Malati di parola
Che la poesia sia il vizio perverso, che dà titolo alla raccolta di Ugo Mauthe, viene chiaramente dichiarato dall’autore:“è un classico finisce la giornata / inizia la poesia - non c’è verso / di smettere questo vizio perverso”. In contrasto, però, con il titolo, i testi si muovono con leggerezza ironica e sospesa, quasi a testimoniare quel vertĕre contenuto nell’aggettivo, quel volgersi silenzioso che risuona, quella folata di vento che porta altrove.
Vizio per il verso, dunque. E, insieme al verso, per il poco. Attraverso azioni di sottrazione, di cui l’autore si fa carico, nel rendere essenziali i suoi testi, come per effetto di erosione naturale. O come per malattia poetica, per la quale ironicamente si pensa anche alla ricetta, ma dalla quale non si cerca guarigione.
E i versi esprimono tutto il profondo e il sofferente dell’esistere. Dal sommerso enigmatico, che ci riguarda, alla superficie commerciale e acre del presente. Dalla percezione errante degli umani alle via crucis quotidiane. Alla parola Ugo Mauthe affida il senso della nostra navigazione. Come un vizio, un’abitudine radicata e persistente a dire.
Un’alterazione del linguaggio ordinario, la poesia. Che risuona della febbre del nostro errare di “terrestri navigatori”, del mistero sommerso, della tensione ad uno spazio altro.
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Da: involontario narciso
l’umano rosario si sgrana
escheriana sintesi di ultimi e primi
in fila sul filo che tutti trapassa
scivoliamo nel nostro mistero
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sulle rive di un lago scuro
niente letterarie memorie di rami
solo magri rami di memorie
niente traghettatori solo noi
terrestri navigatori
silenziosamente
grideremo una parola che non è
terra - tu spera sia cielo
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Da: fotogrammi
c’era il silenzio
di sempre uguali pomeriggi domenicali
c’erano le tre del pomeriggio
di pomeriggi indifferenti - e c’eri tu
tu che altro non sei
che io in quelle ore lazzare
di morte domeniche
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è un classico finisce la giornata
inizia la poesia - non c’è verso
di smettere questo vizio perverso
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Da: la cognizione del poco
ti scrivo da quel luogo
che fa la differenza fra esserci
e scomparire
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lenzuola sfatte in fragili grotte
rifugi di tardivi sospiri - ultimo fiato
di un tempo abbandonato
è ora di alzarsi terremotando
nostalgie
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con la saggezza del proverbio
con la leggerezza della discrezione
con la cognizione del poco
potremmo ancora darci molto
Ugo Mauthe è un pubblicitario con una lunga storia professionale come copywriter, direttore creativo e docente di comunicazione. Accanto alla scrittura pubblicitaria ha sempre coltivato quella letteraria. Nel 2017 con la fiaba “Sem fa cucù” ha vinto Racconti nella Rete e il premio Miglior Autore al Fiabastrocca. Nel 2018 ha pubblicato con Giovane Holden Edizioni il romanzo “Qunellis”, una particolare favola nera post apocalittica e post umana. Nello stesso anno è uscita la raccolta di poesie “Minuziosa sopravvivenza”, Il Convivio Editore, che ha ottenuto riconoscimenti in vari concorsi, fra cui il secondo posto al Premio Il Meleto di Guido Gozzano. Suoi racconti, fiabe e poesie sono stati finalisti o premiati in molte manifestazioni, fra cui Albero Andronico, Argentario, Bukovsky, Pietro Carrera, Città di Castello, Città di Cattolica, Giovane Holden, Carlo Levi, Lorenzo Montano, Percorsi Letterari, Tomolo Experience, Andrea Torresano, Tra Secchia e Panaro. Si considera un privilegiato perché ogni giorno realizza il suo sogno: vivere scrivendo.