Con una poesia tutta aderente alle sottili percezioni non tanto della materia quanto dell’atmosfera, delle fonti luminose, dei riflessi e delle percezioni, Mario Novarini insegue il gioco infinito delle loro variazioni alla ricerca di una geometria sottesa e di relazioni che, sui binari dell’analogia, leghino l’inorganico all’organico, il corporeo all’incorporeo: “seguono la piramidale / spiraliforme geometria / ch’è imposta dalla loro / ineludibile natura”. Più spesso, però, il passaggio da un elemento all’altro si attua attraverso un salto, una discontinuità, ove la luce è il viatico principale. Il tempo traccia anch’esso una via nella quale è possibile attraversare differenti stati, ma resta sempre la metafora visiva la chiave analogica, quando presente. Il sogno unitario non è disgiunto dalla consapevolezza della sua illusorietà. Una vera e propria girandola di luce investe il lettore, letteralmente illuminandolo.
Tempo
Si inquadra
attraverso la sua lente,
che si allontana a poco a poco
dal piano geometrico
su cui ognuno di noi si muove
come per gioco,
la nostra figura,
visibile per un giorno solo,
per un irripetibile
limpido momento solo
perfettamente a fuoco.
Litopoiesi (Genova – Salita Carbonara al Carmine)
Arido grigio lichene
disteso come un’erosa
incrostazione del suolo:
è un vivo fossile la città
racchiuso entro un guscio di pietra,
grumo di pittorica pasta
oleosa che resta fluido
a lungo al suo interno
dopo che in superficie
si è solidificato.
Sotto il piano stradale
la vita si dirada si riduce
a geometrica configurazione:
delle pietre squadrate
l’ortogonale precisione
è il segno e l’unica inorganica
residuale evidenza
di un ingegno la cui gelatinosa
fisica consistenza
è scomparsa da tempo.
Dove il mare immobile delle argille
rovescia gli spruzzi marnosi
delle sue onde pietrificate
su dorsali calcaree
e detritiche coltri alluvionali
di instabili depositi ghiaiosi
si allungano nell’alveo di acque
che un tempo risuonavano al cielo
e ora scorrono per buie vallecole
sotterranee, sprofondano
millenarie basi di pietra
calate nel sottosuolo:
umano atto fondante
che sembra uguagliare
della natura il lapideo
effusivo parto di roccia,
al manufatto accomunato
da simile tettonico
destino di compattezza, usura
e disgregazione.
Mario Novarini (Genova, 1962) è laureato in Lettere con una tesi in Glottologia. Ha pubblicato Inventario (Book Editore, 2002), Con gli occhi della materia (Book, 2008) con cui è stato finalista al Premio “San Domenichino – Città di Massa” 2009 e ha vinto il Premio “Alessandro Manzoni” 2011.