Sabato 13 ottobre 2007 ore 11:20 - Le poetiche di Anterem (Italia)


Ore 11:20
Poetiche di Anterem
Testi di Ranieri Teti e di Gabriella Drudi presentati da Flavio Ermini e interpretati da Alessandro Quasimodo
Musica originale composta ed eseguita da Francesco Bellomi

L’editoriale dell’ultimo numero di “Anterem”, a firma di Flavio Ermini, inizia così: «La parola poetica trattiene due movimenti. Uno è discendente, e propone il passaggio dalla presenza all’allontanamento. L’altro è ascendente, e impone l’apparizione».
Apparentemente misteriosa, questa frase in realtà esprime un concetto molto semplice. Ci indica che l’onda creativa ci porta all’essere, alla pienezza della parola e del senso solo dopo una cancellazione, dopo un moto discendente che torna a narrare la vicenda della nascita. Da lì, da quel seme iniziale si può parlare. Lì c’è il preludio che porterà alla parola poetica, al verso.
Come può avvenire?
Lo indicano due autori italiani: Ranieri Teti e Gabriella Drudi.
Con Ranieri Teti s’impone il passaggio dalla presenza all’allontanamento. Mentre nella prosa narrativa di Gabriella Drudi emerge con forza l’apparizione.
Ranieri Teti (1958), poeta, ha pubblicato tre libri:
La dimensione del freddo (1987),
Figurazione d’erranza (1993),
Il senso scritto (2001). Fondatore e responsabile del Premio di poesia “Lorenzo Montano”. Curatore del periodico on-line “Carte nel Vento”.
Gabriella Drudi, narratrice e storico dell’arte, ha pubblicato prose e saggi critici su artisti contemporanei in riviste e cataloghi. Monografie su De Kooning (1972), Melotti (1979), Afro (1986). Fondamentale il suo “poema meditativo”
Beatrice C. (1979). Veneziana di nascita è morta a Roma nel 1998.
da Biografia di Gabriella Druidi

Da “Biografia”
[...]
Ora io fino alle pietre la seggiola buia senza tornare indietro a quell’ora del giorno o notturna non sentirò più niente non vedrò più niente finito con le mani i barattoli lo stecco di legno portati via da tutti i venti nel soffio di un’epoca arcaica meglio un poco più recente quando gridi e risa quando chiuso nel capannone avendo seguito il percorso al suo solito con la chiave evitando i cespugli di guardia al gregge ad arrivare fin là con il suo passo lungo non gli ci vogliono più di trecentocinquanta secondi. Molti di meno a me che non mi sono mossa e calcolando un secondo per passo con una svista di pochi istanti costretta a trascurare la zona esclusa e non solo a quell’ora senza uscita ma seguente nel vortice di foglie sui vetri infranti e il volo sui tronchi di certo ripetuto a seconda dello stato d’animo o memoria degli alberi sfreccianti e di questa sosta che non finisce. Ma devo raccontare più in fretta altrimenti la storia diventa evidente e contestabile. Nessun finale. Si vede dai giri e rigiri sulla pista. Non per ancora ma per necessità io ignoro non soltanto la seggiola bianca ma il silenzio e l’immensità che parevano diventati il pretesto nascosto.
[...]
Passaggi. Notturni di Ranieri Teti

Passaggi. Notturni
*
nella parte bianca la parte
ferita di derive va al nero
metà colore metà abbandono
in parte annottarsi o cadendo
disgregarsi dove si alza lo sguardo
*
tra i luoghi preferiti dell’insonnia
passa la notte nella sua opera
trasportare la superficie
in cerca di profondità
tra gli smottamenti delle cose
nel silenzio delle due rive
nell’acqua trattenuta dalla sponda
*
ogni parola una stretta
lingua di terra
e poche cose
tra inchiostro e fango
nei luoghi recitati a confine
da voci che guardano
*
nella breve intensità del sonno
in questa brevità sospesa
tra non ricordare non dimenticare
nel passaggio da una mano
che stringe a una che saluta