Marco Furia su “Bisogni” di Davide Campi

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Poetici bisogni

Nel caso di “Bisogni”, di Davide Campi, testo pubblicato sul n° 73 di “Anterem”, si è in presenza di una complessa composizione (trentacinque versi suddivisi in sette parti) in cui il susseguirsi degli articolati, enigmatici, costrutti obbedisce ad esigenze interne allo specifico idioma proposto: un “perno” trovato “negli altri resti dal sapere”, “… un cerchio che spinge lontano/ più al sicuro nell’ altrove dove porta”, “un determinato specchio/ aperto ai generici suoni” risultano immagini, ricche di valenza allusiva, non riferite, certo, a comuni modelli, bensì evocanti la presenza di un ineffabile, vivido, quid.

Attento ad elementi, anche minimi,  connessi in maniera tale da costruire assiemi tanto coerenti quanto aperti su insondabili entità, il Nostro si rivela ben conscio del fatto di poter disporre, con vantaggio, di non aprioristiche opzioni idiomatiche, le quali, nel riconoscere i propri limiti, conducono a individuare, proprio in virtù del sollevamento di ottenebranti veli, la via, percorribile, di affidabili consapevolezze poetiche.

Non è dato oltrepassare certi confini, ma è possibile riconoscere la presenza degli stessi, è possibile, addirittura, riuscire a non considerarli, in senso stretto, siffatti, giacché strettamente connaturati, intrinseci, a un modo di essere: rigorose prese   d’atto sono in grado di superare ogni giudizio precedente, di condurre a diversi apprezzamenti e, perciò, a nuovi valori.

Con piglio sicuro, dotato di non comune perizia nel muoversi entro spazi linguistici considerati quali àmbiti in cui mettersi in gioco quale (tenace) costruttore di versi, opponendo, così, a qualsiasi altro possibile atteggiamento l’ offerta delle proprie parole e di sé, Campi mostra come le faglie, più delle superfici in apparenza intatte, costituiscano fecondo terreno di poetiche indagini.

Non mancò leggiadro dinamismo.

(Davide Campi, “Bisogni”, in “Anterem” n° 73, pagg. 72-73)