Ambra Simeone ci parla di un “uomo del sottosuolo”. Ci parla di un Altro, di una persona che non vuole omologarsi. Una persona che non chiede di essere accolta dalla comunità, perché non vuole condividerne il conformismo.
Stare fuori dalla società comporta dolore e sofferenza, sì, ma consente anche di mantenere la propria identità.
La figura della quale ci parla Ambra Simeone ha bisogno di essere se stessa, di trasformarsi e modificarsi senza condizionamenti, utilizzando per la costruzione di sé solo il “materiale” che proviene dalla propria interiorità.
Ha bisogno di conquistare la propria autonomia intellettuale: un’impresa che richiede spietatezza. E soprattutto il coraggio di mettere in gioco se stessi. Richiede di trarsi fuori dal contingente e spingerci fino al limite del fare esperienza, sottraendosi al conformismo e vivendo il proprio disagio esistenziale fino a rivelare agli altri la propria insofferenza.
L’“uomo del sottosuolo” del quale ci parla Ambra Simeone non si riconosce più nelle rappresentazioni comuni dell’esistente che l’abitudine e il potere offrono a piene mani. Ci impone, in ultima analisi, di essere partigiani e di esserlo attraverso la scrittura, magari in un leopardiano “zibaldone di pensieri”. E ci impone di essere dissidenti contro tutto ciò che ci fa ostaggi e ci rende prigionieri.
Ambra Simeone è nata a Gaeta (LT) il 28-12-1982 e attualmente vive a Brugherio (MB) dove lavora. Laureata in Lettere Moderne, ha conseguito la specializzazione in Filologia Moderna con il linguista Giuseppe Antonelli e una tesi sul poeta Stefano Dal Bianco. La sua prima raccolta di poesie “Lingue Cattive” esce a gennaio del 2010 per Giulio Perrone Editore (Roma). Del 2013 è la raccolta di racconti “Come John Fante... prima di addormentarmi” deComporre Edizioni. La sua ultima raccolta di quasi-poesie esce nel 2014 per deComporre Edizioni con il titolo “Ho qualcosa da dirti - quasi poesie”. È co- curatore de “Il Gustatore - quaderni Neon-Avanguardisti” che hanno ospitato gli autori: Aldo Nove, Giampiero Neri, Peppe Lanzetta, Paolo Nori e molti altri. Ha curato un progetto multi-antologico attorno al tema della scrittura dal titolo “Scrivere un punto interrogativo” edito da deComporre Edizioni. Alcuni suoi testi sono apparsi su riviste letterarie nazionali e internazionali tra le quali: l’albanese Kuq e Zi, la belga Il caffè e l’americana Italian Poetry Review. Sue poesie sono apparse su diverse antologie tra le quali: Il Quadernario Blu per Lietocolle a cura di Giampiero Neri e Il rumore della parole per EditLet a cura di Giorgio Linguaglossa. Ha organizzato diversi incontri poetici collettivi, fa parte del gruppo dei “Pentagrammatici” attivo nella provincia milanese. Sulla sua scrittura si sono espressi: Gian Ruggero Manzoni, Franca Alaimo, Giampiero Neri, Giorgio Linguaglossa, Claudio Damiani, Nazario Pardini, Marzio Pieri, Stefano Guglielmin. Nel 2015 ha vinto il Premio italo-russo “Raduga” come giovane narratore italiano, per l’occasione un suo racconto è stato tradotto in russo.
sto resistendo a questa cosa che consiste nel mettersi l’orologio al polso sbagliato, visto che il destro non è quello dove si dovrebbe mettere di solito, invece dovrebbe essere il sinistro, a intonarsi con l’eventuale fede e/o anello di fidanzamento, che si tratti di una donna oppure di un uomo, la regola non cambia, rimane quella, così più che trasgredire mi sono imposto di resistere, perché più che di una regola si tratta di un modo di fare, di vestirsi, di farsi vedere, di farsi uguale a chi l’orologio proprio deve portarlo sul polso sini- stro e non su quello destro
che diranno gli altri di questa strana mania?
vedi come fa? pare lo faccia apposta a mettere quella lingua così e quella bocca così, sembra che abbia la gobba persino, con quell’accento poi che si sente che è proprio del sud Italia, mi dice l’amica di facebook del gruppo amiamo la lingua italiana, allora sto resistendo, anche adesso, ora che mi sono trasferito, ma piuttosto che perderlo sto resistendo per farlo rimanere lì quell’accento, preservarlo, che gli accademici della Crusca potrebbero ri- prendermi, se dico ho sceso la valigia, che se lo scrivo me lo sottolineano con la matita rossa di sicuro, possibile che ad avere più paura di quell’amica che non ricordo che faccia abbia, forse non l’ho mai vista neppure in faccia, mi sembra che io ho più paura degli accademici della Crusca?
il piacere di fare il solitario appaga le sue voglie di artista incompreso?
ho visto tanti film sui grandi geni della storia, tutti perfettamente incom- presi, sarà che ai registi la cosa piace, la gente i libri non li vuole leggere, i film invece, non ho mai visto un film in cui loro, i geni, erano perfettamente compresi da qualcuno, che a pensarci su, nessuno è davvero compreso nep- pure i perfetti imbecilli, comunque non era di questo che volevo parlare, ma del fatto che resisto anche quelle volte che mi dicono che c’è della gente che si compra le macchine da quarantamila euro, mentre io vado sul colle di casa mia guardo e rimiro interminati spazi, ma come loro al di là di quelli ce ne sono davvero tanti, non immaginavo neppure così tanti, però non è per i sol- di che se pagati a rate non sono poi così pesanti, ma vorrei resistere alla vo- glia che ha la mia collega di sedersi su una macchina alta un metro e cin-
quanta da terra, invece che sull’erba di un colle, se per sentirsi così dovrà farlo fino all’ultima rata, tra tre anni a duecentocinquanta euro al mese, men- tre di stipendio ne prende solo ottocento, così preferisco parcheggiare la macchina tra le fronde per guardare la luna, e sul cofano prenderci tanti graf- fi dai rami che scendono giù, così posso dire che la mia macchina è bella e vissuta
ma il suo diario?
sì, lo scrivo sotto forma di poesie che sembrano prose, qualcuno mi ha detto meglio lasciar stare che quella lì non è poesia, è uno zibaldone e allora mi sono bloccato per un po’, ma fatevi i fatti vostri, gli ho detto, è solo un compito che mi ha dato lo psicanalista, anche se non era vero, andate a dirlo a lui se non vi piace, allora ho chiesto senza pretesa alcuna, ma voi cosa scrivo, lo avete letto davvero? mi viene il dubbio, perché se resisto a tutte queste cose, che possono sembrare stupide soprattutto da quando settant’anni fa ci siamo liberati di qualcuno che ci imponeva delle idee, adesso resistere servirà pur a qualcosa, mi chiedo? allora provo anche a non andare la dome- nica al centro commerciale quello enorme in centro, solo per andare a passa- re il tempo, a fare una passeggiata tra i negozi, quando fuori piove o nevica e fa freddo, invece dentro mi faccio un giro tra le borse, le scarpe, gli elettro- domestici, i mobili dal design innovativo, che mi tengono al caldo, e quando esco con le borse vuote, era solo perché volevo incontrare qualcuno e non camminare da solo in mezzo a tutta quella roba, maledetta roba
non sarà mica un po’ di vittimista?
no, sarà che mentre faccio questi ragionamenti in realtà, alla fine, sembra che non sia più neppure una mia scelta, ma mi sono abituato, mi pare più una questione di rassegnazione, per esempio mi fa questa impressione quando penso alla tempesta, quella che prima mi dicevano che non c’è la crisi, ora invece la vedo sempre in giro, ora che lo ammettono, non lo so mi sembra una cazzata a vedere tutta quella gente al supermercato, ma in fondo mentre faccio questi ragionamenti che dopo scrivo su quella specie di diario, la crisi magari c’è davvero, anche se c’è molta gente che si comprano le macchine per sedersi a un metro e cinquanta da terra, anche se girano per i supermerca- ti con le borse piene, anche se pagare a rate è diventato divertente che quasi non te ne accorgi, è così facile e veloce, e ti viene d’obbligo farlo, perché se
non lo fai sei veramente avventato e irresponsabile, invece se mi compro una macchina da quarantamila euro non lo sono affatto
e in questi giorni di festa?
ah, sì il 25 aprile non l’ho festeggiato, ma il sabato invece sempre a guar- dare la tv a casa mia e giù al villaggio non ci sono andato, era rosso sul ca- lendario e di solito rosso vuol dire festa, ma anche sangue alle volte, allora ho guardato un po’ di documentari in tv e mi sono sembrati bellissimi, per- ché quando leggo i libri di storia sembra tutto più noioso, le cose sembrano diverse in tv, a leggerle invece, che sudate carte che sono, così pesanti, che anche il giorno della liberazione si è versato tanto rosso da tutte le parti, an- che quelle innocenti, anche quelle presunte colpevoli, però alla fine resisto, ogni tanto penso che un’idea, anche se diversa, dovrei farmela.
a questo punto possiamo cambiare un po’ la terapia, mi prenda solo qualcosa per l’ansia
10 gocce al mattino di En
25 gocce alla sera di diazepam e venga qui 3 volte a settimana
grazie dottore, ora mi sento meglio, lo chiederò a mio padre se mi fa ve- nire qui tre volte a settimana, sa anche lui è un po’ ansioso, e anche se c’è la voglia di non prendere le medicine, potrei riuscirci, magari potrei anche non venire più qui, c’ho la resistenza nel sangue io, e ogni giorno ci provo a far- lo, per non essere schiavo, ma a me partigiano non mi c’hanno mai chiama- no, hanno deciso in tv che non mi ci chiameranno mai, magari in un libro, forse un giorno, in un libro, lo faranno, che in fondo è giusto che guerra ho vinto io? nessuna, nessuna.