Anna Maria Farabbi, “La magnifica bestia”, Traven books 2007
Testi poetici
*
Ho trovato la matria la falda acquifera
l’odore nuovo il suono respirando zitta:
la magnifica bestia nella mollica.
Le ho porto corona e regno:
il mio nome e la mia poesia
senza ululato senza melodia via
faccia e canto:
offro al pane
la soletudine della mia nudità regale.
Oltre le polveri gli acari del vecchio abbecedario
dentro cui il peccato e lo scandalo
il senso di colpa e la vergogna: qui ora:
il viaggio è altro. Oltre.
La bacio
mentre sento il divenire della mia sua saliva
e i semi
di lingua in lingua.
*
Per le cose che sai
barcollo fin dentro casa.
Che manca di tetto e pavimento: è il me
profondo.
L’acqua del cielo prende cadendo
lentamente il vuoto
della mia ciotola
e cresce cadendo
nella creazione di infiniti anelli
che continuano a formarsi formarmi
a sciogliersi sciogliermi.
Il pane nella madia in fondo alla mia cucina offre
odore a tutta la terra. La sonorità del lievito.
Quelle nostre cose case impronte digitali come sai
senti come si aprono ci congiungono ci impastano
ci nascono nella morte.
Nota critica di Rosa Pierno
La mente è localizzata anche nel corpo. E le funzioni vitali possono essere diversamente dislocate: il cuore è nell’ombelico ed è l’ombelico che pronuncia la parola cuore. Cuore “scelto da un fulmine per trasmissione \ di luce potenza e precisione”. La natura è ciò che Anna Maria Farabbi asseconda e accoglie. Si fa coppa per raccogliere la pioggia, ma non sfugge al lettore che essa non viene recepita passivamente dall’autrice. E’ attraverso la percezione e il sentimento che la poetessa sceglie la natura come componente essenziale, letteralmente, parte integrante di sé. Natura che viene captata e inglobata e non estroflessa come componente aliena. La sua poesia è un continuo canto di incitamento rivolto a se stessa per rendersi capace di un ascolto sensibilissimo, fremente, in grado non di accogliere il diverso come simile, ma di sentirlo come componente inscindibile da sé. Diventare uno strumento che registri le più flebili apparenze, le variazioni di colore, il respiro del mare, sentire il battito della terra attraverso i piedi e desiderare che trasmuti - attraverso una vera e propria operazione alchemica - nel suo stesso sangue è progetto che coinvolge tutte le facoltà e in modo totalizzante. L’obiettivo immediato è quello di acquisire la capacità di trasformarsi: “L’acqua del cielo prende cadendo \ lentamente il vuoto \ della mia ciotola \ e cresce cadendo \ nella creazione di infiniti anelli \ che continuano a formarsi formarmi”. Ma è una pratica che ha un doppio obiettivo visto che si propone di produrre testimonianza dell’avvenuta metamorfosi in forma poetica e, dunque, si pone un ulteriore processo di trasformazione. E non a caso la forma delle frasi sembra prosciugata, la sintassi consunta come da una lunga ebollizione, ove accanto a sostantivi, potremmo dire di portata elementare (terra, battito, piedi, corpo), ci sono coacervi non solubili nemmeno da un processo di fusione: “Sale \ in tutto il mio corpo il suo battito. Mi danza \ sangue e liquidissima ambra fossile”. Così che possa sussistere accanto a sangue una liquidissima ambra diviene per il lettore chiave di comprensione del processo a cui l’autrice sottopone il linguaggio attraverso l’immaginazione. Siamo in presenza di una natura ricreata da un essere umano. L’autrice scambia il proprio corpo: “L’invisibile multiforme uccellina \ affonda nel mio petto \ con leggerezza precisa e sibilante”. La precisione con cui avviene la trasmutazione attesta che il processo non lascia scarti. Eppure, è il processo razionale, non alieno da una componente morale, a mostrarsi, al fine, regista occulto di tale operazione. Come può infatti essere esclusa la mente se la Farabbi dichiara: “Per barattarci nell’intimità \ attraverso la creazione. \ Perché fare l’amore \ è agire e ricevere la creazione”. Il cerchio è chiuso. Fra i versi si vedono brillare pagliuzze d’oro.
Anna Maria Farabbi ha pubblicato poesia (Fioritura notturna del tuorlo, Tracce 1996; Il segno della Femmina, Lietocolle 2000), prosa (Nudità della solitudine regale, Zane 2000; La tela di Penelope, Lietocolle 2003), e opere di saggistica con traduzione.