INFINIZIONE, TESTIMONIANZA, INVERSIONE, penso, mentre ascolto Serge Pey e Chiara Mulas. « Infinizione » coniuga l’accezione di moto e quella di contrario. La prima è quella di Lévinas, l’infinizione come ospitalità, la capienza nell’accogliere quello che non si può contenere ; la seconda è la non-finizione, l’anti levigatura, che riporta alla prima, all’infinizione come non-intenzionalità. Contrariamente all’infinizione, l’intenzionalità, scrive Lévinas, presuppone già l’idea di infinito ; è l’inadeguazione per eccellenza. Pertanto, contenendo l’idea di infinito che non può contenere né prefigurarsi, il poema di Serge Pey « non è mai finito ». E questa in-finitezza si manifesta nell’incarnazione della parola. Pey è banditore dell’oralità, della testimonianza attraverso il corpo e la voce, e con corpo e voce l’avvento poetico fa luogo, fa cerchio, si fa « creatura » intrinsecamente e incompiutamente futura. Mostra come « crier » (gridare) sia « créer » (creare) : di come, nell’abbraccio aereo dell’assonanza, il grido sia atto di creazione. « Net cuer crie en mei, Deus » (Liber psalmorum). « Dio, crea in me un cuore puro ». E una volta generata, la criatura prende la forma della sua strada. In The Life of Lines (2015), l’antropologo Tim Ingold, nel solco della sua riflessione sulla forma come movimento continuo già proposta in Being Alive (2011) e in Making (2013), propone un’interrelazione alternativa rispetto al concetto di rete, comparando il pellegrino al navigante. Per il pellegrino la destinazione è il cammino ; il suo tracciato prende forma strada facendo. Diversamente, i movimenti del navigante procedono punto per punto secondo tappe intermedie calcolate in parte prima di iniziare il tragitto. Il passo pellegrino procede come la ragnatela : non è una rete di nodi, giunture che sottendono la testura, l’impalcatura, l’ossatura ; è una dinamica di congiunture, di (s)nodi, che il ragno crea nel suo movimento di tessitura. Il cuore stesso, dice Ingold è congiuntura, mentre le ossa si incontrano nella giuntura. La forma e la traiettoria di un movimento sono quindi imprevedibili prima del movimento. Nell’interrelazione umana ciò si traduce nella risonanza, nell’ « attenzionalità » più che nell’ « intenzionalità » (Ingold, « On human correspondence », JRAI, 2016), nell’andare verso più che nel trovarsi dentro. Il poema di Pey scende in strada a cercare i suoi ospiti, fa casa per chi si avvicina, per chi c’è. In questo senso non è mai finito, privo di levigatura. L’ultima parola sarà quella dell’ultimo commensale, di colui che deve ancora prendre posto alla pubblica mensa del poeta. Così il poema rimane aperto, collettivo. La parola è veste aderente al suo messaggio. Non si specchia, ne se cherche pas. Non deve fare « opera volontaria di differenza. È il poema stesso che fa quest’opera », dice Pey. Il poema opera per chi ha ceduto il passo, per gli invalidati. Braccio di testimonianza che ripete e scandisce in verticale, incarnando un memento di giustizia, diventando cahier de doléance(s). « Ci sono morti », ripete il poeta ; marca l’impronta per chi è diventato sabbia. Testimonia per i vivi e per i morti di tutti i tempi, seduti alla stessa tavola, in abitudini di uno stesso tempo. « Ci sono morti che escono dal parrucchiere/e altri che vorrebbero recuperare/semplicemente i loro olivi e le loro capre dalle corna limate ». I morti sono invocati, ringraziati, sollecitati nel ricordo. La rimembranza ravviva l’esperienza di compagnia, riporta il passo. Esplicitato in diverse interviste, il dialogo con i morti, così come il passaggio tra mondo dei vivi e mondo dei morti, è tema caro alla poetica di Serge Pey, in particolare nel libro di racconti biografici « Le trésor de la guerre d’Espagne » (Éditions Zulma, 2011) : « Uno dei miei maestri di poetica è stato mio padre, elettricista, che un giorno fece un gesto fondamentale davanti a me: poiché il nostro tavolo era troppo piccolo per accogliere gli ospiti, scardinò la porta di casa e la posò su un cavalletto. Abbiamo pranzato su una porta. Sul luogo di passaggio. La mia tematica viene da lì ». Un’inversione senza coordinate spazio-temporali. L’inversione è nell’atto di creazione stesso, non risponde all’unità di misura ; come il sogno, non discrimina tra incombente e remoto, tra semafori e fette di arancia blu. Tutto è orizzontale, scevro da giudizio. Ancora una volta, è il canale aperto dello sguardo poetico, lo sguardo celeste dal basso, che unisce il verso, l’avverso e l’inverso ; che chiama il décalage comunanza. « Il pennello è un coltello » realmente, come la porta fu da sempre tavolo.
Serge Pey e Chiara Mulas
Azione da Occupation des Cimetières (Éditions Jacques Brémond, 2018)
Chiesa di Sigale (Vallée de l'Estéron), 2017
Foto: Sabine Venaruzzo
Il peso dei morti
I morti pesano uguali ovunque
ma quando li si sotterra
non si recita per ognuno la stessa preghiera
sulle tombe
I morti pensano che la terra sia un orecchio
fatto per udirli
almeno una volta sola
anche cantando in falsetto
Ci sono morti che pesano
più di altri
e non sapremo mai perché
eppure le bilance non sono truccate
né gli aghi storti
Ci sono morti più leggeri di altri
E altri più pesanti dei primi
Ci sono anche morti
che non esistono
talmente li abbiamo dimenticati al mercato
delle resurrezioni
e dei trapezi.
Ci sono morti che sono grandi farfalle
Ci sono morti che sono magri serpenti
che perdono le vertebre
Ci sono lunghe lucertole che fanno i nodi all'aria
Ci sono morti che nuotano come piccoli pesci
in boccali rossi
Mi hanno chiesto di scrivere
un poema sul peso dei morti
sul bordo di un'enclave
in un territorio di Giove
È quello che faccio ma non riesco
perché la bilancia ha un piatto solo
e tutti sgomitano per farsi pesare
Su Marte quest’anno
sono stati abbattuti
133 politici
ma nessuna radio ne parla
Dal 2002 su Venere
sono stati assassinati 124 giornalisti
su Plutone
sono stati soppressi 200 poeti
In un pianeta lontano
della costellazione di Quetzalcoatl
ci sono stati 800.000 morti
Ma la televisione interplanetaria non dice niente
lo stesso
Su Nettuno
si collezionano le foto
dei bambini morti sotto le bombe
o decimati dai cecchini
Sulla luna
al mercato del sabato
si vendono francobolli
con i loro nomi a colori
per i collezionisti
Sull’Orsa Maggiore
in particolare
vengono sgozzate donne a decine
Erano compagne coraggiose
che inventavano il mondo
e difendevano il diritto all’aborto
Così un po’ dappertutto
su Urano ad esempio
gli aerei di una grande monarchia petrolifera
bombardano gli autobus degli scolari
Ci sono morti di cui non si parla
Ci sono morti con la bocca aperta
Ci sono morti che non hanno più la dentiera
Ci sono morti a cui hanno strappato la lingua
con un colpo solo affinché non possano parlare
Ma credetemi
Nessun poeta va a passeggio
con una bilancia per pesare i morti
e constatare che ci sono morti più importanti
di altri
I morti hanno lo stesso peso
anche se le bilance mentono
Tuttavia una cosa è certa
il poeta sa che i morti
si beffano delle preghiere
ed è per questo d’altronde
che scrive poemi senza peso
Insisto di nuovo
I morti non pesano tutti uguale
Sono le foto che fanno la differenza
l’inquadramento
la maniera di appenderle
e soprattutto la natura del loro assassino.
Ci sono morti
né leggeri né pesanti
Ci sono morti che non esistono
a forza di esistere
Ci sono morti alla moda
Ci sono morti senza patria
Ci sono morti nudi e morti vestiti
Ci sono morti che fanno l’appello nelle scuole
Ci sono morti senza telefono
E altri in abito nuziale
Ci sono morti nascosti negli ospedali
Ci sono morti che sono bambini
con camicie rosse naufragati su una spiaggia di Syrius
o di Sicilia
Ci sono morti che escono dal parrucchiere
e altri che vorrebbero recuperare
semplicemente i loro olivi e le loro capre dalle corna limate
Questo poema non è una preghiera
né un volantino di propaganda destinato ad essere
distribuito in un cimitero perduto
di Alfa Centauro o Plutone
né un ritornello canticchiato sui morti che dimentichiamo
e su quelli che non si dimenticano
D’altronde non si prega che per i vivi
perché il regno dei coglioni appartiene loro
nei cieli
in mezzo alle fiche profumate delle vergini
dei cecchini del purgatorio
davanti a un fabbro chiamato Pierre
o a un marmista che risponde al nome di Maurice
sul Sinai
I morti, loro,
si sono messi in Comune
da lungo tempo
e condividono il poco pane che hanno
sul bordo delle loro tombe
invitandoci a un pranzo
dell’avvenire senza marmellata
sempre nel passato
al bistrot degli assassini
I soli monumenti ai morti
che conosciamo
sono quelli dei vivi
che ammazzano i vivi
nell’altissimo della costellazione
della Croce del segno
o della scimmia
che sputa alfabeti
che nessuno comprende
Correggere Dio
Il busto di quest'uomo
è un'onda del mare
tagliata a fette di arancia blu
Non si dipinge mai un paesaggio su una tela
Si dipinge sempre su un paesaggio
che si ricopre con la tela una volta terminato
perché il paesaggio è sempre fatto male
L'uomo dice
Noi correggiamo Dio
Questa macchia rossa è il sangue di un toro
di plastica a sinistra di una geografia
Qui risiede il segreto di quest'uomo
Qui non si vede una tela
ma un paesaggio su cui si stende
il liquido rovesciato da un bidone di sangue
Per fare questo l'uomo
si è coperto il viso con una maschera da scimmia
Dietro di lui uno spettatore autoritario
sorveglia il cielo
Forse una spia o un inviato dei morti
che non sanno più dipingere
Questa spia nasconde il sesso dietro agli occhiali
Uno spaventapasseri blu
coglie ciliegie multicolore per il mercato
dei macellai della luce
Il paesaggio è una bandiera
La tavolozza dell'uomo è verticale
Il pennello è un coltello
Il paesaggio trema di paura
Dio è una donna
che fa colare le sue mestruazioni
L'uomo beve il sangue che versa
sul paesaggio poi lo scambia col nostro
con un tubo nascosto
in tutta la luce.
Carogna
Il poeta di oggi
non è un raccattatore di libri
ma di immondizia e rifiuti
A volte è un macellaio
o un cernitore di rifiuti
o anche un parrucchiere di escrezioni
o di peli di naso
La poesia resuscita le carogne
in particolare quelle degli uccelli
per farle volare
un'altra volta
o quelle dei cani
per dare voti ai loro latrati
su grandi quaderni contabili
scambiati per partiture
di free-jazz
La poesia è malata
La luce ha mal di fegato
e vomita pezzi
di metallo brillante
e liquido
I cani sono calvi
I loro crani rilucono al sole
come olio di ricino
Un cieco chiude il viso
in un armadio dopo essersi
a lungo guardato
in uno specchio
Gli orologi sono rotti
E anche le bussole
che si fanno gioco delle direzioni
Il poeta
è colui che lascia colare sale
sulla coda del lupo
senza farsi mordere
Questa è la sua arte poetica
perché in fondo vuole divorare
i lupi
anche se non ha denti
Lancette rotte arrugginite sfuggono
agli orologi
per fare flebo
sulle carte d'identità
è la condizione della bellezza
delle nostre foto
Ti amo davanti alla tua carogna
ritrovata
sotto un ammasso di foglie di platano
Avevi cinque anni o mille
o non eri neanche nato
Sono le iene che conobbero davvero
la tua età
La poesia è monosillabica
Quando gli uccelli recitano i poemi
hanno la bocca piena di piume
e di becchi
Hanno i sandali ricoperti
da una pelle stropicciata
rubata a Dio
sudando nel suo retrovisore
I morti hanno i bicchieri
mezzi riempiti di vino
Non riescono a terminare
le ultime gocce
del sangue perso da una statua senza testa
sulla croce della sua liberazione
I corvi ci rimpiazzano
ogni vertebra
con un uovo
è per questo che non ci si può alzare
senza farli crepare
I mendicanti ci seguono
per sbattere frittate fredde
Fumiamo due sigarette
insieme
una per il morto che culliamo
sulle ginocchia
l'altro per inchiodare una stella
alla notte
Gli angeli fanno bruciare le biciclette
e si scaldano
tra le ruote
Un poeta è un ladro di portafogli
e di quaderni
La tua carogna
è un'opzione d'interlinea
su un programma della vita
al centro di una zuppa di pesce
o di un mucchio di merda
I morti ricominciano
a tornare
bambini
giocando a quello che morirà per primo
mangiando terra
Li si sente già camminare
Sono come fiumi in piedi
che scendono verso il mare.
Il precedente intervento di Cristiana Panella su Serge Pey, che contiene anche la nota biografica dell'autore, si trova qui: https://www.anteremedizioni.it/prima_pagina_cristiana_panella_presenta_e_traduce_serge_pey