

Finalista e segnalata in diverse edizioni del Premio Lorenzo Montano di Verona.