Nota ai testi di Serge Pey (prima parte)
Caminante no hay camino, se hace camino al andar...
Golpe a golpe, verso a verso...
La poesia non si spiega che con la poesia. Cerco frasi ordinate in cui contenere il magma di terra laterizia del mondo poetico di Serge Pey, stratigrafie di scrittura/oralità in cui coabitano i leoni di Chauvet, i troubadour e la memoria eretica occitana, lo zaum dei futuristi russi, il Dada, il rap del tumborro di Barbagia, la cosmogonia huichol, il Magnum Opus alchemico, la letteratura Beat, la Scolastica, l'archeologia, la fenomenologia, la militanza politica, il flamenco. Un "misticismo ateo" che proferisce un'incessante creazione, il duende proprio al principio di vita stesso in quanto pulsione, anelito, conato.
Cerco frasi ordinate, e non le trovo. Ho chiesto al poeta le poche necessarie.
I versi di Antonio Machado racchiudono alcuni elementi fondanti dell'itinerario poetico di Serge Pey. Innanzitutto la memoria. Di un uomo i cui ultimi passi si sono incrociati, verso destinazioni che segneranno destini, con quelli di José Juan Amelino Pey-Saguer, padre di Serge Pey, anarchico catalano internato nel campo di concentramento di Argelès sur-Mer in quello stesso anno 1939, pochi mesi prima che Machado morisse, insieme a sua madre, anch'egli negli stenti della Retirada dei 500.000 dalle truppe franchiste verso la Francia, a Collioure, dopo essere passato per Cerbère dove venne a trovarsi anche José Juan Amelino Pey-Saguer. Nel maggio del 2014 Serge Pey e Chiara Mulas hanno percorso quelle strade della memoria portando, in un'altra marcia collettiva di resistenza e testimonianza, 400 lettere scritte da bambini sulla tomba di Machado, vegliata da una buca delle lettere rossa, così come veglia il fiore. Per Serge Pey Antonio Machado è infanzia, radice; è il primo esempio del camminare in poiesis, nella vita come movimento di farsi e disfarsi, passo dopo passo, "colpo dopo colpo, verso dopo verso". Colpo, passo, verso. Colpo, passo, verso. Seguendo la nota blu che alita la parola poetica attraverso il corpo in gesto, voce e protesi: la poésie d'action in cui Serge Pey è maestro.
GESTO: braccia e piedi piantano la parola poetica. Una volta piantata essa è sancita, è al mondo. Le parole del poeta si piantano nel basso e nell'alto. Nella terra e nel cielo. Nella terra Serge Pey piantuma i bâtons à parole, bastoni incisi a poesia d'inchiostro; piantuma il piede che scandisce il verso, il pomodoro rosso maciullato tra le mani. Nel cielo piantuma la piuma, l'invocazione, l'occhio che si fa pertica, scala, dito. La parola non è solo manifesta ma è manifesto, dichiarazione di intento al singolare: tendere verso, desiderare. Piantumare il gesto significa fare del desiderio azione, dare al cuore braccia volenterose, mettere in circolo per radicare il soffio del desiderio attivo. Lasciarlo in eredità gravido.
VOCE: la voce viene trasformata in verso, affinché sia riconosciuta sorella dai vulcani e dagli uccelli. Viene sputata in grumo, espulsa dalla fucina verticale che va dall'ipofisi all'ano, e dall'ano all'ipofisi in un'incessante inversione del senso di marcia; il desiderio che esce dal corpo-metronomo si fa suono materico, verso ibrido cerebrale, gutturale, cardiaco, gastrico, intestinale, sfinterico. Umano, animale, minerale, atmosferico. "Colonna vertebrale" polifonica della postura poetica.
PROTESI: oggetti di natura, utensili illuminati: rose, pomodori, pietre, piume, reti, scarpe, maschere, cappelli, fotografie.
Si piantuma per chi verrà. Si piantuma per chi è stato.
I testi qui proposti sono frammenti di questa spira mirabilis, in un continuo rimando tra cielo ctonio e cielo astrale, in una militanza etica in cui il battito poetico segna il giusto tempo di una dimensione senza tempo, raggruma nell'istante la ciclicità non dell'evento ma dell'avvento. La coglie situandola, come sciamana, attraverso il verso. Una poesia situazionista perché in-sita il verbo poetico; perché in una logica transitiva di volenza risponde presente all'istante. Ricuce il ritmo interiore con quello esteriore, che si soffi su una piuma, si spacchi una pietra o si depongano rose, per riprendere alcune splendide immagini dell'azione poetica "La pierre et la plume" (Serge Pey e Chiara Mulas, 2017). E tuttavia il gesto poetico in situ non è contingente. Non si esaurisce nel qui e ora di una serie di azioni ma è presente all'azione del soffio vitale, di quel "respiro nella contraddizione" con cui Pey definisce l'arte. In questo soffio convivono la presenza e il suo contrario, in uno stesso flusso coerente, cioè coeso: "una bestia che non esiste, una bestia che esiste", "una bandiera che non è una bandiera", "le forze ctonie che sono il rovescio del cielo". Tutto è collegato grazie al tempo intonato della contraddizione. Tutto nell'essere presenza di per sé testimonia non solo la possibilità ma la reale esistenza del proprio contrario; del non-essere e dell'assenza, ma anche del rovescio, dell'inversione.
In questa contraddizione, che è quella vitale dell'umanità, la poesia è insieme traccia ed eco. Pietra e aria. Il gesto in presenza, quello della poésie d'action, è così impronta di gesti e rumori ancestrali, di rifrazioni del cosmo senza nome che ci permettono, oggi, di stare al mondo, di essere contemporanei non perché dipendenti dall'attualità ma perché battiamo il giusto tempo di un soffio cosmico, eredi di una condivisione di passi, mani, suoni, umori, escrementi. Anelli di una lunga catena di aneliti in transito. Inalare l'azzurro dell'infero e del superno.
In più di te
I morti non sono
solo cifre
Quando ti amo
amo qualcosa
in più di te
ma che tuttavia viene da te
fino a occhi che non si vedono
Qui i cani non abbaiano
li si sente ridere
nelle pozzette di urina
Le nicchie sono taverne
dove gli angeli ruttano
consonanti
sulle nostre labbra incompiute
Le vocali sono mani
che lacerano la notte
Quando si scrive
qualcuno che viene dall'avvenire
ci tiene la mano
poi ci offre la pelle come una pagina
I tavoli sono infelici
sotto le lampade
I calamai non esistono più
eppure nei nostri corpi
colano riserve d'inchiostri
che terminano la notte
con una stella
in fondo a una frase
Una flebo goccia lentamente
dal mio cervello verso la pagina bianca
di un libro senza titolo né copertina
È il suo sangue bianco
che sale improvviso
verso di me
e che scrive il poema
che non hai ancora scritto
e mi fa sanguinare la pelle
fino al tuo amore.
Sul dettaglio delle cose
1
Questa bottiglia infranta sul pavimento
non è vetro
ma una parola rotta
forse uno specchio
posato su un orecchio
Ora le parole che spazzo
nella vanga parlano
un'altra lingua
più forte di quella della bottiglia
quando era intatta
e piena d'acqua
Un'altra bottiglia
posata più in alto sulla mensola
guarda la scena
Spezzare un'altra forma
far nascere una parola
di questa forma che non possiamo raggiungere
e che non sarà mai letta
Ma anche spezzare una parola
nella tua mano
è una cosa rotta
soprattutto amandoti nelle tue ombre
Le lettere che spazzo
nella vanga
chiamano ora
una parola senza cosa
ma che le contiene tutte
e che non ama nessuno
neanche l'infinito
che non smette di (ri)finirsi
camminando a piedi nudi
sul vetro rotto
2
Il ventre aperto del sole
all'improvviso davanti al paesaggio
ci mostra le trippe
o i suoi spiriti
Il paesaggio ci fotografa
lentamente
e ci fa indietreggiare
L'abisso ci guarda
perché da tempo
ci abbiamo gettato occhi
Il poema si torce le mani
a forza di avvicinarsi al vuoto
che batte come un cuore
Una parola non è che questo
ma è già troppo
senza sapere
poiché le cose ci ascoltano
Il vuoto non ha che un unico bordo
come una tazza
e quando lo voltiamo
è la tazza che cade
e il bordo guarda ciò che è caduto
Il cielo beve quello che può
rimpiangendo di non aver avuto bordo
come un bordo senza buco
un buco senza bordo
dove nessuno può scendere
ma dove tutti i bordi del mondo
saltano passando dietro di noi
3
Il parto dell'aquilone
si è svolto
all'ospedale della spiaggia
in mezzo a cordicelle
e fogli storti
Quest'uccello intempestivo
Questa mano su di noi
come uva
che fa sanguinare le sue unghie
Le parole sacrificate
che trascina nella coda
permettono di trattenere
gli eventi
che sono per esempio
il volo di corvi
o di aerei a reattore
In un angolo
del paesaggio
ci nascondiamo
in ciò che ci guarda
con la coda dell'occhio
Così te
davanti alle pagine bianche
che trascinano i venti
che si prendono per biancheria
Così con i tuoi occhi persi
che abbiamo ritrovato
o restituiti
per gettare biglie nei buchi
4
Una parola è un nodo
in ritardo o in sguardo
sul mondo
o in anticipo
quando il mondo non è più qui
La poesia è un concorso di circostanze
che uniamo in una botta sola
disfacendo i nodi
Piantiamo
la matita in mezzo al poema
che ha appena scritto
come un coltello
per disfare il nodo
Una parola è un pericolo isolato
circondato dall'abitudine
delle altre parole
Ti chiamo in questo giorno
con il tuo nome
Ti chiamo
Ti lego
Ascolta
La poesia si strappa
gli occhi per parlare
come i denti
Le parole non odono
Guardano le orecchie
di quelli che leggono
e fanno nodi
Stamattina, la poesia mangia
le orecchie delle parole
che non sentono
affinché le si possa sentire
e fare nodi
5
Ogni parola perde le sue lettere nella morte
e il suo silenzio cola
goccia a goccia
minuscola dopo minuscola
Un segno lampeggia
all'incrocio di tutte le strade
di tutte le colombe
di tutti i corvi
e di tutte le maiuscole
Il poema
che sfugge a questa parola
è un pericolo nuovo
che esita a iniziare
il poema da una minuscola
e il seguito della frase
in maiuscolo
La parola
di un testimone principale
partito senza che nessuno
l'abbia identificato
si perde le lettere
Ora una bestia fabbrica l'universo
e trascina la testa del tempo
con un capello solo
Vediamo il vuoto
discendere dal cielo
come una parola proveniente
da una geometria
Il nocciolo sotterraneo
dell'altezza
6
In un poema
il lettore che si oppone
a un dettaglio
che ha davanti
sottintende la somma
dei dettagli che lo guardano
Poster strappato
Corvo appollaiato su un semaforo
Specchio che beve in uno specchio
Un dettaglio si accorda sempre
con il nome della cosa
contenuta in questo dettaglio
e che va a generalizzare
tutti i dettagli che circondano
questa cosa
Ogni poema è anche una somma di dettagli
da dove sfuggono i titoli
delle cose che li guardano
Il dettaglio di un poema
si accorda sempre con un dettaglio
che sfugge
a colui che lo legge
in un segreto ad alta voce
Sono i dettagli
che si leggono tra loro
e a volte il titolo di un poema
non è che la somma di tutti i dettagli
che ha davanti a sé
ma in un nuovo ordine
del canto generale
Perciò per riprendere
i dettagli seguenti e citati sopra
riconsideriamo questa lista :
Poster strappato
Corvo appollaiato su un semaforo
Specchio che beve in uno specchio
Si otterrà una combinazione
di titoli come un giro di parole crociate
Corvo strappato su un semaforo
o Poster che beve in uno specchio
Così questo paesaggio che ho davanti
è divenuto stamattina
un dettaglio generale
e il lettore è
il quinto dettaglio
davanti ai quattro angoli del paesaggio
generale che ha perso i dettagli
7
Come leggere il poema
o piuttosto come leggere
il silenzio che circonda
le parole che formano questo poema
Ogni parola stamattina è un dado
che roteo nella mano
sopra al tavolo di un gioco
che non gioca
La poesia perde sempre
quando vuole allineare l'infinito
come i dadi
Il poeta gioca a Dio
sul tavolo da gioco
Getta gli occhi
facendo rime e luoghi
La rima non appartiene che all'orecchio
e se è il caso
cessa immediatamente di essere poesia
La rima appartiene all'occhio
stabilendo per esempio
un ponte
tra dio e gioco
Il pensiero suona unicamente
nelle rime
dissotterrando luoghi che non sono mai
esistiti e che all'improvviso ci vedono
8
Il ruolo della poesia
non è di togliere
le spine del rosaio
nel vaso posato sul tavolo
Né di aggiungere spine
al profumo delle rose
che cola sul tavolo
La poesia ci lascia
incerti
e la rosa distesa
su tutto il tavolo
ci lascia la promessa
di non esistere più
Questa rosa è un avvenire
già scritto
ma questa rosa è necessaria
e somiglia a una finalità senza fine
che tuttavia si ferma per guardarsi
Le casualità mentono
e questa rosa
è la giustizia di un nulla assoluto
Questa rosa posata sul tavolo
è bella perché è incapace
di capire la sua bellezza
Nessuna bellezza sa che è bella
Il suo suicidio di luce
fa di lei l'assente di tutto il mazzo
e il nulla diventa all'improvviso bello
davanti alla rosa intera
tacendo
9
La poesia è bassa
Bisogna sporgersi per raccoglierla
in mezzo a sedie rovesciate
La poesia non esiste da sola
sopra cose
sedute su sedie
Eppure è prigioniera
di quello che l'ha giustamente costituita
in bellezza
quando una cosa si alza
dalla sedia
La poesia non è mai una verità
senza la realtà
di una sedia che si siede
su un'altra sedia
La poesia va fino al fondo
dell'uomo
che smonta la sedia
per accendere un fuoco
La poesia è una decisione
che crede alla propria esigenza
delle parole della sedia
Abbiamo talmente picchiato
sul naso di questa sedia
che continua a sanguinare
senza accorgersi che è un uomo
che sanguina su di lei
o i suoi piedi che l'hanno attraversata
10
E per alleviare
il tavolo abbiamo
tolto i piatti e il pane
Poi ci siamo messi sulla panca
per smontare il tavolo
e l'acqua era assetata
di sole
Poi abbiamo svitato
i piedi e tolto il piano
fino all'entrata
rimasta beante davanti allo zerbino
Il mio tavolo è diventato così
una porta
ma quando è giorno di fame
la rimettiamo sempre in piedi
per sederci in casa attorno
Così quando mangiamo
non abbiamo più porta
all'entrata di casa
E quando chiudiamo a chiave
la porta per uscire
non abbiamo tavolo
all'interno di casa
E perciò per alleviare
casa
abbiamo eretto un tavolo
contro l'entrata e i cardini
e all'interno una porta per mangiare
La poesia sa che una porta
è sempre un tavolo
e un tavolo una porta
Fino a una parola che non sa
essere né orizzontale né verticale
per uscire o mangiare
decide che non ci sarà più niente
in casa.
Serge Pey e Chiara Mulas: "La plume et la pierre"
"fiestival" maelström 2017, Bruxelles
Foto: John Sellekaers, 2017
("fiestival" è scritto proprio cosi'). Questo fiestival annuale è organizzato dalla casa editrice di poesia e prosa poetica maelström réEvolution.
https://www.facebook.com/fiestivalmaelstrom
Serge Pey: nato nel 1950, scrittore, poeta, scultore, tra archeologia, filosofia ed etnologia, Serge Pey resta uno dei più singolari esponenti della poésie-action internazionale. Esperienza dei limiti del linguaggio, impegno politico e filosofico della poesia, esame critico della performance, statuto del ruolo delle avanguardie sono temi centrali della sua ricerca teorica. I suoi testi chiariscono in modo pertinente e polemico il ruolo che il poeta può avere negli spazi urbani di una società che propulsa la poesia fuori dal libro. Tra più di 50 opere ricordiamo Ahuc, poèmes stratégiques (Flammarion), Le trésor de la guerre d’Espagne et la Boîte aux lettres du cimetière (Zulma) Le manifeste magdalénien (Dernier Télégramme), Jérôme Bosch, avertissement d’incendie (Voix éditions), Histoires sardes d’espérance, d’assassinat et d’animaux particuliers (Castor Astral), Occupation des cimetières (Jacques Brémond), Poésie-action, manifeste pour un temps intranquille, (Castor Astral), Mathématique générale de l’infini (NRF Gallimard), Le carnaval des poètes (Flammarion), Victor Hugo, Notre Âme des paris (La rumeur libre). Vincitore del Grand prix national de poésie de la société des gens de lettres et du Prix international de poésie contemporaine Robert Ganzo, nel 2017 gli è stato conferito il Grand Prix de poésie Guillaume Apollinaire. Presidente della Cave Poésie di Toulouse, professore emerito, membro dell'Unité mixte de recherche CNRS, Framespa, satrapo del Collegio di Patafisica, Serge Pey ha diretto fino al giugno 2018 gli Chantiers d'art provisoire del CIAM, all'Università Toulouse2-Jean Jaurès.