Questa raccolta poetica avvolge il lettore dentro un percorso lentissimo di ondulazioni malinconiche. E lo fa con versi attraversati da un filo costante di leggera nostalgia. Il tema è il luogo dell’abitare: dunque dello stare ma contemporaneamente anche dell’abbandonare. E’ la ricerca di un ascolto a muovere l’andamento del poema: anche un semplice suono in ciò che si disabita. Marinucci compone un canto compatto, ma non forzato; aderente al sentimento ma non rigidamente legato. Un movimento tenuto insieme dalla parola, una visione dei luoghi visitati e dei ricordi sottovoce; uniti tutti da quella speciale sensibilità contenuta in un dire poetico affidato a un tempo senza tempo, a “un dove libero di storie”. Abitare è libertà di andare o di restare, liberando e illuminando ogni intima ombra.
Dalla sezione Elegia del trasloco
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Si direbbe immancabile tornare accanto
familiare come è colta per caso una voce amica,
nella polvere altre volte raccolta in altre stanze
o in quella opaca avventura di stanze che fuori,
di questo abitare, nutre e trattiene
come un rifugio paterno, un dove libero di storie.
Iniziare da qui nel viaggio la cura d'intorno.
Cercarlo conosciuto più spesso nei giorni
in una cautela di luoghi nostri tra gioie disarmate
di nomi da perdere e senza riconoscere niente
restituire. Eppure dispongo ogni pacco
e al tuo ritorno il mio si accorda
al tuo seguirmi prezioso di passi
tra i mobili vuoti nelle stanze tra noi
tesi e determinati a far bianco il tempo
di un qualche gesto che cancelli
il rimorso di ciò che è nuovo.
Dalla sezione Intorno alla casa
Abitare distanti
Alcuni bambini, com'ero io,
imparano più che altro la distanza.
L'impressione che dietro l'incresparsi
rabbioso di un orizzonte di sassi
come nel fondo gonfio dell'onda di
quando è già troppo tardi per ritrattare
e nascondersi tra i cigli infantili
di una inguaribile colpa da nulla,
ci sia davvero la casa che ti
riconosce suo e che non credevi
potesse chiederti da allora.
Oggi, che cerchi stancamente
il ricordo di com'era, la protesta
muta nella prima ferita della vista
ferma di bambino, scopri viva
quella felicità che sai tradire
in uno stupore
a cui quasi non credi.
Dalla sezione Sulla porta
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A volte, potendo raccogliere
il delicato istinto nel tempo
di porre all’aperto un angolo intatto
di intimo riparo, ascoltando con la cura
di una mano l’interno stupefatto
di una casa vuota, abitata,
come il dorso caldo che trattieni
quando non vorresti altro che il mio corpo
quando non chiedi che il mio destino,
ti sento in un modo nuovo, più pietoso
di ciò che lentamente si consuma
della nostra memoria e arrende
il colmo del desiderio a nutrire
di noi quel che non sapremo
Andrea Marinucci, nasce in Abruzzo (1983) e, dopo gli studi scolastici, si forma dal punto di vista accademico all’Università di Bologna, dove affina la passione letteraria laureandosi al termine del percorso con una tesi di poetica. Vive e lavora attualmente a Verona. L’opera Case di passaggio è da intendersi come un’opera prima.