In questa speciale parte del sito trovano spazio le autrici e gli autori premiati con “Menzione d’onore” al Premio di poesia e prosa Lorenzo Montano, edizione del 2019.
Verranno inseriti altri contributi.
L’intento è di costituire, anno dopo anno, un archivio permanente di scritture contemporanee.
Abbiamo volutamente inteso allestire un luogo agile, di veloce consultazione, dedicato al piacere della lettura. Un luogo dove ogni tanto ritornare.
Raccolta inedita
L’incontro
Atto Primo
Intorpidita come un seme
che sta per nascere pianta,
blanda e trasandata
trascuro i miei pensieri.
Chi potrà mai cogliere
la perla sotto il mare,
il rumore del maestrale
e la brezza tra il labiale?
Nessuno più ascolta:
l’erba calpestata in un giardino,
la brace di una sigaretta che brucia,
una penna che scivola tra le parole,
una promessa sussurrata ad un orecchio disattento.
**
Occhi
Una volta ho incontrato gli occhi dell’inferno.
Erano i miei, o forse i tuoi.
Si confondevano.
E ho avuto paura.
Valentina Albi è nata nel luglio del 1984 a Verona dove risiede. Laureata in filosofia e sommelier di professione, si dedica da sempre alla scrittura.
Dalla raccolta inedita “motu proprio – impressionismi di viaggio”
risposte
sono abituato
a mettermi in questione
a farmi domande, a farne
è una seconda natura
o forse prima
la mia mistica, e al contempo il mio lavoro
non mi spaventa, non smetto, non potrei
di cercare risposte
senza averne
**
versatilità
ragiono in endecasillabi
oramai
rifletto in settenari
parlo con verso libero
ma sorvegliato con cura
leggo senza più fretta
dilatando pause e spazi
e mi sorprendo
a cercare la rima
anche da solo
è questo
essere poeta dentro
con il cuore
il fuori non capirà
ma non importa
è un dono che la terra meritava
fosse restituito
verso a verso
Stefano Allievi è nato a Milano nel 1958 ed insegna Sociologia all’Università di Padova, dove si occupa di fenomeni migratori e di mutamento sociale e culturale, con particolare riferimento alla presenza dell’Islam in Europa. All’attività accademica affianca quella di editorialista e di commentatore politico e, in parallelo, coltiva una passione di lungo corso per la poesia. Tra le sue pubblicazioni poetiche più recenti ricordiamo Nel mondo dei qualsiasi (Manni 2016), Pubblico e privato. Poesie civili e incivili (La Gru, 2012), Il giorno dopo (La Gru, 2012) e Punti di vista. Sociologia delle cose, e di altre cose (Ronzani, 2018).
Dalla raccolta inedita “Il sole o Dioniso”
Se ci fosse il mare una cupola
verde per l'improvvisa
immensità uno stordimento
di ramo per l'intricata foresta
un tremolio di conchiglia
strappata dal grembo un duro
guscio di palma in attesa
del nuovo marinaio una chiglia
dolce che s'incurva seguendo
l'onda dello sterminato
cammino.
**
Nel riparo non c'era
più niente un'impronta
di giaciglio i corpi
avevano dimenticato
promesse si erano dispersi
come fossero erbe
un piatto segnale
di poche cose inerti
un aleggiare leggero
un respiro ch'era stato
greve nel palpitare
d'amore.
Lidia Are Caverni è nata a Olbia nel 1941 e risiede a Venezia-Mestre dove è insegnante elementare in pensione. Si occupa di poesia e narrativa e collabora con le riviste online Versante Ripido, Malacoda, Poliscritture, Capoverso e Senecio. Si interessa inoltre di studi antropologici, storici e del linguaggio e ha collaborato per oltre dieci anni con la rivista “I viaggi di Erodoto” edita dalla Casa Editrice Bruno Mondadori.
Ha pubblicato libri per l’infanzia, di narrativa e poesia e suoi racconti e poesie sono stati inseriti in antologie di prestigio e tradotti in lingua rumena e anglo-americana.
Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali il Premio Ceppo-Nicola Lisi conseguito nel 1989 e il Premio Nuove Lettere dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli conseguito nel 2003.
Tra le sue pubblicazioni poetiche più recenti ricordiamo Le montagne di fuoco (Premio Nuove Lettere dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli 2003 - Prefazione di Gorgio Linguaglossa, Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, 2005), Animali e linguaggi (Bonaccorso Editore, 2006), Fiore bianco notturno (Orizzonti Meridionali, 2010), La maschera scomparsa (Edizioni Progetto Cultura, 2015), Odisseo Notturno (Orizzonti meridionali, 2016), Parvulus (Orizzonti Meridionali, 2017).
Dalla raccolta inedita “Ascolta. Quando sarò morta (versi sparsi in ordine alfabetico)”
(L)
La struttura elementare delle cose
Mi consola,
la finitezza della materia
la sua struttura elementare
granulare
mi consola come carezza sulla testa,
sapere che c’è un limite finito
alle infinite particelle
all’infinito frantumarsi di ogni cosa
che c’è un limite per tutto
un limite che è legge
insieme cosmica ed umana:
allora anche io, un giorno
anche io
avrò finito di frantumarmi
e resterò
puntolino di energia, grano di materia,
che forse ancora brucia
ma più non si divide.
(a Carlo Rovelli, fisico)
**
(P)
Psicostasia
Psicostasia, lo sai, si chiama
la pesatura delle anime:
da una parte il cuore
dall’altra una piuma.
La misura esatta della nostra perdizione
la grammatura della salvezza
sono tutte lì, nel resto matematico
di una elementare sottrazione.
Lea Barletti è attrice e performer e attualmente vive e lavora a Berlino insieme a Werner Wass, con il nome “Barletti/Waas”.
Le loro ultime produzioni, Selbstbezichtigung/Autodiffamazione di P. Handke, in versione bilingue italo/tedesca, e Kaspar in lingua tedesca, sempre di P. Handke, sono rappresentate in Italia e Germania.
Inoltre Barletti/Waas insieme all‘associazione ITZ Berlin sono partner tedeschi di Fabula Mundi-Playwriting Europe, un progetto per la circolazione di testi di drammaturgia contemporanea che vede coinvolti 11 paesi europei.
Lea Barletti scrive soprattutto racconti brevi, poesie e testi teatrali. Suoi racconti sono stati pubblicati su riviste e siti online (tra cui Il primo amore, Oblique, Zest, Minima&Moralia).
Il testo teatrale Monologo della buona madre è stato rappresentato come lettura scenica al Teatro I di Milano nel marzo 2018 e ha debuttato nel Festival “I teatri della Cupa” (Novoli-Le) nell’agosto 2018.
Una sua piccola raccolta di racconti, Libro dei dispersi e dei ritornati, è stata pubblicata per Musicaos editore (2018).
La poesia inedita La parola madre ha ricevuto la menzione d‘onore al Premio Lorenzo Montano (XXXII Edizione), mentre la poesia inedita, Idròbate ha ricevuto la medaglia d‘onore al Premio Don Luigi Di Liegro (X edizione).
Da poco ha iniziato a scrivere anche in tedesco, un tedesco “sporco” e molto personale.
Dalla raccolta inedita “Transiti e stasi”
Isole non vi sono - non v'è approdo
non lambe terraferma questo mare
e per tastarne la solidità
del fondo tra il liquame
di sogni di chimere caleresti
in apnea senza ossigeno
di scorta senza maschera
né pinne né scafandro?
bada: si è al buio là! là s'è da soli
là battiscafo è il chiuso di se stessi
ed è - lettore - un luogo di paura
**
Il piromane
ovvero
L’impossibilità dei salti quantici
La meraviglia è quando
le percezioni attingano allo stato
di purità - candiscano -
suscitino alla gioia l'intelletto
per tocco di sfuggita col sublime
allora guarderesti
le vanità l'effimero i malanni
che albergano nell'ego andare in fiamme
e come allo spettacolo,
piromane, godresti!
allora con stupore sentiresti
di divinità un alito sfiorarti
e ti parrebbe un gioco da bambino
Savonarola diventare, irridere
al tuo rogo, i papi svergognare
e mondo e imperatori convertire
e per fandonia prendere
l'impossibilità dei salti quantici
di schiera in schiera all'orbita dei cori
angelici in excelsis
e capiresti Dante
Joseph Barnato è nato nel novembre del 1954 a Nakuru in Kenya, dove ha trascorso la sua infanzia. Laureatosi a Genova in Ingegneria meccanica, scrive fin da giovanissimo sia in lingua italiana che inglese e suoi testi sono stati inclusi in antologie di premi letterari. Attualmente vive a Siena.
Dalla raccolta inedita “L’alveare importunato”
Questione di cecità
Dalla terra smossa,
ovunque io vada, una talpa.
E quel salutarci
corrisposto, a misura,
che l’amore alla fine, si sa,
acceca.
* *
Viaggio breve
Un banco di prova.
Impettiti di clorofilla, sotto casa,
se mai sul taxi a iniziare il percorso,
quel futuro che si trastulla in fessure di sole.
Lì fruscia lo zolfo, e ci si vanta
dei marmi sulle scale, di quanto
si va cercando e poi si trova.
Un viaggio breve a compilare giorni
in prospettiva.
Nel predominio dell’ego,
pensa qualcuno.
Silvana Baroni è autrice di poesie racconti e testi teatrali. Presente in riviste letterarie (Il cavallo di Cavalcanti, Capoverso, La Mosca, Le voci della luna, Poeti e Poesie, Ciclostile, Fermenti, Literary, Universitalia, Il lettore di provincia) e in svariati blog ed antologie, si è aggiudicata i premi: 2000 versi /verso il futuro Sindacato Nazionale Scrittori - poesia 2000; Renato Giorgi- poesia 2000; Laurenthium - poesia 2001; Sindacato Nazionale Scrittori- poesia 2001; Sapori di versi - poesia comica 2007; Omaggio a Baudelaire- poesia 2008; Premio Foyer - La Sapienza - poesia 2010; Torino in sintesi – aforismi 2010; Histonium- poesia -2012; Alda Merini- aforismi 2013.
Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano ParalleleBipedi (aforismi e grafica, Città del sole, 2013) ; Criptomagrittazioni (poesia, onixeditrice, 2014); Il doppiere e lo specchio (aforismi, La Mandragora, 2014); Lampi (teatro, La città e le stelle, 2015), Le quinte, le frasche, le dune (poesia, Robin, 2016); Fuori dall’orbite, nulla di cosmico (aforismi, La Mandragora, 2016); Perimetri accerchiati (racconti, Gattomerlino ed., 2017); Dall’incipit al microcip (aforismi, Babbomorto, 2019).
Dalla raccolta inedita “Il gioco dell’impiccato”
Ritorni alle diciotto
come i vassoi all’ospizio
e odori di mela cotta
nella tua bruna stanchezza.
Io ti porto le ciabatte
radunando le tue orme:
sono la farina e tu il tuorlo
a cui vieto lo schianto.
* *
Ricordarci di noi
è giocare a Shangai.
Una lentissima rapina
nello schianto della memoria
dove tremare è concesso
solo dopo il proprio turno.
**
Noi siamo il panno
che avvolge le fontane d’inverno
come se la goccia che si sprecherebbe
fosse un’offerta più nobile del sangue.
La poesia non salva gli uomini
ma i gesti considerati inutili:
è il mercato d’antiquariato
di ciò che non abbiamo vissuto.
Luca Bresciani è nato a Pietrasanta (LU) nel 1978. E’ Presidente dell’associazione culturale Vita alla Vita e fondatore del premio di poesia Vita alla Vita under30. Ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: Lucertola (Edizioni del Leone, 2011) a cura di Paolo Ruffilli, Modigliani (Lietocolle, 2015), L’elaborazione del tutto (Interno Poesia, 2017) con la prefazione di Davide Rondoni. Con la silloge inedita Canzone del padre, ha vinto nel 2018 il premio Aurelia Josz Milano, è stato finalista al premio InediTo Colline di Torino e ha avuto la segnalazione della giuria al premio Bologna in Lettere e al premio Lorenzo Montano 2018. Con la silloge inedita Il gioco dell’impiccato è stato finalista al premio Guido Gozzano 2018.
Le sue poesie sono ospitate su molti siti letterari tra cui Interno Poesia, Poetarum Silva, Atelier Poesia, Perigeion,Versante Ripido, Pioggia Obliqua e Laboratori Poesia.
Il suo ultimo libro Canzone del padre è stato pubblicato nel settembre 2018 dalla casa editrice LietoColle con la prefazione di Fabio Prestifilippo.
Dalla raccolta inedita “Il gesto del rifugio”
Qualcuno ha buttato il cuore in un roveto
e ora scrive
appunta io senza radici che affondano
sul foglio - ma un verso
resta atto di carità: non c'è infinito
che non soffra la sua stessa solitudine
* *
Lo sguardo pallido
il cielo convesso
qualcuno conta le tue costole - poi -
sei la sagoma mancante e di ogni tela
il lato non dipinto
di colombe
sui rami fioriti della croce
Angela Caccia è nata nel novembre del 1958 e risiede a Crotone. Ha coordinato dal 2006 al 2011 l’Associazione Culturale Le Madie e collabora mensilmente con la rivista on-line Versante ripido, per cui recensisce libri di poesia.
E’ presente in molte antologie, tra cui: Cinque Terre 1998 (La Spezia); Il Golfo 1998 (La Spezia); Poesie d'Italia - Club Letterario Italiano (Latina 1998);“Scritture poetiche di fine millennio”(Striano 1999); “Voci dell’anima” (Rapolano Terme 1999); “Cinque Terre” (1999 La Spezia); Antologia Premio lett. Inter. “Siracusa”; Antologia Premio Feile Filiochta; Antologia Premio Casa Editrice Perrone, Antologia Poeti e poesia di Elio Pecora.
Della sua poesia inoltre si è parlato nei blog: Oubliette magazine, Patria Letteratura, Altritaliani, La Recherche, Blog RAI poesia di Luigia Sorrentino, Sololibri.net, Via Cialdini, Estroverso, LetterMagazine, Liberolibro, Kult Virtual press, Chronicalibri, Blog Letteratura e Cultura, La stanza di Erato, Circumnavigare, Il paradiso degli Orchi, Versante ripido, Satura, il blog Poesia de Il Corriere della sera.
Ha ricevuto prestigiosi premi e riconoscimenti (PREMIO IL PUTTINO – AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI CUTRO, PREMIO VALLE DEL RAGANELLO, DONNA DELL’ANNO 2008 e PREMIO HERA LACINIA 2009) e tra le ultime pubblicazioni si ricordano: Piccoli forse (prefazione di Davide Rondoni, LietoColle, 2017) e Accecate i cantori (Fara Editore, 2017).
Dalla raccolta inedita “Fare lo spazio”
È caduta l’immagine di me
È caduta l’immagine di me,
quella col vaso, i
fiori, anzi quella
non l’ho mai
avuta, è fuori. È caduta l’imma-
gine dove ho il collo
dritto, stabile, solido,
robusto, ma anche così non
l’ho mai avuta l’immagine
del collo. È caduta un’im-
magine di me che non
è mia, ma non
dispiace affatto.
Come ho già detto
sei tu che mi hai fatto
è caduta quell’immagine
sotto in fondo al
mobiletto, vicino al
gatto. È caduta l’immagine di
me – cade sempre! – io
la raccolgo e la rimetto
a posto, paziente, ogni
volta, sapendo che tanto
da qualche parte deve pur
stare, da qualche parte
deve pur esserci
l’immagine di me
caduta che sia
oppure messa via
Laura Cingolani è nata ad Ancona e vive a Roma. Si è laureata alla Sapienza di Roma con una tesi su Amelia Rosselli e si è formata come operatrice nel campo dell’Arteterapia. Il suo campo di specializzazione principale comprende la parola e la voce. Il suo interesse per la poesia è condotto su molteplici livelli e comprende la poesia lineare, sonora, visiva, elettronica (videopoesia, computer poetry), includendo anche dimensioni musicali e grafico-pittoriche.
Nel 2008 insieme a Daniele Salvati ha inventato il Graphemium, uno strumento sinestesico, poetico e sperimentale che coniuga la parola all’elaborazione musicale elettronica.
Con il duo Esse Zeta Atona fondato con Fabio Lapiana nel 1996 partecipa a Roma e in Italia a festival e rassegne di poesia.
Tra le sue ultime opere si ricordano: Tavole di poesia visiva e asemica esposte alla mostra collettiva CONCRETA ospitata dall’Accademia di Ungheria di Roma pubblicate nel volume CONCRETA1, a cura di Sebastiano Triulzi, Diacritica Edizioni, Roma, 2019. Opera diffusa in modalità open access (http://diacritica.it/wp-content/uploads/1.-CONCRETA-1-a-cura-di-S.-Triul...); Elektromeals and other concrete stories, album solista di musica elettronica, con l’etichetta indipendente Selvaelettrica, Roma, 2016.
Da “Meno universo”, DotCom Press, 2018
***
π
UNA POSIZIONE IN MERITO ALLA RELIGIONE
è quella della cimice capovolta
che ancora si sbracciava ad acchiappare l’aria
sola sul tuo altare la mattina di Natale
e che ho visto una seconda volta a Santo Stefano
mentre andavo a prendere la comunione
quando già aveva smesso di chiedersi con quante zampe pregarti
avendo trovato appunto
una sua posizione
***
NON SAPERE DI QUANTO SONO MORTO
quando ci penso
(sarà quaranta,
quarantatré per cento?)
mi fa ogni volta morire un secondo,
ma tutto intero: tic tac,
e non è bello, però dura poco
Poi penso ad altro
Guido Cupani è nato a Pordenone nel 1981. Lavora all’osservatorio astronomico di Trieste e vive a Portogruaro. Ha pubblicato le raccolte poetiche Le felicità (Samuele, 2011) e Qualcosa di semplice sulla neve (Culturaglobale, 2013). Ha tradotto dall’inglese P. Williamson e Molly Kirschner. Collabora con il Porto dei Benandanti di Portogruaro e con la rivista online Perígeion. Ha in cantiere un volume di haiku e un romanzo.
Da, “Nella prefazione d’una battaglia”, Italic, 2018
***
In effetti,
non ogni sera,
né ad ogni imbrunire,
arriverà l’ordine d’assecondare
le esitazioni del pavé.
Né ad ogni girovagare,
potremo esser certi
d’agguantare il grimaldello
d’un qualche pourparler.
Eppure,
anche senza garanzie,
anche senz’essere passati
per un’accademia,
come non badare
alla geometria del reale?
Come non affidarsi all’arte
dell’esser vigili
su quel che ha da arrivare
dal di sotto
dei nostri piedi?
***
Sia perché, pur tra tutte queste nostre battaglie,
le passate, le incombenti, le presenti,
e quelle il cui stato di salute
resta e resterà incerto,
non c’è modo migliore, ci pare,
per provare a monitorare
il nostro “essere in forma”
(la nostra “prestanza”?).
Senza dimenticarci, bien sûr,
né del nostro esserlo a pezzi,
né della forma di questi.
Francesco Deotto è nato a Motta di Livenza (TV) il 14 febbraio 1982 e laureato in filosofia all’Università di Venezia, dottorando in Lettere all’Università di Ginevra, dove studia il rapporto tra letteratura e utopia in riferimento alle opere di diversi filosofi e scrittori contemporanei (in particolare Abensour, Lévinas, Derrida, Bataille e Celan). Nella prefazione d’una battaglia (Italic, Ancona, 2018) è il primo libro di poesia.
Dalla raccolta inedita “Distanze a colmare”
Vorrei a volte vibrarmi
nell’aria. Bruciare
la distanza tra la mano
che libera il colpo
e la freccia che esegue.
Tra il comando
e il gesto che compie.
Almeno, credimi, mai
mi sono sottratto dall’essere
il bersaglio ferito
che tremante muove ancora
la mano a un altro colpo.
**
Posti al versante dei corpi
il pensiero si fa
eco di risacca.
Gola muta in esilio
dalla dittatura dei sensi.
Lì, dove solo il gesto
è pura voce.
Ferdinando Distinto è nato nel 1983 a Castellammare di Stabia (Napoli). Si laurea in Ingegneria Elettronica e parallelamente intraprende varie esperienze da attore, prima a Napoli poi a Roma (dove si trasferisce per lavoro dopo la laurea). Tornato a Napoli lavora alla stesura della raccolta di poesie, ancora inedita, dal titolo Distanze a colmare (tra le sei opere segnalate al concorso “Bologna in lettere” - sezione opere inedite).
Da “Pieghe del tempo”
***
FUTURA MEMORIA
Ci sarà un angolo di futuro,
una postazione, un'insenatura,
in cui sostare
per raccogliere gli anni
nel cavo della mano,
inanellarli in decenni,
in secoli, nel tripudio
della spuma dei giorni,
dei geyser di secondi.
In quella nicchia
di scampati all'antropocene,
ci apriremo a un destino nuovo
e la parola "storia"
non avrà più significato.
In quella costa di frangenti spuri,
di ossidate magagne,
nella soporifera stasi
della cova di nuove promesse,
gradiremo essere per noi stessi,
essere per la morte che è vita,
nella calma precisa
che precede il riavvio.
Paolo Durando è nato a La Spezia il 24/2/1963 e insegna italiano e storia al liceo artistico di Treviglio. Partecipa per la seconda volta al premio Montano con una raccolta inedita. In precedenza si è cimentato nella narrativa, fantascientifica e weird.
Il suo primo riconoscimento importante è stata la pubblicazione, propugnata da Ugo Malaguti, del racconto “La missione di Xeres” sul num. 37 di Futuro Europa, la rivista della Perseo libri.
Nel 2013 ha vinto il premio Short Kipple con “I transmortali” e, nel 2015, è stato tra i finalisti del Premio Hypnos per racconti weird, con “Vettore Eden”, pubblicato poi nella raccolta “Strane storie”(2016), edizioni Hypnos.
Presso le Edizioni Scudo sono disponibili numerosi racconti, nonché i romanzi brevi “Prospettiva Avadhi” (2015), “Gli eletti di Scantigliano” (2016), Dorian Hertz (2017).
Da “Corpo a corpo”, Ladolfi Editore, 2019
***
Forma inaudita dell’origine
il buio vive
più dell’immagine.
Frastornato frasario
ci hai posto
tra i nomi e il loro fogliame.
***
Ustione fino a diventare carne
ma lesa, lucida di crepe,
come niente a sé
trasecola
si confonde in trasparenza sul cifrato
evento, più addentro,
la recita.
***
A quest’ora di indefinibile presenza
il fiume senza spasimi come in mare
sfuma, le cose escono
dal loro elemento e si disconoscono
solitudine fumida, crepitante
che in multicolori vampe solleva
la stenta brace del minuto:
lustrale pena
Fabrizio Ferreri è nato nel 1979 a Catania. Docente di storia e filosofia nei licei. Ha pubblicato “Borghi di Sicilia” (con Emilio Messina) per Flaccovio Editore e “Coscienza di luogo e sviluppo locale. Analisi su Sambuca di Sicilia” per Maimone Editore.
Da, “Gli alfabeti intatti”, Arcipelago Itaca, 2017
***
27 dicembre 2016
Non due cicliche serpi
sette corali sommessi
sulle maiuscole che svellono
alfabeti e tradizioni e radici
sulla terza moneta mondiale
ordina,
elettiva nuvola,
l’arresto.
***
29 dicembre 2016
Rossastra sinopia
della mia arca
ridiscesa dal Nilo
alla petraia di canopi
poi
un urto di alga e sasso
imbarca stele di patriarchi e castighi.
Subissati di prediche, i miei occhi si nascondono giù,
sulla carena convivono con il cosmo.
Francesca Fiorentin si è laureata in Filosofia all'Università Statale di Milano e ha conseguito un master di “Perfezionamento in discipline filosofiche” presso l'Università Bocconi. Una sua silloge poetica è apparsa su Nazione Indiana. Ha pubblicato diversi articoli e racconti sul blog letterario Il Pickwick, col quale collabora. Ha pubblicato il poema: “Il Don Giovanni”, apparso sul sito Necrologika.it, in collaborazione con la poetessa Francesca Tuscano. Accanita lettrice, la sua passione per la poesia l'ha portata a leggere e studiare numerosi poeti classici e contemporanei. Nel 2017 è uscito il suo libro di poesie “Gli alfabeti intatti” edito da Arcipelagoitaca. Finalista al premio Prato Poesia nel maggio 2018. Finalista al premio Tirinnanzi della città di Legnano nel giugno 2018. Nel gennaio 2020 esce il volume di poesia Legami cedenti ossigeno per Oedipus. Nel 2020 entra come redattrice del sito di lettere e arti LeOrtique.
Da “Se ti la vardi contro luse”, Supernova, 2018
***
Tramontada
Inserti contorni slargài
bali spiritài i scombussola
in ’sta venessia stranìa
co’ i so arcani de aqua
che i ga el saòr del sal.
Crepuscolo. Incerti contorni dilatati / danze visionarie confondono / in questa città insolita // con i suoi arcani d’acqua /che sanno di sale.
***
Contro luse
Se ti la vardi contro
luse, venessia la xe insònio
che dindolando l’aqua
redòpia. el tempo xe respiro
del mar, se ti
ti ghe da ’na ociàda
ti pol véderlo senza
moto sora ’na cupola
de levante o galopando el vento
de siròco, sora le altane.
Contro luce. Vista in contro / luce, venezia è sogno / che oscillando l’acqua / raddoppia. il tempo è respiro / del mare, se tu // gli dai un'occhiata / puoi vederlo / immobile su una cupola / d’oriente o galoppando il vento // di scirocco, sopra le altane.
Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive. È interessata alla poesia e alle sue possibili interazioni e contaminazioni tra i linguaggi dell’arte e in particolare con quello musicale, come nel caso di Metropoli, testi musicati in stile rap, e a contaminazioni linguistiche tra lingua e dialetti. Ha partecipato alla prima Biennale di poesia Officina della percezione (premio Lorenzo Montano, 2004). Ha pubblicato libri di poesia: Giro di boa (Joker edizioni, 2007), Il cielo aperto del corpo (Kolibris, 2011 in cartaceo e in ebook su La Recherche, 2016), Totem (Puntoacapo, 2015), Se ti la vardi contro luse (Supernova, 2018) primo libro in dialetto veneziano. È inserita nell'antologia Blanc de ta Nuque a cura di Stefano Guglielmin (Le Voci della luna, 2016) e nel Tomo II Il Fiore della poesia contemporanea (Puntoacapo, 2016). Suoi testi si trovano in varie riviste cartacee e online: Il Segnale, Le Voci della Luna, La Mosca di Milano, Periferie, L'Avvenire, Carte nel vento (Anterem), Tribuna magazine (rivista romena) e su vari blog. Ha partecipato a numerosi festival di poesia tra i quali Thousand poets for Change (Bologna, 2013 e 2014), Festival Internacional Palabra en el Mundo (Venezia, 2013 e 2016), Festival del Pensiero in/verso (Venezia, 2017 e 2018).
Da “antologia delle Luci” (” ONNIPOTENTE poema”)
***
Non verità se non il tuo
portamento, estensione di
lillà e firmamento.
Non luce se non l’antro della tua
bocca, che promulga stasi
e l’estasi. Non c’è che il tuo
ginocchio che cresca
come albero e argento. Portento
sia
ciò che non si vede
perché è visto.
***
Non ti dico parole
ma unità intere, universi che oscillano, canti
che si compongono, irradiazioni
del sole e di luna, impercettibili
sensi che avvertono, pagine che bruciano.
Poiché Tu sei. E io non sono,
nell’innominabile caos, non sono
che l’assenza riposta.
Il fuoco mi adorna, non le rose, il fuoco
mi turba,
per essere Tu il Vicinissimo,
costanza la presenza, l’innominabile e il mai
nominato, l’impercettibile e il mai percepito.
E pur sei la mia presenza, mia assenza,
e ciò che sono
non è che l’aurora
e il canto che ti giunge.
Francesca Limoli, poetessa, autrice di teatro, performer, nata a Cremona. Dal 1987 si dedica alla ricerca linguistica su diversi piani: poesia lineare, a livello del segno poesia visuale, e trasferisce il testo a livello del suono, del movimento gestuale e della visione in performance e teatro vocali, musicali e visuali. Numerose pubblicazioni, libri, libri d’artista e CD.
Spettacoli, concerti e performance in festival internazionali in Europa, Marocco, Stati Uniti. Esposizioni di poesia visuale e di foto di scena [di creazioni concepite e interpretate dall’artista] in Italia, Marocco e Florida. Dal 1998 crea e dirige con l’artista Ahmed Ben Dhiab il Festival internazionale ‘Celebrazione’, in provincia di Milano, nonché diverse edizioni della ‘Giornata Mondiale della Poesia’ sotto l’egida dell’UNESCO. Da diversi anni si dedica alla performance poetico-visuale da solista: sue performance ultime, azioni per tableaux vivants, poesia e luce – creazioni sinergiche tra poesia, musica-silenzio, visione e arte dell’azione.
Ma principalmente si dedica all’attività letteraria e sta attualmente lavorando ad una vasta opera in quattro canti, il poema «Stelle»: «Luce», «Splendore», «Indivisibile», «Onnipotente». Di quest’opera in corso, sono finora apparsi «Splendore» [2012] e «Indivisibile» [2017]. Letture di poesia dai suoi libri. Curatrice di libri d’arte e mostre. Collabora al film di Ahmed Ben Dhiab «Le Nomade», edito in DVD per le Edizioni L’Harmattan, Parigi 2019.
PUBBLICAZIONI:
CARTINE dI FATHIA, libretto d’arte | pittura e poesia, Celebrazione Festival Production, Italia 2018.
INDIVISIBILE poema, Edizione prima F.L. collezione Beatrice, Italia 2017.
GIOIA JOIE, con Ahmed Ben Dhiab, libretto d’arte | pittura e poesia, Collezione Ben Dhiab-Limoli, Italia 2017.
ANGELI, con Ahmed Ben Dhiab, libretto d’arte | pittura e poesia, Collezione Ben Dhiab-Limoli, Italia 2016.
IL SEGRETO, con Ahmed Ben Dhiab, libretto d’arte | pittura e poesia, Collezione Ben Dhiab-Limoli – S.d.A., Italia 2014.
SPLENDORE poema, Edizione prima Salone delle Arti – collezione Beatrice, Italia 2012.
FATHIA COLEI CHE APRE poema, corredato dall’opera in prosa di Rita Bonfiglio «Lieve enciclopedia delle Settantadue» [dei nomi propri di esseri femminili nel poema], collezione Beatrice – Salone delle Arti edizioni, Italia 2006.
LA CENDRE DES MOTS – Poèmes et textes – Après l’incendie de la bibliothèque de Bagdad, AA.VV., Collection Poètes des cinq continents – Éditions L’Harmattan, Paris 2003.
FATHIÀ, Opera, CD, progetto musicale di Francesca Limoli e Ruggero tajé | testi, canto, voce: Rita Bonfiglio e Francesca Limoli | musica elettronica: Ruggero tajé, Beatrix V.t. Produzioni – collezione Paradisi, Milano 1998.
D’OVATI INCANTI libri d’arredo urbano virtuale, CD-ROM, AA.VV., Beatrix V.t. edizioni, Bologna 1998.
BEATRICE È, libro d’artista per la collana «D’Ovati in canti», Beatrix V.t. edizioni, Bologna 1997.
MIXTERICA, AA.VV., cartella di poesia e grafica, manufatto di stampa d’arte, Beatrix V.t. edizioni, Bologna 1997.
AMOR CHE IN FORZA DI CAVALLE NULLA AMATA EGUAGLIA, AA.VV. manifesto politico | prosa, poesia e grafica, manufatto di stampa d’arte, Beatrix V.t. edizioni, Bologna 1995.
LA ROSA D’ORO, opera teatrale, con Angela Marchionni, opera di poesia e teatro, manufatto di stampa d’arte, Beatrix V.t. edizioni, Bologna 1994.
BAROCCO AGRICOLO, Poemetto colorico fulgurale per pendoli e voci, con Rita Bonfiglio, Campanotto editore, Udine 1989.
Ricapitolazione (1997 crash)
***
il volo fu relativamente breve. l’aereo era più piccolo del primo. due uomini si avviarono verso una limousine che li attendeva. la macchina, il nastro adesivo fissato al retro dei sedili pieghevoli. guardai la macchina.
sto guardando la macchina, sto guardando un piccolo spazio recintato. la forma dei segnali radio, ogni numero è una finzione. la pelle, sì. l’aria viziata di un angolo di un bar. decine di pagine. sto scrivendo ciò che progetterò e complotterò di nascosto. scatti di rabbia occasionali, raffiche di insulti. le caverne sono meccanismi. il ciglio di una pozza è un meccanismo. il rumore d’acqua, i sensi, un apparato sensoriale privo di connotati e forma. tutto è meccanismo. tutto è un meccanismo di prova, come nell’animale. le sollecitazioni ambientali, una presenza separata. la rapidità, la chiarezza del meccanismo. la consapevolezza è qualcosa di più grande di questa caverna vivente. le pistole, sulle schiena. il linguaggio, o la matematica. mi sento stanco. sparare, e poi affermare che le cose si verificano al contrario. sparare e poi rovesciare gli sviluppi storici del campo. sparare, alle figure, ai bambini.
sto spingendo lo sguardo oltre le palme, fino all’enorme imboccatura a cupola del tunnel. sono praticamente solo su una remota massa di lava rappresa. nulla si riferisce alla desolazione circostante. un ammasso compatto di fusti metallici. ho voglia di fare un giro. il cavo di un generatore, penso, potrebbe essere una costante fonte di irriducibile piacere. sì, ma come. qui dentro, voglio vedere cosa si combina. ogni cosa potrebbe essere il contrario. la sigaretta continua a spegnersi. il corso delle nostre vite, al contrario. […]
Marco Mazzi è nato a Firenze nel 1980. È artista e fotografo. Laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Firenze, ha studiato pittura (tecniche contemporanee) presso l’ADA (Accademia d’arte) di Firenze. Ha preso parte a numerose residenze e workshop (con Jorge Peris, Base, progetti per l’arte, Firenze, 2007, Department of Eagles, Tirana, Albania, 2013-2015, Debatik Center, Tirana, Albania, 2016-2019). Ha realizzato video installazioni per il 798 Art District di Beijing (2006, a cura di Sergio Risaliti), il Komaba Museum di Tokyo (2007, a cura di Hideyuki Doi), il Watari Museum di Tokyo (2008, a cura di Koichi Watari), il MLAC (Museo laboratorio arte contemporanea) di Roma (2009, a cura di Lorenzo Carlucci), il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (2018, a cura di Carlo Sala). Ha preso parte a importanti rassegne e mostre collettive sulla video arte internazionale, come la mostra “Il medium disperso” (MLAC, 2010). Fra le mostre personali, ricordiamo “Alessandro Piangiamore - Marco Mazzi” (2007, a cura di Gaia Pasi, Galleria Daniele Ugolini, Firenze), “Sussuntivi” (2018, a cura di Erica Romano, Galleria Cartavetra, Firenze). Nel 2015 è stato fotografo di scena per il progetto “Albanian Trilogy” di Armando Lulaj (Biennale di Venezia, Padiglione Albania, a cura di Marco Scotini). Vive e lavora fra Firenze, Tokyo e Tirana.
Da “La vita così com’è”, Marco Saya Edizioni, 2018
***
Virtus
Mi condensa il tuo disagio o lo raggruma
il fluido sotto il cranio e non
conosce opposizione alcuna
se dallo smartphone ignoro il tuo dolore
scomposto nei caratteri: rivedo
il medesimo dolore attraversare il preadolescente
che mi guarda sottrarlo alle attenzioni
della madre mentre replico il terremoto
e ne amplio la portata – le scosse cerebrali non
ci danno tregua.
Fuori le mura dai tendoni
le urla ci dicono la vita o una sua protesi.
***
La vita così com’è
Il tavolo al centro della stanza non
sa di essere un oggetto dato dal confluire
dei molteplici punti di vista io che ne sono
consapevole mi sento superiore ma
ne provo vergogna; tutti questi oggetti che nomino
come altri da me possiedono qualità sensibili che non
si danno senza un soggetto che permanga a questo penso
mentre scompongo il tavolo in una somma di forze
che è pari a zero: anche la vita è questa somma
di forze cui non sappiamo dare un nome
lo ripeto mentre cresce l’ansia dalla superficie
delle cose e manca un ordine formale
precostituito che sappia conferire un senso
se ripenso all’istante appena trascorso
oltre il caldo di maggio per esistere ancora,
compiutamente. Quando conferisco un nome
ad un oggetto compio un’operazione che mi è in parte
estranea il nome essendo una convenzione: anche voi
siete questo quando vi celate dietro una verità
di superficie e siete altro da voi stessi dite io
per paura di perdervi e mutate di continuo
se una forma di angoscia ci attraversa
e stare al mondo è più complesso. Vivere
con crudeltà estrema ed espletare le funzioni
biologiche sono la stessa cosa, mi ripeto
mentre osservo il tavolo sottrarsi
ad ogni scomposizione e conosco la vita
così com’è.
Valentina Murrocu è nata a Nuoro nel 1992. Laureanda in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. Ha pubblicato nel 2018 la sua opera prima di poesia, La vita così com’è, per i tipi di Marco Saya Edizioni.
Da “Sulle interruzioni”
***
Vorrei ammazzarti in mezzo ai fiori,
ma è solo un lapsus di lettura.
La bandiera svizzera sul balcone di fronte è invisibile al buio.
Ne distinguo i contorni,
progressivamente,
mentre il cielo si fa bianco,
così pallido che l’alba è un canto di uccello senza colore.
La facciata del palazzo sputa i suoi dettagli,
uno per uno.
Il cane sdraiato dietro l’inferriata è una panca di legno.
Un occhio scivola sul fremito veloce del basilico violaceo e non so più se ho sfiorato le tue labbra.
Ero già un passo avanti nella stanza di fianco.
Bisogna sapere di poter tornare
-tu dici-
ma io ho già dimenticato dove.
***
Malattia è la definizione corrente
per un pensiero che riposa con un braccio al muro
e una mano nella bocca per recuperare il tempo perduto.
Faccio lo stesso e voglio che sia diverso.
Spietato giudizio
senza scampo,
fermare le parole a cui dare ascolto anni prima.
Clio Nicastro (Palermo, 1984), nata e cresciuta in Sicilia, vive da quattro anni a Berlino dove lavora come ricercatrice in filosofia e teoria del cinema all’ICI Institute for Cultural Inquiry. Recentemente ha scritto su Aby Warburg, Harun Farocki, Adelina Pintilie, Philip Scheffner, Agnès Varda e, nell’ambito della sua riflessione sul concetto di empatia, sta sviluppando un progetto sulla rappresentazione cinematografica dei disordini alimentari.
Nel 2012, nell’ambito del programma delle residenze d’artista “Salotto contemporaneo” promosso dal Museo Lucio Piccolo (Capo D’Orlando, Messina), ha presentato la raccolta di poesie e illustrazioni (di Tothi Folisi) Il libro segreto dei cani morti.
Da “L’inferno del nostro portento”
Metafisiche da passeggio
2.
Tra basso cielo e vasta terra concedersi una tregua:
una promessa di purezza totalmente disarmata,
il nostro armamentario inferno deposto per la resa
e aprirsi al perdonare come sempre fa la retina
ogni qualvolta che, nel suo duplice affabulare,
il mondo capovolge spacciandolo per vero.
Simulacro intellegibile tutto mirato a lucido
sottoposto a ragionevole interpretazione
ben oltre i sacri canoni del giorno e della notte
le ambigue volontà del sonno e della veglia
perché materia ardente materia oscura,
progetto sintomatico dell'endoverso,
qualunque fosse all'origine la causa del dividere
l'oggetto del comprendere, in conclusione
caduti come fragili conchiglie, gettati a capofitto
tra le scabrosità dell'ego, guerreggiando, stiamo.
Sperduti a dismisura in ogni pianto nascituro,
in luogo alieno a qualunque verità di fuga,
senza requie: respiro per singolo respiro.
Un velo esteso dentro e fuori e tutt'intorno
come se al mondo fosse un altro del tutto estraneo
al ciclo circadiano a sognare l'umanità che erige
il muro quotidiano dei fatti e dei misfatti.
Per tutto il resto di certo non bastano le forze
che appena appena avanzano a porgersi domande
che ansiose tremano e volteggiano nell'aria
in trepidante attesa che oracolo risponda,
sperando, invano, che orecchio le raccolga.
Istante per istante, sorge e risorge il moto
dei pianeti: e nel punto preciso, incrocio di creato
e ricreato, si compie l'ennesima illusione: il trucco
del coniglio che spunta dal cilindro del mago universale.
Forse se avessimo guardato da un altro punto d'osservazione,
diretto, con mirabile saggezza, l'intero caleidoscopio
su cieli assenti e galassie tra gli specchi,
senza mai contestare il prodotto eterno lordo
del buio e della luce, o se avessimo solo goduto
il senso univoco dei fiori e dei colori
senza mai offuscare il lume dell'artista
forse staremmo tutti in pace e finalmente liberi.
Gabriele Pepe, nato a Roma il 14 novembre 1957.
Libri pubblicati:
PARKING LUNA - edizioni Arpanet (Milano) 2002;
DI CORPI FRANTI E SCAMPOLI D'AMORE - edizioni Lietocolle Libri Faloppio (Como) 2004;
L'ORDINE BISBETICO DEL CAOS - edizioni Lietocolle Libri Faloppio (Como) 2007;
Presente nell'antologia OGNIPAROLA HA UN SUONO CHE INVENTA MONDI - edizioni Arpanet Milano 2002;
Presente nell'antologia: FOTOSCRITTURE - edizioni Lietocolle Libri Faloppio (Como) 2005;
Presente nell'antologia: POESIA DEL DISSENSO II – a cura di Erminia Passananti -Edizioni Joker - Collana Transference;
Presente nell'antologia: BLANC DE TA NUQUE - Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea - Edizioni Le Voci Della Luna (2006- 2011) a cura di Sergio Rotino - Collana Segni;
Presente nell'antologia FORME CONCRETE DELLA POESIA CONTEMPORANEA - studio critico a cura di Sandro Montalto - Edizioni Joker;
Presente nel progetto Mini concepts arte. Guernica dopo Guernica. Filamento di tungsteno di Gabriele Pepe, Roberto Vaccari edito da ARPANet, 2006.
Finalista, segnalato e vincitore in diversi tra i maggiori concorsi di poesia.
Suoi testi, recensioni e segnalazioni sul suo lavoro sono apparsi:
- SULLA RETE: pseudolo.it; poiein.it; edizionijoker.com (Frontiere); rivistasinestesie.it; sagarana.net; porpore.com; nabanassar.com; Vicoacitillo, lietocolle.com (segnalazioni a cura di Giovanna Frene) , La Poesia e lo Spirito, ViadelleBelleDonne, absolutepoetry, Blanc de ta nuque - Golfedombre, Imperfetta Ellisse, L'ombra delle parole e molte altre;
- SU CARTA: L’Avvenire, Tuttolibri (inserto de: la Stampa) Il Segnale (n.63/2003 e n. 66), Il Segnalibro (dicembre 2002), Spiragli, Storie (n.50), Il Foglio Letterario (marzo 2003), Tam Tam, Stradafacendo, La Clessidra, Poiesis, Tirature ’03 (Ed. Il Saggiatore 2003), Gradiva n. 27/28 (spring & fall 2005) La Mosca di Milano, Polimnia, Testuale e altre.
Da “Omonimia”, Interlinea, 2018
***
Tommaso (#4)
Il nipote di Tommaso si ferma lungo il sentiero e richiama a gran voce l’attenzione del nonno, dicendogli di venire a vedere cosa ha trovato. Tommaso gli spiega che si tratta dell’esoscheletro di un insetto, abbandonato dopo la muta. Un artropode in sviluppo si libera periodicamente della cuticola che lo avvolge, come se si trattasse di un vestito ormai troppo stretto, concentrando la sua crescita corporea nelle fasi di muta. L’episodio gli richiama alla memoria un sogno vecchio di anni, che all’improvviso ricorda perfettamente, in ogni minimo dettaglio.
***
Nina (#1)
Quando ne nota una la estirpa, ma di solito si riforma rapidamente, in un altro punto dell’appartamento. Una lotta impari. Ricrescono come erbacce. Sono ragnatele sottili e perfette, costruite ad alta quota, agli angoli del soffitto. Vibrano per correnti d’aria quasi impercettibili. Come reti, trattengono la polvere e alcuni dei pensieri sospinti dal calore verso gli strati più alti e rarefatti dell’atmosfera interna alla casa. Da terra sono visibili soltanto in particolari condizioni di luce, quindi piuttosto difficili da individuare durante le pulizie. Talvolta, prima di rimuoverle, Nina ne ammira la perfezione. Per ragioni imperscrutabili, le sembrano opere incompiute: l’ossatura trasparente di un progetto più ambizioso.
Jacopo Ramonda è nato a Savigliano nel 1983. Scrive testi collocabili in un’area di confine tra poesia e racconto. Ha pubblicato Una lunghissima rincorsa (Bel-Ami Edizioni, 2014, a cura di Silvia Lombardo), con una prefazione di Andrea Inglese e illustrazioni di Ilaria Bossa, e Omonimia (Interlinea, 2019, a cura di Franco Buffoni). Una selezione delle sue prose brevi è presente in Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2017, a cura di Franco Buffoni), con una prefazione di Umberto Fiori. Le sue prose brevi sono state pubblicate su «Nazione Indiana», «Nuovi Argomenti», «Le Parole E Le Cose», «L’Ulisse», «Absolute Poetry», «La Poesia E Lo Spirito», «Poetarum Silva», «Formavera», «I Poeti Sono Vivi»; su varie riviste cartacee, tra cui «Atelier» e «Tratti»; sulle antologie collettive Ho tutto in testa ma non riesco a dirlo (Bel-Ami Edizioni, 2012, a cura di Silvia Lombardo), con una prefazione di Simone Giusti, Abitare il deserto (Osservatorio Fotografico, 2016, a cura di Giovanni Zaffagnini) e Paragrafi (Puntoacapo Editrice, 2018, a cura di Pietro Montorfani); sulla plaquette Nicolò (Print & Poetry, 2016, a cura di Giovanni Turria e Parco Poesia). È uno degli autori contemporanei inclusi nella mostra “Ritmo sopra a tutto. Cinquant’anni di storia e di arte al MA*GA 1966-2016”, a cura di Franco Buffoni.
Da “La meta fisica (Enigmi e interstizi)”
Barbarìe
***
Enfer
L'enfer mi rode dentro
gradito ospite o sillaba
tremenda e mio
profondo.
***
Memoria
Memoria tetro limpido contrasto
come l'asfalto rovinato che scotta
che brucia disintegrando.
***
Il buio
Un fitto anfratto di stelle
scadenti. Il cuore aperto. E
stamani è già buio.
***
Sensi
L'abilità dei sensi, ora corrotti
corrotta l'ora nell'adimensionale
spaziotempo, determina
gl'immensi.
Federico Romagnoli, nato a Siena il 31/08/1976 , vive a Murlo (SI).
Laureato in “Competenze testuali per l'editoria e rapporti con i mass-media” c/o l'Università per Stranieri di Siena.
Dottore Ricercatore in Letteratura Italiana Contemporanea c/o Università per Stranieri di Siena con una tesi sul poeta senese Cesare Viviani. Insegna scrittura creativa c/o scuole superiori ed enti privati.
Reading performer, fa parte della CIPM (compagnia indipendente di musica e poesia)
Curriculum letterario pubblicazioni:
“Maschere in quiete”, Tipografia senese, Siena 2001.
Presente nelle antologie poetiche “Registro di poesia 2” e “Registro di poesia 3” per D'If edizioni, Napoli.
Presente nella raccolta poetica "Scantinati per meduse e fiori di cristallo", Giulio Perrone editore, 2010, Roma.
"Carne diem", Zona editore, Arezzo 2010. (finalista Premio Carver).
"L'abirinto", Giulio Perrone editore, Roma, 2011. (vincitore Premio Fili di Parole).
“Stop (e) motion”, Edizioni d'If, Napoli 2012. (vincitore Premio I Miosotìs).
“Pozzo di butto”, poesie per le opere di Andrea Fagioli, Grafiche Bellucci, Siena 2016.
“In nome del mio demone privato”, Oedipus Edizioni, Salerno 2018.
Da “Sedute in piedi”, Oèdipus edizioni, 2017
***
Dodicesima ora di lavoro
[…]
Dottoressa, il suo schema prevede
vettori ascendenti,
non comprende la parabola al piede:
funzione cui l’ansia espone i perdenti.
La parabola, come una lama,
fende il piano crocifisso dagli assi
riducendo l’insieme di due incognite al vano
arginare l’ignoto per contarne i passi.
Dottoressa, il mio anaforico richiamo
rivela il bisogno dell’esca e dell’amo,
anche se non sono con lei la sua voce
è per me la sirena che allerta
quando il mio corpo diventa la vela
di un’immaginazione troppo precoce.
Ti ostini nei delirii premonitori
prevedi il bene, il male e gli orrori,
risparmia al presente il bisogno
di relegarsi al mondo, non al sogno!
Lei crede che cambierei?
Che il presente immanente ad ogni saprei
ieri era tutto e domani niente?
Io rimando alla sua competenza i miei dubbi,
cosa può offrire il mio intuito alla scienza?
Il mio è lo studio dei furbi
ricorre ad uopo all’impotenza,
al triplice asse dei cubi
oppone il segmento della sentenza.
Ora lei guarda l’orologio,
il linguaggio dei gesti è palese,
ben più delle astruse pretese
che io pavento nel mio sproloquio.
Quindi raccatto i frammentari arti
del mio bene, svuoto le mani piene,
e, nei reticoli stradali della provincia,
ripenso agli stampi dalle forme interne
sui quali ruoto.
Giulia Scuro, vive e lavora a Napoli. Dottoressa di ricerca in Letterature comparate, i suoi ambiti di studio sono la Letteratura francese e la Storia della medicina. Autrice della raccolta poetica Sedute in piedi (Oedipus, 2017), opera inedita finalista al premio Pagliarani 2016 e vincitrice del premio Aoros 2018 (sezione editi). Ha partecipato a reading e performance poetiche nell'ambito di rassegne fra cui lo Speculum Celestiale. Dialettiche del naturale (a cura di Maurizio Elettrico, Domenico Mennillo e Raffaella Morra) e I Poeti di Napoli: i nuovi leggono in classici (Fondazione Premio Napoli). Sue poesie sono apparse in rivista su Levania e Trivio, sul blog letterario Nazione Indiana e in volumi collettivi.
Da “Fughe”
***
In te un nodo ho scorso di schemi
e di parole, ho trovato in te
financo il sole ingarbugliato nelle liane.
Lo sciuride risale a rubarti un'intuizione
e poï fugge su,
tra le fronde in cui si strugge e si nasconde.
Già dall'abisso tu ti siedi affiso
o pratichi il sentiero irto in cui
non-vivo ad inseguirti, ablativo.
***
no, non era la coscienza
a soggiogarmi in questo fitto
stuolo
di foglie secche e rossegialle (in cui
annego a capofitto). Non nego:
lui era affatto la potenza, a cui
tu manchi sempre; atto
per la qual cosa forse all’agere che anche (in quanto)
è inerme - per diritto; per pura conformazione
dei nostri ranghi. Giacché quando
tu vedi, egli non è - e quando
tu non sei, pur sempre
da te per sua definizione propria
(tu vedi, egli non è) dipende.
Renato Sida, nato ad Albegna nel 1992, è dottorando in Filosofia presso l’Università di Genova. La sua opera prima, Ermeneutica (Erga 2013), lo ha spinto per ragioni estetologiche e personali a privilegiare nel tempo una dimensione intima della poesia e a distaccarsi dalle forme di autoreferenzialità autoriale.
Da “Affinitudini”
***
Permutazioni
Non sono sensazionale. Non ho nemmeno capito come ci si può destare la mattina
scolpendo incauti sorrisi, giacché le gocce del risveglio mi
paiono sempre assai amare, non così deliziose come taluni decantano.
Gli elementi della terra mi invitano a non articolare insani suoni
di agevole interpretazione, poiché nessuna delle mie sverniciate parole
sa contenere un solo zic di vera e non contraffatta eternità. Ma più nessuno
parla di eternità, tutto pare confinato nelle disarticolate pietre di una stradina acclive
che si incunea nei cespugli sempre più fitti della notte e porta dove nessuno
sa andare. Voci che rimbalzano alle pareti confondono il buio, il mio
buio disordinato. L’eternità è a terra e aspetta di essere soccorsa da una lettiga.
A Brisighella, nell’ottavo giorno d’agosto del 2018.
Un mercoldì.
***
Memorie della corvetta
Da qui si vede il mare. È una montagna
affogata sotto l’inganno della luce che si precipita
a morire. Da qui si vede il mare. È un grande display
blucobalto dove si illuminano bianche le scie
lasciate dalle mani che ne carezzano la pelle e ne indicano i confini.
Anche, si vedono tutte le ditate che vi ho lasciato io negli anni
in cui lo stropicciavo senza notte e senza giorno. Il mare
è una cisterna di silenzio vuoto, e lo so bene io
che ne sentivo il doloroso parlare, il tenebroso ferire
della sua infiammata rabbia. Da qui
si vede il mare. Da questo abisso
privo di senso in cui mi condanno a rugginire
vedo il mare. E il mare vede me. E mi divora.
Roberto Uberti, milanese classe 1961, vive tra Milano e Bologna. Si occupa di temi legati alle risorse umane.
Nel 2010 ha pubblicato con L’arcolaio la sua prima raccolta di poesie “Urgimi addosso”, recensita anche da Roberto Carifi sulla rivista “Poesia” di ottobre 2010.
Nello stesso anno ha vinto la quinta edizione del premio di poesia “Emilio Gay” patrocinato dalla Regione Piemonte e dal Comune di Torino (Presidente della giuria: Guido Davico Bonino), classificandosi terzo nell’edizione successiva.
Suoi lavori sono stati segnalati nella XXVI edizione del premio di poesia “Renato Giorgi” e nella XXIV edizione del premio di poesia “Lorenzo Montano”.
Nel 2011, sempre con L’arcolaio, ha pubblicato la sua seconda raccolta, “Dei bui”. Roberto Carifi ne ha parlato sulla rivista “Poesia” di dicembre 2011.
Da “Le nespole e la canaglia”, Affinità elettive, 2018
***
Negrieri
1.
B. chiude gli occhi e dorme invece di gridare,
scopre di essere
pigra invece di sperimentare
(legge poesie sentimentali).
B. respira con regolarità.
1.1.
B. è reticente, non parla ma non protegge
nessuno. D’altra
parte nessuno offre
garantisce la parola. Chi fa domande, lo fa
per dovere, visto che non si riesce a trasformare
le risposte in piacere (pubblico/politico).
B. ha ragione di essere reticente.
2.
La fabbrica è muta. La fabbrica è piccola e si trova
nell’entroterra. La fabbrica è piccola e diffusa.
A luglio nella
fabbrica sconosciuta c’è molto calore e molta
umidità. B. si sente sommersa, respira con difficoltà.
2.1.
I tempi della fabbrica sono interi, si recuperano
tutti i minuti
dell’intervallo. Il padrone stabilisce la produzione,
regola la velocità. B. per fortuna misura i ritmi
sulle chewing-gum e sulle sigarette. I rumori alti
impediscono le parole. La radio
locale scelta democraticamente è accesa e sforna
dance e
pubblicità spicciola. B. è ferma da tempo nello
stesso posto,
ha lo sguardo concentrato e ha imparato bene
i gesti necessari
(d’altra parte, se sai fare una cosa ti ci tengono).
Angelo Verdini vive a Palazzo d’Arcevia, in provincia di Ancona, dove è nato nel 1951. Per quanto riguarda la poesia, ha pubblicato: Ben ritrovata, terra (Arcevia, 1971), Poesie (Roma,1973), Mi diverto e m’arrabbio (Terni, 1977), Alibi e latitanze (Ancona,1985). Recentemente ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti Prula e gli altri (Ancona, 2018)
Da “Del fare spietato”, Arcipelago Itaca, 2019
***
Più idee che lingua
Suole la lingua battere
Duole l’idea cattiva
È un’afta che rende orbi
E invece non c’è lingua
Senza un’idea che soffra
All’interno della cassa armonica
Soffia la voce senza fiato
Muore la lingua il mantice
Muove ogni sillaba che non
Ristagni nell’incavo dei bulbi
Risuona delle voci più tenere
Richiamano la nostra attenzione
Una due tre gocce talora bastano
Per renderti parte del discorso.
***
Non è più rappresentabile
Questa mia opera orale
Non lo sono le lettere anonime
Se lasciate per terra assolate
Non lo sono gli arti di latta
Si sente che non c’è più polpa
Non lo è più la carne
Se viene esibita allo sguardo
Le ossa sono tutte uguali
Se le guardi vive o morte
Non rispondono più di nulla
Non c’è più colpa senza carnefice.
Pasquale Vitagliano. È nato a Lecce nel 1965. Vive a Terlizzi (BA) e lavora nella Giustizia. Giornalista e critico letterario per riviste locali e nazionali. Nel 2006 ha curato la sezione riservata a Italialibri dell’Antologia della Poesia Erotica (Atì editore). Ha pubblicato le raccolte Amnesie amniotiche (Lietocolle, 2009) e Il cibo senza nome (Lietocolle, 2011). Nel 2010 la silloge di poesie civili Europa è stata inserita nell’antologia Pugliamondo (Edizioni Accademia di Terra d’Otranto Neobar). Nel 2011 ha partecipato alle opere collettive Impoetico mafioso curata da Gianmario Lucini (Edizioni CFR) e La versione di Giuseppe – poeti per Don Tonino Bello, curata da Abele Longo, (Edizioni Accademia di Terra d’Otranto). Nel 2012 la silloge Dieci Camei è stata inserita nell’antologia Retrobottega 2, curata da Gianmario Lucini (Edizioni CFR). Sempre nel 2012 è uscito il romanzo d’esordio, Volevamo essere statue (Sottovoce). Nel 2015 ha pubblicato la raccolta Habeas corpus (Zona contemporanea, 2015). Nel 2015 è tra i premiati nella sezione cultura e costume del Premio “Michele Campione” dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia. Come critico ha partecipato all’Antologia Sotto il cielo più largo del mondo. Trenta poeti dauni, a cura di Canio Mancuso e Raffaele Niro, (I quaderni dell’Orsa, n. 14, Besa editrice, 2016). È tra gli autori del saggio critico La Memoria, a cura di Antonio Melillo e Giancarlo Micheli (Giuliano Ladolfi Editore, 2016). Nel 2016 è uscita la plaquette 11 apostoli (poesie sul calcio) ancora con Zona contemporanea. Nello stesso anno esce il romanzo Le voci del Pretorio. Una storia incredibile per David & Matthaus. Nello stesso anno viene pubblicato il terzo romanzo, Sodoma, pubblicato da Castelvecchi. È capo-redattore della rivista Menabò (Edizioni Terra d’Ulivi). Nel 2019 per Arcipelago Itaca esce la raccolta di poesie Del fare spietato.
Da “Lo stato dell’arte”
STARE AL GIOCO
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Si nascondono le cose in piena luce
misteriosa eclisse nell’evidenza di sé
scolpita nel fulgore dei propri contorni
tesa è la volontà del dire
il limite felice d’esserci
umile e potente verità
precipitata in solo un minuto
è la ribelle presenza che si oppone
al grumo malefico della natura
volgendo lo sguardo verso la sera
che è come l’acqua che spegne il fuoco
e scalda la terra con la nostra cenere.
***
Posano le cose
il loro sguardo assente
sul nostro volto stanco
deridono lo slancio delle mani
nell’anemia della luce che ritorna
dal contrappunto al tema dominante
ormai disperso nel labirinto
di presagi recitati sottovoce
naufraga l’attesa che liberi
lo spazio dalla diaspora
del tempo, immobile, tradito,
tramortito.
Stefano Vitale vive e lavora a Torino.
Nel 2003 ha pubblicato (con Bertrand Chavaroche e Andy Kraft) la plaquette Face (Ed. Palais d’Hiver, Gradingnan, Francia, nel 2005 Viaggio in Sicilia (Libro Italiano, Ragusa), Semplici Esseri (Manni Editore, Lecce). Per le Edizione Joker ha pubblicato Le stagioni dell’istante (Prefazione di Mauro Ferrari, 2005) e La traversata della notte (Prefazione di Giorgio Luzzi - 2007).
Nel 2012 ha pubblicato Il retro delle cose (Premio “Va pensiero – Soragna – 2018) presso le edizioni Puntoacapo (Prefazione di Gabriella Sica); nel 2013 per PaolaGribaudoEditore la raccolta di poesie “Angeli” (con illustrazioni di Albertina Bollati) che ha dato vita ad uno spettacolo di teatro-danza andato in scena al Teatro Astra il 12 maggio 2014.
Nel 2015 ha curato (con Maria Antonietta Maccioccu) la raccolta di poesie “Mal’amore no” edito da Se Non Ora Quando. Nel 2016 ha partecipato alla mostra del pittore Ezio Gribaudo “La figura a nudo” con una plaquette di 24 poesie pubblicate in mostra e sul catalogo. Nel 2017 ha pubblicato presso l’editore “La Vita Felice” la raccolta “La saggezza degli ubriachi” (finalista Premio “Poetika” 2018 – Primo premio “Città di Moncalieri (2018); Primo Premio “I Fiori sull’acqua”, Imola (2018); menzione Premio “Città di Galatone” (2018)
Sue poesie sono pubblicate in riviste (Gradiva, La Clessidra, Cenobio), blog (Atelier, Pioggia Obliqua, Poetydream, YAWP Giornale di Letteratura e Filosofia, Poesia del Nostro Tempo, Flavio Almerighi Blog, Italian Poetry, ) e antologie (tra cui ricordiamo “Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta “ (2012) e “Il Fiore della poesia” (2016) entrambe da “Puntoacapo” edizione. Sue poesie sono tradotte in inglese e pubblicate nel marzo 2019 sul “Journal of Italian Translation” (2019).
Da “Zerbino - utopie del corpo”
Allegorie del corpo in movimento
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lasciato il sentiero, le altimetriche
previsioni, nelle discese sfatte di
pietraie, in stagni dove saltano grilli
ginocchia, mento, nocche
in attesa che il monte riveli
il masso destinazione.
Prima che faccia buio,
e in ogni caso disporsi
ad altro ritrovamento.
***
storia è un pezzo di strada
dai miei piedi ai tuoi.
Porta che si apre
sulle fondamenta svelate,
aria mossa da un fiato.
Il resto è stiparsi del quotidiano
provviste di fatica
il sosia e i suoi pari.
Annarita Zacchi vive e lavora a Firenze. È insegnante di Lingua italiana all’Università Europea (EUI) di San Domenico e alla New York University (NYU).
Tiene inoltre laboratori di scrittura e camminate letterarie. Cura e collabora ad eventi culturali, tra cui il Festival of Arts EUI e il festival di Poesia Internazionale Voci lontane voci sorelle.
In passato, ha lavorato come giornalista e redattrice presso quotidiani e case editrici. Laureata in Filosofia, alla didattica a stranieri affianca lo studio e la divulgazione della poesia, pubblicando su riviste e volumi collettivi.
Rotte Terresti, Teseo Editore Roma 2014, e Voi e lo sparso, Chipiuneart, 2015 Roma, sono le sue prime due raccolte di poesia. Altre sue opere poetiche sono state pubblicate su riviste di poesia quali Semicerchio, Clandestino e nel volume collettivo Varianti urbane, mappa poetica di Firenze e dintorni, Damocle Edizioni, Venezia. Ha realizzato alcune letture sceniche da raccolte proprie, tra cui Lavoro e antilavoro. Sogno dell’insegnante errante, con suoni, video e registrazioni di Leonardo Gandi. Collabora da anni con associazioni culturali e gruppi di ricerca sulla poesia contemporanea.
Da “Materia di vita”
SPAZIO IN LUCE
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11
IL COSTO DEL NON DETTO
Nel vuoto d’aria dopo il grido
il senso si sostanzia
entro il riempimento dei polmoni.
Trasuda dagli occhi tutta
la creta che non ha preso forma
e da altri occhi si lascia modellare
lontana dalla prima intenzione.
Anche il non detto
svapora il suo vero
e talvolta ha il maggior prezzo.
***
19
Chi legge il mondo su assi cartesiani
naviga di albero e di boma.
Trascura la diagonale della vela
smarrita nel fileggio,
che sbatte e si ritorce
inarca e si distende
libera
e tutta esposta al vento.
Camilla Ziglia, nata (9/1/70) e residente a Brescia, insegna Lettere Classiche in un liceo. Da poco più di un anno ha portato alla luce componimenti poetici partecipando a concorsi letterari in cerca di conferme che si sono immediatamente rivelate, e di grande soddisfazione.
Se ne elencano alcune:
-premio speciale della giuria nella XXV edizione del premio internazionale di poesia inedita “Ossi di seppia”
-per due volte tra i dieci finalisti nei concorsi fotopoetici promossi da "Licenza poetica" (2018 e 2019)
-vincitrice assoluta per poesia a tema libero concorso internazionale di poesia “I colori dell’anima” 2018
-seconda per poesie a tema in “I colori dell’anima” 2018
-seconda per tre poesie a tema ne “Il Sublime” edizione II, 2018 (segnalata nell'edizione precedente); una silloge più ampia è stata inserita, insieme a quelle di altri sei autori, in un'antologia speciale selezionata dalla giuria
-“vicinissima al podio” è stato proclamato alla premiazione degli autori selezionati al XXIV concorso “Ossi di seppia"
-terzo posto concorso “Le occasioni” 2018
-tra i vincitori della sezione per poesia religiosa "Parole e poesia" 2019.
Pubblicata dalla rivista “Atelier online”, sui siti "La dimora dello sguardo", "Nessunolegge", recensita su "I Fiordalisi".
Parte degli autori selezionati per l'agenda “Il segreto delle fragole 2019” e "iPoet" di febbraio 2019 Lietocolle.