Nulla esiste nel presente che non rechi traccia di ciò che è passato e che pure, resta lì infitto, a dare profondità all’insignificanza, valore al transeunte. Anzi sembra fornire un’incrollabile sicurezza la polvere che si accumula e che testimonia della possibilità di leggere, negli eventi più insignificanti, il valore che assumeranno nella totalità di ciò che è trascorso. Tale garanzia si estende al punto che diventano riscontrabili “le stesse malinconie/ la stessa acqua”. Il movimento della raccolta coincide con quello di un tango, ove la passione è un movimento di risulta, un reperto che va alla deriva. E via via è il linguaggio che assedia la scena fino a risultare l’unico convenuto: “ossimoro / e sfuggevoli metafore/ chiamarti dalle terre lutulenti”. Nulla risponde al richiamo, se non le parole con le quali il passato ritorna. Ritessuto. D’altra parte, il passato è una ricostruzione che con la realtà condivide sempre meno, con l’aumentare del tempo. È sull’onda del linguaggio che Corona, sulle orme di Baudelaire, riserva il suo sguardo ad alcuni risvolti della contemporaneità, non mancando di offrircene una critica serrata e tagliente, in un tentativo di recupero di alcune valenze che non può che naufragare, ma che non si può nemmeno evitare di compiere.
certami
le tue pantraccole da sgherro vigile
fanno scompisciare dalle risate il mio animo peritoso
ma alla mia musa non arrivi nemmeno ai talloni
figurarsi ai suoi stivali gatteschi
la tua mente fumida
certo si può rallegrare di tale ferace
vigilanza notturna
ma sappi che
il mio sonno è irenico e le mie notti portano sempre consigli
è questo il vero riposo del guerriero
raumilia anche i cuori più tortuosi di una viottola bagascia
come il tuo
vita vissuta nel tentativo di fermare il tempo
tagliaborse attaccabrighe perditempo
cavadenti strizzacervelli
fannulloni bighelloni scansafatiche perdigiorno
stracca piazze
tirapiedi leccapiedi baciapile pinzocheri bacchettoni
bigotti
capibastone magnaccioni mangiapreti
mangiacrauti mangiarosbif mangiarane macaroni
mi attaccavano bottone per un nonnulla
io avevo altri grattacapi
bancarotte sentimentali
disfunzioni poetiche
rendiconti inutili da stilare
ma non trovavo le parole giuste
per mandarli a quel paese
presi così l’ultimo treno della sera
e al primo passaggio a livello
attraversai e me ne andai
nel frattempo le rose morivano sui marciapiedi
e nel grande vaso annegato nell’acquaio
alcuni tulipani sbocciarono
appena in tempo per il grande rientro
dell’autunno
con anemoni e azalee nella cartella
(e voti di condotta pessimi)
e una matita spezzata per chiudere
con un tratto longilineo obliquo
indeciso
ma preciso
come una freccia nel batticuore
René Corona è docente di Lingua e traduzione francese, presso il Dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali dell’Università degli Studi di Messina. Ha pubblicato saggi che riguardano la poetica, la storia della lingua francese, la traduzione, la sinonimia, la letteratura, la sociolinguistica e la lessicografia. È autore di due romanzi e di diversi libri di poesia.