da “Figli segreti”
Le parole che io dicevo
come rifugi di preghiere e di credenze
clandestine
il desiderio di concentrare vita e morte
nella parola più segreta del corpo.
Quell’unico occhio dell’universo mi chiamava a sé
e io rimanevo animale
che si spogliava di carne e di pelliccia,
dalla lingua squarciata di parole
e i piedi nudi sulla terra
facevano crescere il silenzio che entrava
nelle vene aperte di contemplazione.
Desidero quel disordine immenso
che crea la vita, caverna d’ossigeno
che deriva da un numero primo e sacro
ma sono prigioniera di parole sottintese,
mai esplicite di autentica religiosità,
e la mia ombra morbida consumata dalla strada
si rifugia in fiori che cantano profezie di steli.
Eloisa Ticozzi è nata a Milano nel dicembre 1984.
Sta compiendo i suoi studi all’Università Statale di Milano alla facoltà di medicina.
Scrive per alcune riviste come la Recherche, El ghibli, Progetto Babele e articoli in Milanofree.
Studia in modo autonomo la lingua russa.
Ha pubblicato un’antologia con altri autori: “Il sentiero delle muse”, Rupe Mutevole edizioni.