In questo canto d’amore, disorientante ma totale, Michela Gorini, mette in scena il frantumarsi del senso e dei sensi, di cui solo la scrittura poetica – nelle sue indefinite e sorgive diramazioni intime – può dire qualcosa: cercando, tra difficoltà e tremori, un’ardua ricomposizione. L’autrice divide l’opera in quattro parti. La prima apre alla richiesta di un senso che il corpo, altro da sé, può solo significare in dissolvenza e silenzio, che “si nutrono in briciole”. Nella seconda lo scenario guarda la voce allontanarsi verso una perdita che si riaccende nella solitudine di un amore a due:ma, precisando,“io tu/e non scriverci noi”. E in questo è centrale il dire poesia con la lingua che non c’è. Così nella terza la parola mancante, quando arriva, è da lontano, anche incompresa, ma illumina. Perché è lingua madre e madre di lingua in ciò che rinasce. Nella quarta il dualismo amare/amarsi conosce la non-possibilità del “verso intatto”;perché lì dove i segni non arrivano, “la produzione di amore” rischia di perdersi. Ma, paradossalmente, nell’ambivalenza del titolo la vediamo arricchirsi. Quanto e quale lavorio occorre ai viventi per toccare o anche solo sfiorare l’atto d’amore? E cosa nasce nei luoghi metamorfici di amore in sé; quale condizione generatrice di sensi? Un libro, allora, da leggere tutto col fiato e nel piacere dell’affanno.
Dalla prima parte
poesia sola generosa desiderata
perdona ogni istante
me respiro fino al nucleo
patente
riciclo la sua eco
mi concede il tempo di
serbarla espirarla fino a potersi
non digerire
di traverso passa fende le membra
patisce l’anima geme e urla
tutto il mio silenzio impossibile
scuote ogni paura di crudo
ripensamento
non credo ai giullari – e per essenza
non vedo chi ho davanti
[il mio silenzio impossibile]
Dalla seconda parte
si tratta
di due solitudini
del tuo
battito incoerente
del tuo
crederti acceso e diretto
del tuo
muoverti
fermo
restando
crepe del tuo sguardo
prenderesti
les plus desert liex
[si tratta di due]
Dalla quarta parte
[ma tu] non cerchi il mio corpo
cerchi un corpo – un’ombra pieghevole
non mi celebri l’anima, pronto a separarne
un pezzo – all’occorrenza reputarla tediosa
non sogno una congiunzione di artifizi
[ma tu] non ami ciò che parlo d’essere
preferisci tagliare d’istinto la mia trasparenza
e disperderti in quell’aria circostante dove
giochi il tuo tempo in
sequenze ripetute
[ma tu]
Michela Gorini è nata a Pesaro nel 1971, dove vive e svolge libera professione come psicoanalista. Si è formata a Roma e specializzata secondo l’orientamento psicoanalitico di Jacques Lacan. Da sempre interessata alle tematiche del femminile, ha tenuto diversi incontri pubblici, in particolare: la presentazione del documentario di Elisabetta Francia Parla con lui: la voce maschile all’interno della coppia.
Varie conferenze tra cui L’amore imperfetto; La donna, inventarsi per essere. Nel 2017 ha partecipato all’ultima edizione de L’angolo della poesia. Questa è la sua opera prima.