Federico Federici, “L’intero della neve” (7 profili innevati da Narbona)

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dal centro di un seme
l'intero bosco spinge

luce, nella luce che permane
preme, nel peso dell'origine

un impasto d'ordine e materia
sulle siepi gli aghi della galaverna

nervi esili di mondo, filamenti
inerti per il fine dello spazio

e corpuscoli sterrati intorno
e, indurite sotto coltri di poltiglia,
scaglie, scorie, spore, polveri
di tralci d'edera riscossi

lascia la saliva il cervo sulla resina,
l'odore impregna la corteccia
asciutta; calpestato il fosso, scalcia
la pietra che ogni notte il lupo annusa,
batte lo zoccolo sul tronco
bagna la zampa sottile
nell'acqua non ancora dura
poi tra le balze scatta per sparire

rinserrati lentamente nelle tane,
assetati, amalgamati ai fili d'erba,
animali occhieggiano fermando il cuore
da che frasche sgorghi il sole
da che fresche fonti l'acqua

poi la neve cade a caso
sul paesaggio già innevato

altri torsoli di mela copre,
bacche e tronchi rosicchiati,
biancastre piaghe di licheni
sui rami snervati, nòccioli
e gemme succhiati dai caprioli

spazzata ai piedi degli abeti
sigilla i buchi delle tane
lo stampo ghiacciato delle impronte
che non portano lontano

a vederla diradarsi lentamente
rigirando in aria, poi sedimentare,
a fatica rifinirsi in un disegno

e nell'unirsi ai corpi
equilibrarne i pesi
nella metrica del contatto

ricopre il prato che divide
stelo e stelo, e croco e cardo
ripiega sull'argilla e sull'ardesia fa
fiorire il ghiaccio

neve, negli occhi di ogni bestia,
è il bianco in cui sta
il bosco intero e per metà
è luce e per metà silenzio