In due parti si divide questa raccolta: che hanno però in comune la considerazione di ciò che è l’altro, come figura o come condizione esistenziale. La prima (che dà il titolo) è dedicata alla materia in cui la metafora dell’angelo si incontra e si scontra. E’ una figura estrema, disgregante per il troppo fulgore, che sembra rappresentare ciò che tende alla perfezione: dunque umanamente perturbante, perché si angelizza “credendo/di sfuggire alla sporco e all’ingiustizia”. La seconda parte riguarda la fuga, l’allontanamento, la sparizione. Cose, animali, persone che diventano ciò che sono quando se ne vanno. E’ il movimento che esercita la distanza, con momenti in cui le “prove di sparizione” arrivano dai due estremi del poema: angeli indifferenti e particelle atomiche in fuga in un unico tunnel.
dalla sezione Contro l’angelo
*
si ritrovò cadavere
senza targhetta di riconoscimento
a pezzi spiattellato splitterato
diviso
in decine di stanze
migliaia di caratteri le cellule
sparse sul pavimento
*
adesso furibondo sventoli le ali
sei un immenso elicottero di luce
impossibile rimanere in piedi
nei tuoi paraggi
i nugoli di piume
oscurano ogni cosa
aggiunti all’infinito
fulgore che promani
non c’è spazio per nulla che non siano
le tue ali crudeli
dalla sezione Escapologie
*
ogni tanto facciamo
prove di sparizione
prima le dissolvenze colorate,
lampi di neon scontornano
l’evanescenza che innesta i profili
i tratti umanizzati delle mani
i volti prensili sul nero dello sfondo
non ci accorgiamo mai
dell’attimo che ci rende invisibili
sciolti da ogni abbraccio, le dita
che nel buio non si tengono, ma noi
non lo sapremo
Paola Nasti è nata a Napoli nel 1965, dove vive e insegna filosofia nei licei. E’ fondatrice e redattrice della rivista di poesia Levania. I suoi testi – poesie e racconti - sono pubblicati in antologie, riviste e blog. E’ stata finalista nella XXXI edizione del Premio Montano 2017 con “Cronache dell’Antiterra”, edito da Oédipus nel 2018. Nel gennaio 2019 ha pubblicato per Eureka Edizioni, nella collana CentodAutore, la plaquette “Poesie dello yak impigliato per un pelo della coda”.