L’attenzione di Giovanni Infelìse per la danza delle forme, i mutamenti della sostanza, i colori, i suoni si tramuta per il lettore in un fantasmagorico ambiente, ove quest’ultimo si accinge ad abitare un’atmosfera del tutto al di fuori dell’ordinario. L’orizzonte di riferimento è la poesia di fine Ottocento con il suo vitale interesse per le soglie fra il visibile e l’invisibile. I riferimenti concreti, infatti, sono sempre virati verso un luogo esclusivamente metafisico, ove risalti l’artificio letterario: “tra macerie che redigono / acronimi di impervi luoghi” come a trarre da esso la propria validità o in ogni caso, affermare che la vera realtà è al di là dello specchio. Estetico è il cuore della silloge “Per ordine di indefinita vita” alla quale Giovanni Infelìse affida la descrizione delle sue percezioni e dei relativi pensieri, indicando con nettezza che oltre l’abbraccio, la presenza carnale, per lui, molto più importante è il campo del non visibile.
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Si dipinge l’ordine confidenziale del movimento
non il suo aspetto estenuato e immobile
– la pittura rende l’artista veritiero in una piccola
parola che l’occhio restituisce nel vedere
il suono dell’anima e la forma di ciò che non appare
e si dona nel colore di una nota, rivelandosi
in un tempo mutevole che continuamente è in ogni
istante e fra le cose dove una volta almeno s’accende.
Giovanni Infelíse è nato a Cosenza nel 1957. Ha pubblicato Sfero (1987), Zèfiro (1989), Sotto la luna (1991), Cuora tremula (1992), Canti dell’amarezza (2001), L’isola senza desiderio (2006), L’ultima dimora (2007), Dépassé (2011), Per ordine di indefinita vita (2019). Si occupa di critica letteraria. Suoi scritti sono apparsi su riviste. Ha scritto per il teatro. Nel 1995 ha pubblicato un saggio dal titolo La voce imperfetta: il poeta e l’inquietudine della parola. Vive e lavora a Bologna.