Che sia quasi esclusivamente una scrittura che abbia come suo orizzonte la meta- poesia, lo dimostra il fatto che in Il bollettino dei mari alla radio, di Marco Pacioni, qualsiasi dato empirico viene riportato alla sua rappresentazione sia letteraria sia visiva, e lo stesso titolo in qualche modo ne rappresenta la cifra: “e naviganti e pescherecci arrugginiti / lungo le coste italiche / e putti soffianti i nomi dei vènti / sulla carta geografica immaginata”. Una riflessione sulla poesia fatta con le vive voci dei poeti (i quali sono invitati a comparire sulla pagina con citazioni o intere poesie), la quale disegna una costellazione di riferimento. L’interesse è forte, dunque, anche verso una poesia polifonica, poiché, come afferma lo stesso Pacioni, il tu esiste prima dell’io. Ma è anche una riflessione che s’incarica di fare il punto sul medium, ancorché poi la poesia venga messa costantemente a confronto con l’opera d’arte. Si veda il richiamo al Pontormo: “stinge il colore / che a tratti / barbaglia / e sembra ridere nella figura / che scontorna”. Se “poesia è fatta per andare / non per restare / disperata allucinazione / paradiso artificiale”, alle immagini artistiche, nella silloge, è affidato un ruolo di puntello, di sostegno. La cartografia culturale che segna, tramite citazioni, i gangli di molteplici percorsi, definisce contemporaneamente, con puntualizzazioni concettuali una sorta di legenda, di memento, quasi una precettistica del ruolo dell’intellettuale (“schiarire il senso il vero”) da tenere a mente: “e la paura di sembrare loro / solo prima contro coro”, ma da sottoporre, anch’essa, a dubbio. Sebbene ci siano delle soglie, le quali, come in ogni vero sistema morale, non bisogna oltrepassare: “e no / non imparare mai / mai la lezione / l’eccezione il male minore / l’autorità necessaria / e il mercato che decide”. Il che, inevitabilmente, trascina con sé anche una critica della cultura, come quando Pacioni segna il baratro tra l’abolizione del limbo ”per gli infanti non battezzati” e il discrimine reale operato dai centri di accoglienza. La critica alla cultura è inevitabilmente critica al sistema sociale che la produce: “kit e brochure / di villaggio tour e colonia penale / per la vacanza / al tempo sospeso nell’evo capitale”. E, quando è presente la natura, lo è già in forma mediata, poiché anche la natura è dato culturale.
***
mar làmina
la spiaggia una legnaia abbandonata
che il moto rode
non guardare solo avanti
la battigia non ha limiti
ma elementi
mare e terra a latere
acqua che s’insabbia e spuma
altr’acqua che sduna
la secca e s’impolla
lasciando biche d’alghe
che i passi sfasciano e rifanno
vedi
né chiama né
così ogni origine si disperde
così l’inizio
addossato ad ogni appresso
scatenata catena
ondata
è il ritmo
***
da una parte all’altra della foto
tu sforbicia
lungo il filo spinato
e ricongiungi i lembi del taglio
sì, rimargina
sì, la cicatrice rimane
***
in treno
nel dopo
guardato su un vetro
viso alberato a viso
caseggiati e passanti
e tutto
in fuga per stare
tra la ferrovia e la statale
la riva e là oltremare
Marco Pacioni (1974) è dottore di ricerca in Italianistica e ha insegnato Lingua italiana, Letteratura, Storia medievale e rinascimentale presso diversi istituti universitari fra Italia e Stati Uniti. Autore di numerosi saggi accademici, ha curato l'edizione de La condanna a morte di Pietro Paolo Boscoli di Luca Della Robbia (Quodlibet 2012), delle «Poesie scelte» di Michele Ranchetti (Anterem 2008), è fra gli autori del volume «Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle tre corone» (Edizioni dell'Ateneo 2006) e del libro su Proust Dalla parte di Marcel (Clichy, 2013). Ha in preparazione uno studio sulle neuroscienze in rapporto all'estetica e un saggio sul filosofo Giorgio Agamben. Attualmente collabora con «il manifesto» e con i periodici «Lo Straniero» e «Alfabeta2». Ha pubblicato poesie in lingua inglese su riviste americane e libri d’arte. Il bollettino dei mari alla radio (Aguaplano 2014) è il suo primo libro di poesie.