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in nodi l’alba che non ha frammento
mentre fingo inconoscente il frantume
di ogni opera stipata in orgogli malsani
mentre un’opera ruggisce nel profondo
di un’opera l’acqua è fibra innata a non dire
a non voler restar pensiero che il mio sangue
dona ora al nido che la mano ad artiglio
stringendo crea nello spazio di un foglio
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a te che ombra aspetti nel solco
ora che il precipizio oscura
ogni resa pensata – a morire spezzati,
come assenza scagliata
nel bosco feroce e calmo e vivo e santo
mi inchino a ogni deserto, mi inchino
all’indivisa armonia delle mani, mani
che raccolgono marciapiedi e specchi
a sera il grido indorava la danza
iniettava in occhi coincidenze
e bestie placate nel flusso di una fame
ordinata dalla pietà di una grazia
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non è sacro questo sangue
questa scheggia illimitata di trapassi
animati da organi? – mentre il vuoto
pulito dalla sua pelle gonfia
la gola di una pietà che si fa
culla nel relitto di una traccia