Alberto Mori, da “Davanti alla mancante”, Scrittura Creativa Edizioni 2014, nota di Rosa Pierno

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Nati da un dialogo con le immagini fotografiche di Francesca Woodman, i testi poetici che Alberto Mori costruisce, in Davanti alla mancante, sono inevitabilmente tarlati dall’assenza, sia a causa della prematura scomparsa della fotografa, sia perché il suo corpo è presente nelle sue immagini in perenne dissolvenza. Ora, far parlare qualcosa che non è a fuoco, che arretra rispetto a qualcosa in primo piano - e che è nitidamente in primo piano - è già lavorare con un imprendibile al quadrato: è lavorare con la rappresentazione di una rappresentazione. Per dire di questa mancanza di messa a fuoco anche il linguaggio si fa approssimativo, non accorda aggettivi a sostantivi: “Un filo di proiezione fra le dita / I capelli sono scomparsa / Le gambe non vedono /nella dissoluzione seduta”. Di pari passo va la registrazione della difficoltà di distinguere il corpo dal fondo e di rendere conto della sua apparenza fantasmatica. Lo sguardo s’affossa, stancandosi per meglio afferrare, mentre il pensiero si meraviglia per uno spazio che prende ad avere sostanza corporale: “Nella fuggenza stupisce / il vestito a maculi dello spazio accoscia”. Nello sfocamento c’è uno scambio di materie, metafora dello slittamento tra i diversi mezzi e codici artistici messi a confliggere sulla pagina, ma anche la cucitura che Mori tenta degli oggetti in primo piano, i quali sfrontatamente esibiscono la loro cifra contro un corpo che s’allontana fino alla totale perdita di dettaglio sullo sfondo. Il disperato tentativo di dialogo instaurato dall’autoritratto, “l’appello silenzioso”, viene raccolto dal poeta insieme a una serie di parole adagiate intorno al corpo testuale: specchio, riflesso, acqua, davanzale, volto, palpebra, sogno, quasi una strumentazione atta ad afferrare tutto quello che è possibile in una visione. Solo la dissolvenza, l’apparenza, l’incanto restano impigliati in tale tracciatura: “Accanto alle foto / Postuma / Spettro composto del ricordo / Limbo nero profumato”. Ed è, difatti, proprio il passaggio dalla carne a un’identità disincarnata ciò che il fruitore percepisce nelle fotografie e legge nei testi, in una riuscita equivalenza.

 

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Chissà dove sarai

lieta e svanita

ad autoritrarti

dissolta fra le nuvole

 

Passeggera incisa dalla carne nuda nei fiati scomparenti

 

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Non puoi vedermi da dove mi guardo”

Senza focus anche l’accanto

Contatto delle spalle sfumate

La caviglia

Piega del moto concentrato

 

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Sdraiata e rialzata

Morte

Immagine rovesciata

Calla e battigia

Simmetria del volto

nell’occhio sospeso dal sogno marino

Eppure ti vestirò polvere”

 

Alberto Mori, poeta performer e artista, sperimenta una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione: dalla poesia sonora e visiva, alla performance, dall’installazione al video ed alla fotografia. La produzione video e performativa è consultabile on line sulla pagina YouTube e Vimeo dell’autore e nell’archivio multimediale dell’ Associazione Careof / Organization for Contemporary Art di Milano.Collabora inoltre,con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia.Negli ultimi anni più volte finalista del premio di poesia “ L.Montano” della rivista Anterem di Verona. Dal 1986 ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali ricordiamo Iperpoesie (1997), Cellule (2001), Raccordanze (2004), Utópos (2005), Bar (2006), Raccolta (2008), Fashion (2009), Objects (2010), Financial (2011), Performate (2011) Piano (2012), Meteo tempi (2014).