Il corpo estraneo della poesia
Dentro quali profondità, quali dolori, si forma, da un intruso che ferisce e si insinua nel profondo del corpo e del pensiero, la bellezza straniante di perlamara? Sonia Lambertini vi riversa, congiuntamente, il male che taglia corolle e ali al respiro e la parola che resiste al corpo estraneo e vi innesta sementi e spore di vita.
Una sofferenza cosmica e personale, a partire da “un vuoto esilio, suono assoluto”, colma i versi che si fanno strappo sintattico, insieme ai nomi che ne richiamano il patire: in un “mal stare”, tra il buio che rincuora e la “malanotte” tra lo stato di “mala grazia” e la ricerca di un centro, di un senso, a “malapena a stento”.
La parola diventa perciò l’alleata del vivere, scioglilingua che forma in bocca la sua sofferta perla ,“Giocavo a rotola parola / corpocarta perla amara”, così come urto sonoro in combattimento: “Staglia la lingua, battaglia / striscia”. Con un respiro breve e affannato, a volte, con il fiato che si alza leggero, altre, a ossigenare il dire di inedite figure.
Muovendosi nei sottofondi, “Sottoterra bisbigliano, / sottoterra. Gridano i folli”, a partire dal buio e dall’assenza di sé, dove “Qui non c’è corpo // non c’è un filo di luce” per arrivare al chiarore affidato a una medusa abissale, la cui “gola è acqua nera e il buio / fa brillare di luce propria chi può”, Sonia Lambertini dà vita, nei suoi versi, alla perla sofferta e preziosa della poesia.
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Cosa ne faccio dei fiori
gingilli a strappo,
sul corredo corrono a crocchio
soffio di aliti pollini
e l’antèra mia dondola,
autofertile il mio fiore
ha il fiato corto giù, nell’anello
ancora il centro del mondo, pare.
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In alto e circolare, respira
alza il fiato e l’occhio
mezzaluna la sera
è naturale: leggera, un grammo
più o meno la piuma,
il ventre è spazzato da un nido di uccelli.
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Qui non c’è corpo
non c’è un filo di luce, da infilare gli aghi
da cavarsi gli occhi, non c’è lingua
che mangi le parole, da scavare il petto
c’è un buco a forma di peccato
un vuoto esilio, suono assoluto
da stare piegati in due centimetri
di terra, a guardarsi i piedi
da cavarsi gli occhi
non ricordo nulla dei rammendi
dei miei ritagli, solo pause
ritmi irregolari, da tremare in testa
da scordare il mondo.
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Giocavo a rotola parola
corpocarta perla amara,
ripetevo a sgrana dita
sfilavo dalla bocca
bacche, lingua secca
filigrana di preghiera
corpocarta perla amara,
ripetevo a squarcia noia.
e poi un vento dal deserto
le coprì tutte, le parole
***
Staglia la lingua, battaglia
striscia. Sottoterra bisbigliano,
sottoterra. Gridano i folli, s’incurva
il merlo; sbecca, mutila il canto.
***
Il plenilunio di novembre
eccita i coralli e nel ventre
schiude l’ombrello la Periphylla,
la sua gola è acqua nera e il buio
fa brillare di luce propria chi può.
Sonia Lambertini vive a Ferrara. Sue poesie sono state pubblicate su «La clessidra», Semestrale di cultura letteraria, Joker Edizioni, 2015. Ha pubblicato la raccolta poetica Danzeranno gli insetti (Marco Saya Edizioni, 2016). Una selezione di poesie è stata tradotta in inglese e pubblicata nel «Journal of Italian Translation» - Volume XII, Number 1, Spring 2017. Ha pubblicato il racconto Les incurables in AA.VV, Anatomè (Ensemble, 2018).