Quando una poesia si conclude con una domanda lascia una sorta di sfida al lettore, a una ideale platea.
Il testo si trasforma in una proposta di condivisione che rilancia con più forza ancora il tema originario. Tutto questo non è semplice, ma Alice Pareyson ha il dono di non preoccuparsene, inserendo nell’opera una dose di arguzia produttiva ed efficace.
Grazie all’alternanza tra discorso diretto e indiretto, scarti semantici e versi ora brevi ora lunghissimi, grazie alla coscienza e al suo flusso, in “Santificati Uffizi” si succedono svariate sequenze, tra lo sgradevole e l’apparentemente inenarrabile in versi, raccontati nell’incandescenza di una lingua che si presta a qualsiasi richiamo dettato dall’autrice.
Attraverso le sue pieghe più graffianti, tra neologismi, onomatopee e mistilinguismo, vertiginosi cambi di ritmo e improvvise interferenze, il linguaggio travalica e dilata fatti anche scabrosi, che possono essere accaduti ad esempio oltre i cancelli che non sempre sono quelli del paese delle meraviglie.
Santificati Uffizi
la radio interconnessa trasmetteva fonemi significanti al cervello che rielaborava le
informazioni nell’apprendimento ipnopaideutico.
la strada deserta
un uomo
anzi due
si parano a catena
prendendo per mano
una bambina
anzi due
la bambina
vicina
evapóra
assecondando Volontà irrepressa
avventurarsi abbandonando l’Io
negando l’Esistenza
riportando l’Essere all’Ente
in dubbio se parte del materialismo teologico
irruzione
nel paese delle meraviglie
dal cancello rimasto aperto
senza sviste
-doveva essere visto-
ma non a tu per tu
punto per punto
cancello 1
-non sbattere
appiattiti accovacciarsi
cancello 2
cosa vedi?
-non ignoto
bene entra
-ma dobbiamo andare non arriveremo
non importa devi guardare
-il capo di gabinetto sonnecchia
starà perfezionandosi lui pure
(nel giallognolo scuro tendente alla terra
liquefatta):
ma che ci fai tu ancora qui
ma che ci faccio ancora qui
se non mi ami più
se non ti amo più”
-ma che corbellerie va dicendo
non lo so ma ha ostaggi
no non uscire
-mi è impossibile restare
allora evapora pena la morte di entrambi
lampi di luci soffuse
sulle strade dublinesi
poche anime
il centro pullula di ragazzi e ragazze vestiti a festa
la strada deserta -again- con accento nordirlandese
nessun uomo
nessun velocipede
-come si sposterà
i piedi faranno cilecca nel parlare.
(puntinipuntini per ragioni ignote ma ignifughe)
questioni irrisolte
bisogna andare
qualcuno volerà
non importa chi.
-il cane diabolico ci osserva
non darti pensiero, ci penserà lui a disvelare
ancora il capo di gabinetto
ha uno scagnozzo bau bau
più che vestiti a festa
abbigliati da doppio agente
molto borghesi poco in borghese
nerissimi bucano gli occhi e nessun Hail Mary ci salverà, non questa volta. Ah, Holy
Hazelhatch! che fare?
-scagionali
no bisogna far presto e bene
-rimbrottali
scoprire cosa vale un diretto
-castrali- era la soluzione, idiota!
non muoveranno un dito
belli dopotutto
distesi
al sole del corridoio di un ospedale circense anzino -pardondisse- ecclesiastico
-i bambini?
saranno fuggiti senza il tuo aiuto becero rettile dattilico
temporeggiasti di fronte a cancelli
semiaperti
per poi semplicemente castrare l’anima di inetti – attenzione che ciò potrebbe fare di te
pure un inetto
come il capo di gabinetto
che ascoltava ostruzioni
-istruzioni
tsk! alla radio che trasmetteva
interconnessa
fonemi significanti al cervello che rielaborava le informazioni nell’apprendimento
ipnopaideutico.
volete raccontare voi pure un’esperienza giovanile
andata a buon fine?
Alice Pareyson è nata a Milano il 15 novembre 1994. Ha frequentato il “Liceo Classico Alessandro Manzoni”, è dottoressa in Lingue e Letterature Straniere e attualmente è iscritta alla “Facoltà di Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee” dell’Università degli Studi di Milano, dove studia in particolare Lingua e Letteratura Russa e Lingua e Letteratura Inglese.
Con un saggio sul sequenziamento del genoma, nel 2012 ha vinto il 1° Premio all’International DNA Day Essay Contest 2012.
Paolo JACHIA e Alice PAREYSON “Franco Battiato. La cura. 27 canzoni commentate 1971” – Fabio D’Ambrosio Editore, Milano, 2016, pag. 224
“Maurizio Cancelli arte del territorio” – a cura di Franco Falasca – Fabio D’Ambrosio Editore, Milano, 2016, pag. 128 – traduzioni in inglese di Alice Pareyson.