L’intreccio di tutto
Un dire senza respiro, che non riesce trovare sintesi, a partire dal titolo che dispiega un amore. uno squarcio. uno strascico. una sensazione di vulnerabilità. un senso di lutto, quello di Stefano Marino. Un dire senza tregua, altalenante e omnicomprensivo. In un intreccio complesso e drammatico tra tutto e il contrario di tutto, tra la vita e la morte di un’esistenza, tra l’inizio e la fine di un amore.
In quattro testi lunghissimi, dal ritmo serrato, la scrittura si muove da direzioni opposte, occupando con movimento alterno le due parti laterali dei margini: tra il dire e il suo riflesso, tra il sé e il non-sé, tra l’io e il tu. In un monologo fitto che vorrebbe farsi dialogo, ma che pare restare alla fine confinato sulla pagina. O, meglio, affidato alla pagina.
Un amore difficile colma l’interrogazione esistenziale che i testi delineano in superficie e nel buio del sommerso: sentimenti di desiderio e di disintegrazione, di passione e di vulnerabilità, di affetto e di lutto, in una “squilibrata scomposta alternanza di stati d’animo opposti”.
Con la fiducia, però, che Stefano Marino, nonostante tutto, ripone nella poesia, che consente di affrontare, con la forza della parola, una dolente e drammatica interrogazione esistenziale. Dove “è tutto qui l’esistere l’esserci il sanguinare”. Dove si tratta di “morire di vita”.
Da: 2.
scariche di lampi violenti, tormenti, coraggio
è ciò che manca qui,
dove il tempo sembra essersi fermato e
le parole i silenzi i suoni i rumori i piaceri i dolori
non bastano più a ricucirmi intero.
note di una canzone finita
deserto rimpiazza la vita
fili di aghi sospesi in cielo non colmano la distanza,
così forte la lontananza:
un amore uno squarcio uno strascico un senso di lutto,
mi apri da dentro mi scardini mi nascondi mi disveli,
e lacrime sono sangue, caldo e rosso e scuro,
come sentimento d’amore obliato ormai andato ma
mai cancellato
Da: 3.
un balbettio montaliano e un cuore dislessico
mi guidano e insieme mi sviano
nel mio procedere avanti e indietro
e attraverso e ovunque e in nessun luogo e soprattutto
ora e sempre e mai.
e tutto, m’accorgo a posteriori, nasce solo
dall’interrogazione di un viso,
dal non saper cosa celano
occhi e mani e orecchie e labbra, silenzi e sillabe,
scambi di opinioni e attimi sfiorati e sfioriti,
dal credere di intuirlo,
dal comprender poi d’aver frainteso,
dal soffrire immancabilmente ingannandomi e smarrendomi.
un cuore dislessico e ali inadatte al volo e
piedi inadatti al suolo e mani incapaci di presa e
cuore troppo gonfio d’amore per poter odiare realmente
e così trionfare: sto morendo ma non me ne avvedo, mi rendo conto
troppo tardi di non-essere ed esser-stato:
non più? mai più? e perché poi?
nulli i miei meriti, usurpato
ciò che ho ottenuto, a partire dal
primo respiro e vagito, dall’ultimo sorriso
prima del pianto quando finalmente ti ho capita.
Da: 4.
ti temo infinitamente, mostro, sentimento complesso
in cui morte e vita s’intrecciano s’amano s’odiano s’estenuano
con esito nullo infine ogni volta e sempre così:
sia maledetto ciò e chi lo originò nell’infanzia,
la natura la pulsione la vita-morte che
vuole tutto questo vuole me e non-me:
capace di nolontà sarò forse un giorno
o forse no, o forse sì, o forse è un no ch’è anche un sì.
Stefano Marino, Professore Associato di Estetica all'Università di Bologna dal 2019, svolge le sue ricerche nell'ambito dell'estetica. Gli interessi di ricerca sono rivolti in particolare alla fenomenologia e all'ermeneutica filosofica, alla teoria critica francofortese, al pragmatismo, alla filosofia della musica e alle teorie della moda. Autore di numerose pubblicazioni (monografie, traduzioni di libri dal tedesco e dall'inglese, volumi e fascicoli monografici di riviste come co-curatore, articoli, capitoli di libro, recensioni), ha partecipato a numerosi convegni, seminari e workshop in Italia e all'estero.