Con questa raccolta Paola Nasti ci porta in un mondo altro: atopico, ulteriore, postumo, ma anche in una metafora poetica dove la disgregazione, attraverso una scrittura di notevole capacità visiva e visionaria, sembra muoversi ai fondamenti di una nuova creazione. Ma questo mondo di disappartenenza, sembra non avere solidità e gli esseri che la abitano sono divisi, anche frantumati, o ancor più sciolti dentro e fuori, tra odio e non amore. Al centro la nostalgia delle origini. Non una nostalgia ingenuamente intesa come ritorno a ciò che non c'è più, ma riassunta in un rito di finzione verosimile, vissuto nello sguardo di una natura virtuale. Tutto e tutti sono senza corrispondenza e senza rispondenza, e la poesia dell'autrice si incarica di dirlo con la precisione delle parole dove “cucite le rime/niente più bacia”.
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sotto le coltri soffici seguivamo il trascorrere delle stagioni, le foglie
erano le stesse, non cambiava quel senso di sconforto
quando qualcosa cessava - fosse un sogno o una vita
nessuno si poneva le domande
che oggi irrompono e ci spezzano i vetri
i giorni passavano lenti e senza noia, noi
con gli occhi bene aperti a guardare fuori
da lontano perlustravamo i perimetri dei continenti
ne seguivamo il contorno con il dito
cercando di essere attenti
ad ogni insenatura di costa, alle faglie che da quaggiù
si vedono anche ad occhio nudo
non speravamo di essere lontani
non c’era sogno che potesse distoglierci
dal contemplare quell’orizzonte buio, il suo sfumare lieve
nel punto di sutura tra terra e cielo
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per le barche non c’è approdo
disse
per i natanti non c’è gomena che tenga, le ancore
non possono saldarvi, disse, ad alcun fondo
resta il fluttuare, il girovago moto intorno al pianeta
la richiesta inevasa di un porto, il grido per ottenere
il grido per non perdersi del tutto
così disse
Paola Nasti è nata a Napoli nel 1965, dove vive e insegna filosofia nei licei. E’ redattrice della rivista di poesia Levania. I suoi testi – poesie e racconti - sono pubblicati in antologie, riviste e blog.