Sei tu nel magma che mi sfiori
Sei tu nel magma che mi sfiori
e ancora non siamo,
è unico occhio, bulbo di lava,
mani fuse nella caldera.
Chi dall’alto veglia ignora
sesso, gestazione, furore.
Soffia per confonderci.
Io sono il nero e l’arancione,
senza gambe ti cerco,
di ogni crepa faccio stampo.
Ridi esplosivo, puro e in fiamme
Non mi sai, mi intuisci enorme,
tentacolare.
Liquida bacio la lava che
forma il tuo dorso-bollore,
bianca incandescenza è lingua
nei piedi immaginati.
Chi dall’alto veglia piange
acqua di scalpello, ora.
Ho capelli di manganese
e seni di cobalto in cui
ti specchi.
Esistiamo in frattura docile,
ti bacio nell’oro degli occhi,
neri e acuti, prima
del dolore che patirai
oltre la miseria del tempo.
Quando una poesia non ha titolo, lo chiede al primo verso, come se proprio a quel verso fosse debitrice.
Elena Cattaneo, con “Sei tu nel magma che mi sfiori”, costruisce una suite a tratti ipnotica che ricorda una colata lavica: la poesia è tutta strettamente innervata da termini collegati a un’ipotetica eruzione. Ci porta a essere allo stesso tempo abbagliati dai colori che si sprigionano e consapevoli di un pericolo. Infatti “Sei tu nel magma che mi sfiori” dice l’ardere dei corpi, il possibile della bellezza, il furore del desiderio. Dice anche la consapevolezza che tutto passa ma alla fine niente resta come prima; Mario Luzi, in “Nel magma”, scrive: “Prega che la loro anima sia spoglia / e la loro pietà sia più perfetta”. Questa citazione è importante per rendere conto fino in fondo del testo, per trasportarlo nella sua misura spirituale.
Si potrebbe infatti dividere il testo di Cattaneo in due parti, evidenziate da un verso che ritorna con una decisiva variante: “Chi dall’alto veglia”, prima “ignora” e poi “piange”. Si tratta del momento in cui la passione stempera nel dolore, dall’arancione si vira al blu cobalto, da “sesso, gestazione, furore” la coppia protagonista della poesia comprende che “esistiamo in frattura”.
La pietà della chiusa, il finale in diminuendo, come quando si spengono attenuandosi le luci e si affievolisce il sonoro, quando il ritmo rallenta nel placamento, quando si passa da un bulbo di lava all’oro degli occhi, ci fa assistere a un fuoco frantumato in scintille, presenta l’essenza, quel tanto di brace che ancora cova nella cenere.
Elena Cattaneo è nata a Milano nel 1971. Dopo la Laurea in Lingue e Letterature Straniere presso lo IULM di Milano, con una tesi incentrata sul poeta inglese Charles Tomlinson, si è specializzata in studi di traduzione in Inghilterra, allo UMIST di Manchester.
Opera da circa vent’anni nel mondo della musica classica.
Suoi componimenti poetici sono apparsi in riviste di settore e siti web di scrittura poetica (Carteggi Letterari, Atelier On Line, Blanc de ta Nuque, la Recherche, La Bella Poesia, tra gli altri).
Le sue ultime pubblicazioni sono “Il Dolore un Verso Dopo” (Puntoacapo editrice, 2016, postfazione di Ivan Fedeli), Finalista con Attestato di Merito al Premio Alda Merini di Brunate (2017) e Segnalata al Premio Ponte di Legno Poesia (2017) e “Sopravvissuti” (Prospettiva Editrice, 2015, pubblicazione premio).
E’ risultata finalista ai premi Bologna in Lettere 2017 ed Europa in Versi 2017, ed è stata segnalata dalla giuria al premio Rodolfo Valentino 2018, poesia inedita.
Una sua poesia estratta da "Tardigrada" (suite zoofila a quattro voci scritta con F.Bregoli, S.Gallo e G.Isetta) è apparsa su Il Segnale, n.108, Milano, ottobre 2017.