La parola estrema
Tra le falde di parole innevate. Di paesaggi oltre. Nell’affondo delle tenebre. E nel preludio della fioritura. Così lascia le sue tracce, sulla pagina bianca, Lupa a gennaio di Massimo Scrignòli. Nello stesso tempo, assecondandone altre, percependone i richiami, «seguendo della lupa di Gennaio le tracce delle prossime notti». Nell’aprire la parola al mistero. Nel corteggiarne l’ombra gravida, come la sposa, insieme, predestinata e rivelata. Così il plenilunio di gennaio, quello che per i nativi americani è la Luna del lupo, segna il periodo dell’attesa, «l’ingresso docile degli occhi nella neve oscura», e del silenzio, «un silenzio maternale», fonte degli atti creativi della riproduzione come della produzione poetica.
Il paesaggio, visibile e invisibile, percepibile e interiore, è disegnato dal biancore e dall’attesa. Dall’assenza e dal desiderio. Dalla morte e dalla rigenerazione. E dalla musica. Tutto è avvertito, dai sensi e dalla mente, attraverso la visione e l’ascolto. Un sentire che consente di vedere. E viceversa. Un vedere e un sentire oltre. Un oltre che giunge imprevisto. Tra i fondali dove affiora «l’anfratto di un dio dimenticato». Nell’apparizione di cose e animali come aperture significanti. Sotto la pelle, dove «se anche l’infinito finisce […] si muore nuovamente». E ancora, e soprattutto, nella rivelazione che risveglia la verità, il suo «valore indiviso». Anche se non manca la sua attesa continua, quando, nella tensione verso di essa, «conquistare il contorno di un vuoto è di nuovo spostarne le origini».
Tra questi estremi, nell’attesa del vero e nell’apertura al suo manifestarsi, si muove la parola. Non il linguaggio ordinario che ha il compito di dire, ma una lingua sempre sull’orlo dell’albore e dell’annuncio. Come «rugiada quando abita la soglia». Parola dell’origine e dell’oltre. Mentre la storia, invece, «inganna la meta». Parola del desiderio e del rivelarsi. Anche se manca sempre qualcosa tra il visibile e l’invisibile, tra il verde ostinato di un prato e «l’aria che respirano i morti». La scrittura poetica di Massimo Scrignòli raccoglie, nell’assenza e nell’attesa, questo respiro intermedio. Il respiro che avverte il soffio del principio, il respiro su cui «la morte si è arresa». Attraverso una parola che, proprio come la lupa, lascia le sue tracce, tra gli echi di René Char e di Paul Celan, su pagine dense di «fiducia in questa lingua che ci parla». Una «parola che non deve dire». Una «parola estrema, qui, ritrovata».
***
Poi sarà l’improvviso. Musica. Non suo-
ni in punta di penna; musica da leggere
sull’impronta, come solo spiraglio dentro
l’oscuro del sentire quel Tu che lúmina la
fiamma delle urne di Primavera.
E le ombre, tutte, incendia.
Così io muovo. Vado dove sono.
1.
Così anche noi. Scendendo alla nave
con la marea del giovane naufragio già
pensavamo alle alture e alle rocce nel
deserto. Eppure anche noi, senza averle
sentite, stavamo seguendo della lupa di
Gennaio le tracce delle prossime notti.
L’oltre arrivò imprevisto: il ritorno verso la
fronte.
2.
Ha inizio nuovamente in una parola.
Viene da lontano, la sola che atterra da
un silenzio maternale. E respinge ogni
possibile teoria, fino a quando il fondo,
in noi, diviene cima.
Niente altro se non tutto questo è il
grano sotto la neve, in Gennaio.
11.
Cercando il marmo oscuro di Paul, diviso
tra il canto dei corvi ingigantiti dalla
pioggia e l’inizio inseguito, avanzano
verso di noi pochi piccoli sassi colorati:
un nome dorato scritto con il nero latte,
sette schegge di specchio tedesco, neve
fossile ghiacciata.
Tutto invita verso il lato più scuro del
cielo, nell’ultimo retablo dell’anno. Ar-
cipelago in movimento e già rallentato
dalla parola estrema, qui, ritrovata.
12.
E nonostante ritorna, tutta, ritorna,
l’acqua ammutolita della Senna. Per
concessione suprema di Eraclito questa,
oggi, è quella stessa acqua. Così anche
noi continuiamo a toccare il freddo del
gorgo, che solleva lo sguardo oltre il viso.
Nell’attesa della parola che non deve dire
c’è l’istituzione della rugiada quando
abita la soglia. Come una madre, prima
del fianco ostinato della foglia.
23.
Tuttavia si avanza togliendo. E conqui-
stare il contorno di un vuoto è di nuovo
spostarne le origini.
Anche Novembre non lascia più cadere
le sue foglie. La storia accelera i nostri
passi, ma da lontano ci sopravanza e
inganna la mèta.
26.
Tuttavia mai, mai sapranno che è scrit-
to. Anche questo non sanno. In nessun
momento conosceranno. Né potranno
sapere che non siamo ciò che cerchiamo:
ma siamo, per il viaggio dell’arca, il suo
compimento.
Tuttavia mai ascolteranno il sonno
materno della Sposa rivelata: lei sola,
dormendo, dell’alba risveglia la verità.
Questo soltanto: tutto il valore indiviso
della verità.
28.
Insiste a farsi vedere, il sole. Non teme
nessuna malattia incurabile.
Ma in Gennaio, se ci pensi, per unire il
verde ostinato di un prato del nord, per
unire il suo verde all’aria che respirano
i morti, manca sempre qualche cosa: un
sentiero, una scala, o una mano chiusa
piena di neve.
La vita non è tutto.
***
Viene in visita la neve, ma sopra l’Oceano
a Gennaio l’inverno si ritira.
Forse non si potrà mai pronunciare il
luogo silente anche se è stato nominato.
L’indicibile purifica l’azione
corteggiandone la luce.
Eppure dorme, questo secolo: è un sonno
senza sogni, adagiato sul fondale di un
tempo tuttora indifeso dalle antiche
profezie di Vulcano.
E noi non abbiamo ancora messo in salvo
la cenere.
Massimo Scrignòli, bolognese di adozione, vive in provincia di Ferrara. Nel corso di un trentennio di dialogo e collaborazione con i più importanti critici e poeti italiani del secondo Novecento, ha pubblicato, con prefazioni, tra gli altri, di Raboni, Ramat, Pampaloni, Sanesi, diversi volumi di poesia: dal libro d’esordio Notiziario tendenzioso (1979) a Vista sull’angelo (2009), tutti raccolti nel volume antologico Regesto (2014, seconda edizione 2023). Presente in numerose pubblicazioni antologiche e didattiche in Italia e all’estero, sue poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo, portoghese, croato.
Ha partecipato ad autorevoli festival internazionali di poesia e letteratura; nel 2006 e nel 2009 ha rappresentato l’Italia all’International Poetry Festival di Zagabria.
A testimonianza di una costante attività culturale, anche come “compagno d viaggio” di artisti contemporanei, sono le edizioni d’arte in collaborazione con pittori di fama internazionale, come Baj, Chia, Benati Pozzati, Bonalumi.
Da molti anni svolge un’intensa attività nel campo dell’editoria, curando e coordinando collane di poesia, critica letteraria, filosofia, in cui sono stati pubblicati, tra gli altri, scritti di Leopardi, Poggioli, Sanesi, Crovi, Porta, Sanguineti, e in cui hanno visto la luce anche nuove traduzioni di Auerbach, Eliot, Tagore, Yeats, Bauchau, Flaminien, Char; sue sono la versione e l’introduzione critica di Relazione per un’accademia e altri racconti di F.Kafka (1997).