Lucetta Frisa, "Perseidi", una poesia inedita

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Perseidi

 

Essere soli è essere nell’intimo del mondo. Antonio Ramos Rosa

 

Parlerò solo alle stelle.

Sono pazza forse

ma proseguo il discorso

che facevo da bambina

parlando senza parole

non sapendo parlare.

Di me invece loro sapevano tutto:

il loro tacere non è mai stato muto

sta nel pulsare universale.

 

Davanti alle stelle

che frusciano come le foglie dei cespugli

sono sola tutta notte

tutta notte io scintillo

guardo lontano

vedo e non

vedo.

 

Non siamo nati nella follia?

Non appena iniziò a muoversi

il Tempo

trascinando

astri e polvere.

Sparpagliati nello spazio

i suoi semi

non fiorivano.

Niente e nessuno

fioriva.

L’ombra

era uno specchio vuoto.

 

Se parlo alle stelle

so di parlare ai morti

perché a noi

tocca solo l’immagine

slontanata

della vita.

E mentre sono qui

sono morta da un’altra parte

o forse non esisto

non esisterò mai.

Ma adesso sono chi?

 

Stanotte la terra

va traversando lo sciame

delle Perseidi

che ci sembrano più vicine.

Allora

io volo verso le stelle

lascio cadere la casa

dietro le spalle

come un abito usato

e il mio cervello

adesso è così leggero

nel vento siderale

che mi prende e porta

Mi sento dolcemente fredda

non ho bisogno di niente.

 

Tutto ciò che vedo o non

vedo nasce

e muore lontano.

Prima.

Dopo.

Mai adesso.

Mai ci sono arrivi

e partenze.

Mai c’è il presente.

Nessun volo raggiunge l’altro.

 

Oppure

tutto è presente e fermo.

Il mio corpo e le stelle morte

che si rappresentano qui

in una vita finta.

 

Qualcuno

in questo momento

guarderà come me le stelle

attenderà di finire

con gli occhi puntati in alto.

Chi vuole morire

dentro un letto stretto

morire

sotto il soffitto di una casa?

 

Guardando le Perseidi

In questa lunga notte d’agosto

guardandole e sperdendomi

raggiungerò l’estasi raggiungerò

quel punto nel cielo

che risponde al mio cervello antico

alla terribile infanzia primordiale

chiusa dietro la nuca,

alla mia infanzia senza parole

e all’estasi

che perde corpo e voce.

Chi ha un corpo ha un segreto

da conservare

fuori di sé.

 

Il mio sguardo

ha scavalcato i tetti

i ragionamenti

le vette

le visioni

si è affacciato da questo balcone

come il puro desiderio

che non si vede mentre desidera

sempre verticale

scoccato.

 

Il mio sguardo è da preda

simile a quello del lupo

del serpente della tigre

di tutti gli animali

che guardano dritto

dentro gli occhi

perché hanno fame.

 

Nel buio

si catturano le luci stellari

memorie di eventi possibili

di un mistero che si assottiglia

sempre un po’ di più

ma che mai

perderà la sua struttura.

Dicono che è lassù la nostra origine.

Che lassù ci sono

padre e madre.

E sta a noi

farli tornare qui

 

Io ipnotizzo le stelle

loro ipnotizzano me

allargando allo spasimo

le mie pupille umane

forse entrerà qualcosa

nel mio campo visivo

che prima non c’era.

 

Sarei forse capace di raccontare

la bellezza del cielo notturno

nominando una ad una

le stelle ?

Come non so imparare

I nomi degli uomini e dei fiori

di tutto quanto vive sulla terra:

di queste impossibilità

è fatto il silenzio.

 

I profumi della notte

s’incontrano a metà strada:

verso di noi scendono

quelli astrali

verso di loro sale

l’essenza tellurica.

Di notte

l’erba e gli alberi

hanno odori che raccolgono

tutte le profondità

scoppiano dall’invisibile

una linfa nuova

trattengono i suoni

inudibili

di giorno.

 

 

Se si capovolge la lente

da qui non si vede niente

forse il fumo

di tutti gli anni

di luce mortale

e di mortali sogni

che prima furono solide cose

ed evaporarono

poco a poco

ed evaporano adesso

come un astro si congeda da un astro.

 

Se si capovolge la lente

noi si perderà l’ ombra?

E quale altra ombra

ci potrà confermare?

 

Il cielo della notte

si rivela

se noi

con questi occhi

lo riveliamo

a lui

perché noi e lui

siamo legati da un unico velo

e dalla stessa grandezza.

 

Stelle

la vostra linfa

scende su di noi

come un tempo scese la manna.

Guardandovi

noi non si cerca nessuna certezza

ma voi state qui a fare finta

di esserci.

 

Salute a voi come siete.

Salute dal nostro al vostro tempo

che mai si incontreranno.

Salute a voi

e a tutte le finzioni.

 

Lucetta Frisa è nata e risiede a Genova. E’ poeta e traduttrice. Tra i suoi più recenti libri di poesia: La follia dei morti,(Campanotto,1993) Notte alta,(Book,1997), L’altra (Manni,2001), Disarmare la tristezza (Dialogolibri, 2003), Siamo appena figure(GED,2003) e Se fossimo immortali (Joker,2006). Ha tradotto Emily Dickinson, Henri Michaux e due libri di Bernard Noêl (Artaud e Paule,2005 e L’ombra del doppio,2007),entrambi per la collana  I libri dell’Arca delle edizioni Joker, di cui è curatrice insieme a Marco Ercolani. Collabora a diverse riviste come La mosca di Milano e La clessidra ed è presente in antologie, tra cui Il pensiero dominante (a cura di Davide Rondoni e Franco Loi, Garzanti,2001) Trent’anni di novecento di Alberto Bertoni (Book,2005) Altramarea a cura di Angelo Tonelli (Campanotto,2006) La poesia erotica contemporanea (Atì,2006) e Voci di Liguria ( a cura di Roberto Bertoni, (Manni 2007). In coppia con Ercolani, scrive libri di storie immaginarie e non, come Anime strane (Greco&Greco 2006). Con i suoi racconti per ragazzi collabora al quotidiano Avvenire. Tra i diversi riconoscimenti,il più recente è il Lerici-Pea del 2005 per l’Inedito