Giuseppe Calandriello, “Pneumeno”, audiolettura; note di Silvia Comoglio, Ranieri Teti

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Pneumeno


edificio nella notte, fiotti d’uomo
                                         (terra di gonfiore)

sulla direttrice del nuovo viso
                                         (effetto sagittale)

Talete al timone del lobato
a braccia separate
le vite mai sognate
a un ritmo più lento, nauti oltre, a sostegno


                                                       (in acque cordate)


disàrmati, qualcosa del consiglio, la qualità del suono netto


                                                                     (a giaciglio delle torbe)


respiro di erranza
gli dèi degli avanzi
vanga di mucosità
spegni le vie, sbarra le rotte, nel piano, del suono, l'esercito è rotto

 

Silvia Comoglio per Giuseppe Calandriello

Su acqua e respiro si fonda il testo di Giuseppe Calandriello costruito con un sapiente uso della parola e con forti e vivide immagini. L’uomo, nel testo di Calandriello, si sveste della sua solida essenza e si fa fiotto, onda che imprime al suo viso una nuova identità, che lo trasforma non momentaneamente ma in modo perenne in un nauta che si trova in cordata con altri nauti, una cordata fatta di acqua, ossia di qualcosa che è inconsistente, che sfugge. E in questa cordata, ci chiediamo, che non ha la resistenza della fune ma l’inconsistenza dell’acqua, come possono, se possono, sostenersi e salvarsi gli uomini diventati nauti? E neppure, si direbbe, rassicura la presenza di Talete al timone, quel Talete che sosteneva che il principio, l’arché, di tutte le cose è appunto l’acqua e che è dall’acqua, forza attiva e vivificatrice, che si trae nutrimento.

Rimane così all’uomo il respiro ma è un “respiro di erranza”, perché quando cerca di diventare suono, e da qui poi si presume parola, si infrange e l’esercito dei nauti si scopre rotto, e quindi ancora una volta senza salvezza. “spegni le vie, scrive Giuseppe Calandriello, sbarra le rotte, nel piano, del suono, l’esercito è rotto”.

 

Ranieri Teti per Giuseppe Calandriello

L’incipit del testo è cinematografico, con il passaggio da un’inquadratura aperta e generale, da un esterno simbolico che si protrae fino al primo piano di un volto: tutto mediato, tra parentesi, da una considerazione dell’autore e da una sorta di appunto sceneggiato per la regia. Nei quattro versi iniziali Giuseppe Calandriello produce e crea un accavallarsi spaesante di immagini che offre una chiara indicazione di lettura: “Pneumeno” chiede di abbandonarsi al suo flusso, richiede di condividere e di abitare l’idea del suo autore. Questa si precisa in maniera definitiva subito dopo, quando nel testo interviene il “lobato”, un aggettivo adoperato come se fosse un sostantivo, per dirci che in poesia tutto può succedere all’improvviso e niente è mai scontato. E “nauti” lo conferma. La fusione dello stile con il senso offre uno degli elementi distintivi di una poesia che non si appiattisce sulla realtà ma la trasforma creando una parte di mondo prima inesistente. Le percezioni del poeta predispongono frammentazioni del sentire, avvenendo simultanee come respiri in corsa, e in questa modalità assecondando, nella messa in pagina, un andamento interiore. Lo testimoniano i versi ora sincopati ora lunghi, e franti se lunghi, come se fossero pulsioni irregolari, sintomi di uno spezzare il ritmo per un dire ulteriore. Come se fossero fuse insieme tecnica e visione, forma e idea, sapendo che non c’è idea che non sia riconducibile all’esperienza di una cosa generata nel pensiero: gli ultimi versi, così spiazzanti e fatalmente nitidi, concludono l’unione di pneuma e immaginazione.


Giuseppe Calandriello nasce a Pietrasanta nel 1979. Dopo gli studi artistici si laurea in Cinema, musica e teatro presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa. È membro del gruppo [dia•foria, con il quale ha pubblicato opere di Balestrini, Ballerini, Blotto, Burchiello, Carravetta, Curi, Mansour, Péret, Toti, Villa e altri. Nel 2017 cura, con Daniele Poletti, la seconda edizione di "Obsoleto" di Vincenzo Agnetti con testi di G. Agnetti, C. Bello Minciacchi, B. Corà e C. Costa. Sue opere sono pubblicate nelle antologie "Tuttologia e Contro Zam", Cinquemarzo; "Nuova Tèchne", Quodlibet; "Scrivere all’infinito", Museo della Carale Accattino; "Offerta Speciale", Carla Bertola editore; "Athe(X)ehtA", Edizioni GDFAEOA. Ha partecipato a contenitori d'artista come "BAU" e "Antologia Ad Hoc". La sua ricerca poetica e artistica verte su tematiche come la casualità, il determinismo, il rapporto tra l'impossibile e l'improbabile, le energie cosmiche e il potere del linguaggio segnico.