Maria Zambrano

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Maria Zambrano, una delle filosofe più originali del Novecento, nasce nel 1904 a Vélez Málaga in Spagna. Allieva di Ortega y Gasset, con cui collaborerà alla “Revista de Occidente”, si laurea in filosofia all’Università di Madrid. Cresciuta in un ambiente familiare culturalmente vivace (il padre è amico di Machado) e di stampo socialista, scrive articoli per riviste e giornali progressisti e nel 1928 diviene portavoce della Liga de Educación Social. Partecipa attivamente alla lotta repubblicana contro la dittatura di Primo de Riveira, che cade nel 1929.

Maria è appena uscita da un lungo periodo di malattia, dopo aver contratto la tubercolosi. Questa esperienza, che la segnerà profondamente, è un po’ l’emblema di una vita tormentata, caratterizzata anche da difficoltà di natura economica, ma capace di esprimere una fecondità e originalità di pensiero davverro singolari.

Nel 1930 vede la luce la sua prima pubblicazione: Horizonte de Liberalismo. L’anno successivo assume l’incarico di Professore ausiliare di Metafisica alla Università Centrale di Madrid. Si apre per la Zambrano un periodo di intensa collaborazione con numerose riviste filosofiche.

Nel 1936 si trasferisce a Santiago del Cile, a seguito del marito nominato segretario della Repubblica Spagnola, ma rientra in Spagna lo stesso anno per partecipare agli atti finali, dal lato dei repubblicani, della Guerra Civile. Nel 1939 fugge in Francia con famiglia, condannata ad un esilio che durerà 45 anni, attraversando la frontiera a braccetto con Antonio Machado. Nello stesso anno esce Filosofía y poesía.

La condizione di esule la porta a vivere e a insegnare a Città del Messico e quindi a Cuba (dove fa amicizia con Lezema Lima). Nel 1946 ritorna in Francia a causa di un aggravamento della salute della madre, che muore tuttavia il giorno prima del suo arrivo. Ritrova la sorella Araceli, molto provata dalla permanenza nei lager nazisti, e non l’abbandonerà più. A Parigi conosce Malraux, de Beauvoir, Sartre e stringe amicizia con Camus.

Dal 1949 al 1953 vive di nuovo a La Habana, dove scrive Delirio y Destino, per poi trasferirsi a Roma, dove sosterà per nove anni fino al 1964. Qui incontra Vittoria Guerrini, alias Cristina Campo, e il suo compagno Elemire Zolla, con i quali resterà amica fino alla loro morte. A Roma frequenta circoli letterari dove incontra Alberto Moravia e Elsa Morante ed esuli spagnoli come Rafael Alberti.

Dal 1964 al 1980, salvo brevi parentesi, risiede a La Pièce, vicino a Ginevra, dove elabora i materiali che più tardi, dopo il suo rientro a Madrid, verranno raccolti nei volumi Los Bienaventurados, De la Aurora, Notas de un método.

Nel 1972 muore Araceli. Segue un lungo periodo di isolamento, fecondo per la sua ricerca filosofica, in cui scrive Claros del Bosque.

A partire dal 1980 arrivano i primi riconoscimenti del valore del suo pensiero dalla Spagna, dove rientrerà soltanto nel 1984, stabilendosi a Madrid. Nel 1988 è la prima donna ad essere insignita del Premio “Miguel Cervantes”.

Muore, sempre a Madrid, nel 1991 e viene sepolta nel cimitero di Vélez Málaga.