Il Sacrificio di Diotima: un'Anima bella dell'Iperone di Friedrich Hölderlin

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CIÒ CHE RESTA LO FONDANO I POETI

Nominare, fondare, svelare, chiamare: in troppi modi si è cercato di attribuire una definizione concreta all’attività del poetare. Cosa il Poeta nomini, fondi, sveli o chiami; perché lo faccia e in che modo: sono questioni, queste, di cui tale ricerca, con l’aiuto di una passione che ne ha favorito una forse troppo alta aspirazione, propone di intravedere l’ombra di una risposta. Ma la sagoma di un’ombra resta pur sempre sfuggente ed eterea: forse non c’è modo di darle materia; forse per noi comunissimi mortali è solo questo che, al massimo, può essere offerto. Ma qualcuno c’è − o perlomeno c’è stato − a cui il superamento del confine è stato concesso: ma è stato un premio doloroso, la maschera beffarda di un tragico sacrificio. Friedrich Hölderlin (1770-1843) e la sua tragica esperienza − privata oltre che artistica – ci offrono, pensiamo, l’aiuto più prezioso rispetto a questa questione: saranno anche altre le personalità chiamate in causa; ma è il Poeta ad essere protagonista, basso continuo dell’incerta melodia di cui cerchiamo di identificare le note, seppur consapevoli del certo fallimento.”

Così inizia “Il Sacrificio di Diotima: un’Anima Bella nell’Iperione di Friedrich Hölderlin”, la tesi di laurea che Lorena Jessica Alfieri ha discusso con il prof. Giampiero Moretti all’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale», facoltà di «Lettere e Filosofia», corso di laurea in «Lingue, Lettere e Culture Comparate», anno accademico 2011-12, voto 110 e lode.