In morte e in vita della lingua
Alcesti si fa figura. Certo, lo era già, personaggio mitico e protagonista della quasi-tragedia di Euripide: personificazione dell’amore disinteressato fino alla scelta della morte al posto dell’essere amato. Fabio Orecchini, però, in Figura ne fa, da soggetto di una trama, emblema di una molteplicità di sensi, sdoppiamenti, finzioni, creazioni. Figura dell’inquieta condizione esistenziale, della ricerca identitaria, dell’alterità e dell’incorporeo, così che «nelle pause dire l’altro sommessamente adire abito un nome non un corpo […] un io / residuo». Figura quindi da modellare, dall’etimo stesso di figura e del suo tema in fingĕre, plasmare. Fingere e fingere di fingere. Figurare e sfigurare. Figurare altrove.
I titoli delle quattro sezioni, in cui si articola la raccolta, ne evidenziano i molteplici piani. Dalla tanatomorfosi di ‘cercatemi e fuoriuscite’, dal richiamo rosselliano, ai canti figurati di ‘la circostanza del doppio’, dallo stralcio della ‘deposizione di Admeto’ alla vertenza di ‘essere pendente’. Piani che polarizzano sdoppiamenti e divari. Con la ripresa dei frammenti del testo euripideo e, per contrasto, nell’assenza di continuità con cui ne vengono rielaborate le sequenze. Con l’inserimento di citazioni poetiche e, insieme, dei linguaggi della contemporaneità. Con accenti sulle opposizioni tra visibile e altrove, vita e morte, corpo e incorporeità, presenza e assenza, figura e controfigura. E con l’uso di registri plurimi: poetico ed etico, estetico e giuridico, lirico e politico. Nei quali si evidenzia la pendenza sul falso e sul vero. Il condurre a dimensione storica la lingua e la vicenda mitica. E, nello stesso tempo, portarla altrove. In un figurare che si modella e rimodella rispetto all’identità, all’altro, all’oltre.
Anche la parola si fa figura. Un canto figurato del dire-non dire, di una voce che, per Fabio Orecchini, «detenga detenuta | diurno il regno dell’ombra». Una voce che accetti di morire e poi di tornare a vivere trattenendo in sé la morte. Una parola che, nella responsabilità di dire, metta in discussione la comunicazione ordinaria e abusante, attraverso i «guasti metrici», paradigmi dei guasti esistenziali e linguistici. Così da definirsi in una poetica del plasmare se stessa e il proprio canto in figura, non tanto nella forma classica del testo scritto, quanto in quelle della voce recitante e della parola visiva. Nel farsi figura, come Alcesti, dell’incorporeo e dell’ombra. E, insieme, dell’incarnazione del dire negli inferi della violenza storica. Da cui uscire alla luce. Rinascendo al mondo colma del proprio autentico tornare alla lingua.
Da: cercatemi e fuoriuscite | tanatomorfosi
“...tre giorni al confino Alcestina
tre giorni e tutto torna come prima..”
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al dire lontano
che fu sapersi detta, circoscritta nella forma o figura
appena pronunciata, figurante asservita alla scena
appena trascorsa -evocata- qualcuno provi a soccorrermi
a sfigurarmi
almeno, figurarsi altrove
***
fuoriuscita dalla prigionia
neuma dei morti anche il vento impietrito, addio addii,
interdetta risata della notte-abituro del dire cercatemi e
fuoriuscite mi dissi ha detto ripeti o, rientrare nel covo
covo mortalmente chiedere ai restanti minuti di vivere
soltanto, il tempo di morire
***
dopo nei giorni
ritrovi ancora schegge -parti di parti di un discorso- o più
semplicemente ora, la gola è un gelo l’arcata del cielo
non detiene, le viscere calde amputate sul pavimento e
poi il lutto
pulire ciò che detto, le parole buttate sul letto
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Le voci plateali
a fare peso, dove tutto è solo forma già compiuta nelle
pause dire l’altro sommessamente adire abito un nome
non un corpo o ancora un filo che attraversa un io
residuo uni-sonante come un silenzio elettrico
uno sparo, siamo deserti fertili di bombe
Da: la circostanza del doppio | canti figurati
S t a s i m o / libera trascrizione per cori da Euripide
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Si segnalano guasti metrici.
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Vita è già presso?
ombrosa notte sopra gli occhi
crepe le mani d’ombra muove Alcesti
braci, acconsente che s’avventi
l’inverno e l’infezione
se taci, si, resti
per quanto cercassi, nulla vidi mai
che più forza avesse della morte
della vita gli incanti d’Orfeo la voce estinta
Da: deposizione di Admeto | stralcio
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Oltre il canto figurato pura funzione del volo i suoi passi
figura tangente i corpi dati ad usodi norma
del vero, di circostanza
dai piedi ombra un rapace si tende ai miei passi, pura
finzione del volomi figuro tangente la norma
del vero, della decenza
***
il sospetto che a mentire sia il verdetto
imputata la parola il giudice il corrotto
dimmi Alcestina dimmi
l’inferno bianco Alcestina, color di falena
Da: essere pendente | vertenza
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se poi parliamo siamo ombre
di parole, o dentature
a calco, per masticazioni
brevi, non vere, Alcestina,
scadenti risa attonite
al trapianto dell’anima
***
si disse altro per non dire oltre:
***
La sua voce detenga detenuta | diurno il regno dell’ombra
Fabio Orecchini (Roma, 1981) è poeta, antropologo, artista. Ha pubblicato Dismissione (Luca Sossella Editore, libro+cd, Roma, 2014),Per Os (Sigismundus editrice, Ascoli Pieno, 2017) e Figura (Oèdipus, Salerno, 2019). Suoi testi sono apparsi su numerose riviste tra cui Alfabeta2, Versodove, L’Ulisse e Nuovi Argomenti ed è presente nel documentario GenerazioneY – Poesia italiana ultima prodotto da Rai5. Ha eseguito installazioni site-specific in spazi quali l'Ex G.I.L di Campobasso, il Palazzetto dei Nobili de L’Aquila, la Mole Vanvitelliana di Ancona, e,a Roma, presso la Biblioteca Nazionale, l’Accademia d’Ungheria, il Teatro Argentina e la Fondazione Primoli. Con l'installazione TerraeMotus si è aggiudicato il Premio "Elio Pagliarani" 2018. Con alcune opere inedite si è aggiudicato il Premio "Poesia di Strada" (XVII ed.) e il Premio "Città di Gallipoli". Collabora con la rivista Argo e la casa editrice Argolibri, per la quale dirige la collana "Talee"; ha inoltre curato la prima edizione italiana di After Lorca di Jack Spicer (Gwynplaine/Argo,2018) e il volume L'altra voce (Giometti & Antonello, 2019), epistolario della poetessa argentina A.Pizarnik.