La rosa dei versi
Si muove lungo le coordinate spazio-temporali che delimitano l’orientamento nel mondo Cardini di Rita R. Florit. Nel microcosmo, come nel macrocosmo. Nella realtà visibile, come in quella mitico-sacrale. Delineandone i riferimenti, sia fisici che meta-fisici, nelle due parti della raccolta, rispettivamente i punti cardinali nello spazio e le fasi stagionali nel tempo. Un ordine che cerca di dare voce alla complessità dell’universo e che viene declinato nei testi attraverso l’impasto di una materia, insieme, terrena e celeste, mitologica e divina. Tra le polarità opposte che coesistono nell’intero. Un intero non più indistinto, come l’essere primigenio, ma già condotto ad una visione umana e poetica che circoscrive il proprio mondo. Dove la ciclicità della rotazione cardinale e della successione stagionale evidenzia un continuo ritorno, poiché «dimorare è tornare».
Nella prima parte la parola plasma i cardini geospaziali, nel loro incessante creare e ricreare. Dalla luce aurorale di Oriente e del suo «oro nascente» all’ombrosità di Occidente e della sua «rosa occidua». Dal sole di Mezzogiorno e del suo «cromo-inferno» all’oscurità di Mezzanotte e della sua «notte cava». Colmando i versi di richiami alla grecità, all’induismo, alla mitologia norrena. E di camei di poeti, da Lucrezio a S. Beckett, da E. Dickinson a M. Zambrano, da S. Plath a E. Villa. Nella seconda parte la parola fa danzare le stagioni, in una complessa mobilità concettuale e linguistica, tra le parti in lingua occitana, i riferimenti a detti e leggende che riguardano la natura e ancora i camei di poeti, da Y. Bonnefoy a S. Heaney.
Le parole orientano? E la poesia, nel suo farsi stella polare? E i versi dei poeti, chiamati a divenire cardini essi stessi? Il linguaggio di Rita R. Florit, denso di rimandi e teso di continuo oltre quanto mostra, plurisemantico e multilingue, pare orientare in direzioni molteplici. Nella rosa dei versi dell’autrice e dei poeti convocati è come se il polo magnetico si spostasse di continuo. A costituire di volta in volta un perno di attrazione per terra e cielo, umano e divino, nel calamitare, da angoli prospettici diversi, l’origine e la fine, l’ignoto e il visibile, l’oscurità e lo splendore del mondo.
Da: CARDINI
Nel mezzo d’un universo che promana propaga e
prolassa centrifugo distopico disforico crudo anelito al che?
si dimena diradandosi dilatandosi ...
toh! sarà l’antaura che dilania, l’accetta nella testa;
l’occhio stroboscopico, bianca polpa del nulla; sarà l’insulso
schermo protervo stante il fibrodelirio,abbattuta volgendo al fuori
dall’ego-centro al quadrivio vede-va
(a) Oriente oro nascente perla perfetta soavità del(la)rosa
Aura Au-r-ora fionda sferza il neogiorno appena nato già
muore (1)
gravide grida nel chiaro
il coro greco sullo
sfondo sbiadisce l’arcana nyctadea amata dalla cicuta lei la sola
la perduta fuggita dalla casa del padre (2)
mattino cupola d’oro e lapislazzuli quando vaticinava a Delfi quae
tripode ex Phoebi, lauroque profatur (3) la ressa il soffoco
l’inascoltata voce
desolata cassandra
più a Est l’animale sacrale rumina micro-giungle
domestiche; Ganesh alla catena da secoli; Vembanad
stende il suo tanfo viola inedia invasiva liquefa scivola
nelle retro acque piatte, squarci di spazio tempo sulle
strade di polvere, scotomi.
Orienti dominatori sventrarono città fasciate;
onde prue protese polene; i lenti accecamenti
Mater-puella nell’abbaglio argento petraie, orde
scagliate nelle gole degli dei divoratori di luce
l’Athanatos dannato nei tuoi forzieri aperti.
[…]
Da: CES SONS SESONS
Vēr
Vēr primo vere invera
veritas, in vino no! in campo
in bosco in prato ego virido
mi irido rido
genera la terra i fiori
pori tutti fuori di sé
dal seno aperto sciamano
abhelas, reptilia, nòus anima-lia
en saut (1) in balzi in neve
di lanugine ver-tigine
tiepidi serici nidi
gemmano cori e mugolii
nugoli et nugae
arbor arbita arbitra Carnea
viridat e reti and thirsts
my nightly shadow feasts (2)
blu crudo incombe
arioso maggio d’erba voglio loglio
manger son blé en herbe (3)
Verno
Verno perno firmamentum
oldest seasonson endurci
gris in-tingo rame lingue ignee
camini pini querce noci
rovi torvi corvi neri eri
invasione di tronchi
mantelli folti di volpi latte
di lupe perdute galaverne
nevi solenni evi fondi fate
H’eman Kalash (1)
aquila chiôm-ata (2) coltre alata
vernis d’iverns (3) glace-soupir
te soit la grand neige (4)
Iarnă (5) - arnia del nero
in-chiostro signo in hoc
locus iste scoscesa
tana lana bianca vitalbe
ringhia scarno giaciglio falco
calco interno Verno.
Note
Cardini
(1) S. Beckett, Mal visto mal detto, Einaudi, 1986
(2) M. Zambrano, Chiari del bosco, B. Mondadori, 2004
(3) M. Zambrano, I Beati, Se, 2010
Ces sons seson
letteralmente ces sons dal francese questi suoni e sesons dal dial.
friulano stagioni, hanno simile pronuncia
Ver
(1) in occitano: api serpi nuovi anima-li in salto
(2)“e seti le mie notturne feste d’ombre” S. Heaney, Station Island,
Mondadori, 1996
(3) manger son blé en herbe, detto risalente al XVI° secolo: poiché il
grano acquisisce valore quando arriva a maturazione, chi mangia il
grano in erba dilapida il suo denaro
Verno
(1) Kalasha popolo di uomini liberi come si autodefinicono i Kefiri
dell’Hindu Kush, mai islamizzati, h’eman è l’inverno nella loro
lingua come hêman lo è in sanscrito
(2) Chiôm neve in greco
(3) Vernis è anagramma di Iverns che è inverno in occitano
(4) “te soit la grand neige le tout le rien” Y. Bonnefoy «La grande
neige», in Début et fin de la neige, ripreso in Ce qui fut sans
lumière, Gallimard, 1995
(5) Iarnă inverno in romeno
Rita R. Florit ha pubblicato "Cardini" (2018), “Nyctalopia" (2018), "Passo nel fuoco" (Premio Mazzacurati-Russo 2010), "Lezioni inevitabili" (2005). Più volte finalista al Premio Montano. Ha tradotto Louis Zukofsky, Ghérasim Luca, Joyce Mansour e autori contemporanei. Ha ideato e realizzato vari videopoemi tra cui: Inside me-mories (2018), Aestas (2016), Passionement (2015)