Anterem è un centro per lo studio e la diffusione della letteratura. Promuove conferenze in università italiane e straniere, atte a promuovere poetiche contemporanee, in relazione alla filosofia del linguaggio e all'etica. Anterem organizza altresì rassegne e letture poetiche; mostre d'arte e di scritture; recital di poesie con danza, videoart e musiche originali; collaborazioni con le principali università europee. Partecipa con i suoi poeti e artisti a manifestazioni europee e internazionali. Questi sono gli ultimi eventi che vedono Anterem come protagonista.
alla Casa della Poesia
Palazzina Liberty - Largo Marinai d’Italia,1- Milano
LA CORSA DEI FUOCHI
POESIE PER LA MUSICA
di Ida Travi
Moretti & Vitali Editore
Presenta Vivian Lamarque
Interviene Michelangelo Coviello
Questo misterioso libro di versi va contestualizzato nell’ambito del lavoro teorico della poetessa (L’aspetto orale della poesia, 2000), nonché nell’ambito del suo lavoro compositivo (si vedano testi poetici scritti per la musica e messi in scena Il solitario e Il canto del moribondo e del neonato, rispettivamente del 2001 e del 2003). Libro misterioso in quanto pare essere il doppio di un testo non scritto, muto in quanto registrato nello “azzurro” onirico, ma velato al risveglio da quel silenzio che impone la scrittura, o se vogliamo, ispira alla traduzione della scrittura onirica nella lettera della lingua madre.
Sono testi che parlano a chi sa ascoltare la poesia come voce di un sogno (significativo, da questo punto di vista, l’exergo mutuato da Antonin Artaud Si tratta di dare alle parole, più o meno, l’importanza che hanno nei sogni), e allo stesso tempo come voci della tragedia antica.
(Tomaso Kemeny)
Il libro contiene CD con lettura poetica e tre canti.
Voce recitante: Ida Travi.
Voce cantante: Patrizia Simone.
Musica: Andrea Mannucci
(© Edizioni Suvini Zerboni – sugarmusic 2003)
Il 18 aprile la poesia di Ida Travi è stata trasmessa da Fahrenheit – Radio Tre
Nota biografica di Ida Travi, poetessa
Scheda del libro
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V^ Fiera della Piccola e Media Editoria
Roma 7 – 10 dicembre 2006
La casa editrice
Moretti & Vitali
organizza
Sabato 9 dicembre 2006
ore 16,00
Quando il filosofo incontra il poeta
Presentazione della collana
Narrazioni della conoscenza
(Moretti & Vitali)
diretta da
Flavio Ermini
Dialogo con:
Antonio Prete e Susanna Mati
Introduce
Giampiero Moretti
Coordina
Flavio Ermini
La nuova collana Andar per storie. Le narrazioni della conoscenza è nata dalla necessità di narrare per seguire il cammino di conoscenza che conduce all’essenza delle cose, in un’ulteriore esperienza di verità. Infatti, la collana accoglie testi narrativi scritti da non-narratori ossia da filosofi, poeti e scienziati che si cimentano con una dimensione nuova della scrittura.In quest’ottica i primi tre titoli della collana si inseriscono come un punto di vista innovativo del pensiero contemporaneo.
In Il moto apparente del sole Flavio Ermini ricostruisce la storia dell’infelicità umana seguendo il percorso conoscitivo di poeti, narratori e pensatorieattraverso le loro opere si interroga sulla condizione della vita umana, con un linguaggio poetico-narrativo che ne testimonia l’insensatezza.
Il Racconto ulteriore, recentemente pubblicato, è invece un testo in cui dodici autori — Bonnefoy, De Monticelli, Donà, Duque, Gargani, Givone, Lacoue-Labarthe, Nancy, Prete, Sini, Tagliapietra, Vitiello — si affidano al gesto narrativo, affrontando alcune questioni rilevanti del pensiero contemporaneo andando oltre la rassicurante forma saggistica, e aprendosi alla struttura del racconto e all’emozione di una storia. Un’originale interpretazione del pensiero filosofico che si libera da rigidi schemi nel tentativo di afferrare la verità attraverso la narrazione.
In Ninfa in labirinto Susanna Mati, attraverso un excursus in cui si susseguono momenti filosofici e luoghi poetici racconta del carattere inafferrabile della ninfa che si presenta come la mobilissima figura del femminile, come la femminilità in sé, legata all’idea della vita e del movimento.
Per informazioni:
con.testi -Editoria & Comunicazione
Elena Cannarozzi - Ufficio stampa Moretti & Vitali
011 5096036 – stampa.morettievitali@contesti.it
Per contatti in Fiera: +393349972978
Martedì 28 novembre 2006: Sala Montanari ore 18.15
Estetiche dell’Erranza
Dialogo tra Alberto Folin e Massimiliano Finazzer Flory
Lettura di testi poetici sul tema dell’erranza.
Voci recitanti: Carla Totola e Massimo Totola
La poesia è in contatto perenne con la natura umana, nella cui erranza è custodito il segreto del mondo. Folin e Finazzer Flory pongono la questione: come può nell’erranza avvenire l’intervento decisivo del poeta, tanto da rendere possibile sia il pensare della filosofia sia il sentire e l’immaginare della poesia?
Mercoledì 29 novembre 2006: Sala Montanari ore 18.15
Storia dell’Infelicità
Dialogo tra Giampiero Moretti e Flavio Ermini
Lettura di testi narrativi di Flavio Ermini.
Voci recitanti: Jana Balkan e Isabella Caserta
Moretti ed Ermini si interrogano sulla condizione della vita umana, giungendo a ricostruire la storia dell’infelicità e a testimoniare come la dimensione dell’essere nel mondo sia costituita dal dolore dell’esistere. In questo percorso conoscitivo, nel loro dialogo richiamano poeti, narratori e pensatori la cui parola in proposito appare decisiva.
Giovedì 30 novembre 2006: Sala Montanari ore 21.00
Elementi della Percezione
Quattro filosofi dell’Università Statale di Milano – Matteo Bonazzi, Federico Leoni, Carlo Sini, Matteo Vegetti – si confrontano sul tema della percezione
La percezione della realtà è una questione centrale per la conoscenza poetica. Ne discutono quattro filosofi sotto il profilo del tempo, della parola e della memoria. Il fine? Quello di mettersi in contatto per un momento con l’essenza delle cose e, forse, con la verità.
Venerdì 1 dicembre 2006: Sala Montanari ore 21,00
Percorsi del suono - Concerto di musica elettroacustica, con video e poesia
Concerto a cura del Conservatorio di Musica di Trento “F.A. Bonporti”, sezione di Riva del Garda
Musiche di: Carlo Benzi, Massimo Biasioni, Andrea Cera, Fabio Cifariello Ciardi, Cosimo Colazzo, Roberto Doati, Emilio Galante, Mauro Graziani, Massimo Priori, Riccardo Sinigaglia, Javier Torres Maldonado, Marco Russo
Poesie e prose poetiche di: Walter Benjamin, Flavio Ermini, Ottavio Fatica, Marinella Galletti, Vicente Huidobro, Tomaso Kemeny, Eugenio Montale, Antonio Prete, Maria Pia Quintavalla, Ranieri Teti, Simone Zafferani, Andrea Zanzotto
Esecutori: Ivano Ascari tromba, Emilio Galante flauto, Alberto Jona voce, Marco Pangrazzi sassofono
Il concerto approfondisce le relazioni tra suono, parola e immagine nelle forme della multimedialità. I testi poetici rappresentano l’inizio di una riflessione su più livelli artistici: suoni elettroacustici, suoni prodotti da strumenti acustici, videoproiezioni, narrazione. Molteplici visioni che ogni compositore sviluppa nel proprio mondo creativo e con il desiderio di comunicare le sensazioni che il testo poetico ha suggerito e ispirato.
Sabato 2 dicembre 2006: Sala Montanari ore 18.15
Luoghi del senso
Recital di Maria Angela Bedini, Giulia Niccolai, Camillo Pennati, Michele Ranchetti, Antonio Rossi, Roberto Rossi Precerutti, Enrica Salvaneschi
Incontro con sette poeti tra i più significativi della poesia italiana contemporanea, vincitori negli ultimi anni del Premio Lorenzo Montano. Tra pensiero e stile, un itinerario attraverso le poetiche più cruciali in atto all’inizio del nuovo secolo.
Domenica 3 dicembre 2006: Società Letteraria di Verona
Evento conclusivo del festival “Veronapoesia”
organizzato dal Premio Lorenzo Montano
10.30-12.30, 15.00-17, 20.30-22.30
Francesco Bellomi
99 variazioni del desiderio
per pianoforte, clarinetto, percussioni
Francesco Bellomi pianoforte, Marco Dal Bon percussioni, Matteo Prevedelli clarinetto
Conduzione dell’evento: Flavio Ermini e Ranieri Teti
Durante l’esecuzione verrà proiettato “L’age d’or” di Luis Bunuel
Azioni teatrali
Jana Balkan e Isabella Caserta da Roland Barthes “Frammenti di un discorso amoroso”
Carla Totola e Massimo Totola da Yves Bonnefoy “ Più veloce, più lontano, ancora”
testo tratto da “Anterem 61”
Quadri di danza, Maria Giuliana Gardoni
Programma
Ore 10.30
La mancanza d’essere, letture poetiche di Giovanni Ariola, Gianfranco Coci, Marcella Corsi, Ariele D’Ambrosio, Stefano Ferrari, Michele Fianco, Miro Gabriele, Oronzo Liuzzi, Eugenio Lucrezi, Stefania Negro, Salvo Nugara, Lina Salvi, Renato Tonozzi, Eros Trevisan, Cesare Vergati
Ore 12.00
Balkan & Caserta in “Frammenti di un discorso amoroso”
Ore 15.00
La perdita e l’indicibile, letture poetiche di Patrizia Bianchi, Dome Bulfaro, Paola Cattaneo, Adriano De Luna, Antonella Doria, Giusi Drago, Giancarlo Fascendini, Adelio Fusé, Fabia Ghenzovich, Francesca Giraudi, Maria Grazia Martina, Alberto Nocerino, Andrea Rompianesi, Stefano Rossini, Massimo Sannelli
Ore 16.30
I piaceri del testo, letture poetiche di Giorgio Bonacini, Davide Campi, Mara Cini, Flavio Ermini, Marco Furia, Rosa Pierno, Ranieri Teti
Ore 20.30
La forma dell’attesa, letture poetiche di Domenico Cipriano, Tiziana Colusso, Federico Condello, Elena Corsino, Dino De Mitri, Sonia Gentili, Lino Giarrusso, Anna Laura Longo, Eros Olivotto, Paolo Polvani, Laura Puglia, Jacopo Ricciardi, Luigia Sorrentino, Pietro Spataro, Ezio Zanin
Ore 22.00
Totola & Totola in “Più veloce, più lontano, ancora” , Gardoni quadri di danza
L’intreccio di voci, suoni, immagini, durante un’intera giornata che fonde poesia, musica, video, azioni teatrali, filosofia e danza intorno al tema del desiderio, visto principalmente dallo stato d’animo che esprime la mancanza della cosa cui tendiamo.
Domenica 26 novembre 2006: Sala Montanari ore 17,45
Omaggio a Lalla Romano. “Follia e santità della bellezza: forse questa è la chiave”
a cura di Paola Azzolini e Sirio Tommasoli.
Commento musicale di Luca Richelli.
Incontro con la poesia di Lalla Romano, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, in una conversazione con Antonio Ria.
Una proiezione di ritratti realizzati in quindici anni di vita in comune accompagna le letture da "Diario ultimo", poche parole essenziali e frammenti di pensieri annotati su grandi fogli bianchi. Alcuni di questi manoscritti "scritti da cieca" sono esposti in un’installazione visiva e sonora, che propone l’ascolto della voce dell’autrice nella suggestione dell'antica biblioteca della Letteraria.
Domenica 26 novembre 2006: Sala Montanari ore 19,30
Antropologia della bellezza: Composizioni
Vernissage della mostra fotografica di Antonio Ria
(Società Letteraria, sala Montanari 26/11–3/12/06)
In questo lavoro Antonio Ria, antropologo e fotografo, sviluppa un particolare tema della bellezza.
Si tratta di una ricerca estetica sulle case di legno (timber-framed houses) del West Midlands inglese che per lo più appartenevano al ceto contadino e operaio. Il punto di vista di questo lavoro, afferma l’autore, è l’approccio estetico, di bellezza pura. “Per questo ho cercato di mettere in evidenza le forme, le linee, l’equilibrio fra il bianco e il nero. La ricerca dei particolari ha portato alla scoperta di forme e linee che compongono un disegno autonomo rispetto all’nsieme della costruzione. Si scopre così un’estetica nascosta nella casualità e nella necessità di queste case … Resta il problema se l’esigenza estetica esisteva già o se è stata inventata dall’occhio del fotografo, dalle sue scelte, dalle sue inquadrature. Io penso che in questo caso ‘inventare’ si debba intendere nell’accezione etimologica latina di invenire, cioè cercare quello che c’è già.”
Lunedì 27 novembre 2006: Sala Montanari ore 18,15
Antropologia della bellezza
conversazione di Sirio Tommasoli con Gio Ferri, poeta, critico e artista visivo, e Antonio Ria, antropologo e fotografo
Svetlana Ostapovici, Identificazione, 2007. Mosaico pittorico, particolare.
Gerhard Richter, Cage (6), 2006. Olio su tela, particolare.
Dopo anni di assenza assurda e ingiustificata torna il Padiglione Italiano. Anche qui nessuna novità, Due artisti. Giuseppe Penone, scultore, ormai un ‘maestro’ dell’arte povera del secondo Novecento: oltre quarant’anni di coerente ricerca sulle piante, il bosco, il ruscello, nella fluenza della linfa, nel calco della materia naturale. Il più giovane Francesco Vezzoli, invece, cede sì alla maniera, ma non a una sua esclusiva maniera: riprende – espressività rivisitata ormai da decenni – l’accumulo ripetitivo di immagini in movimento ossessivo, di frastuoni, il tutto (ovviamente) simbolico della nostra globalizzata perdita di identità individuale.Gio Ferri è poeta, poeta visivo, grafico, critico d’arte e letteratura. Fondatore nel 1983 e condirettore, con Gilberto Finzi e Giuliano Gramigna, della rivista “Testuale, critica della poesia contemporanea”. Fra le sue opere poetiche più recenti, per Anterem Edizioni, il primo e il secondo libro de L’assassinio del poeta.
"Tavolo della poesia possibile"
Cortile del Museo Civico Ala Ponzone
Via Ugolani Dati, 4
Sabato 26 maggio, ore 14:00
Incontro con le riviste
Anterem, Semicerchio, Testuale, il Verri, l’Indice
Il tema è l’Ascolto.
Coordina i lavori Flavio Ermini
La figura dell’ascolto è di importanza capitale per ogni rivista di poesia o di riflessione sulla poesia.
Ascolto quale rapporto della rivista con il poeta: quali modalità vengono seguite nella fase della ricerca e della scelta dei testi da pubblicare?
Ascolto quale rapporto della rivista con il lettore: quale tipo di ascolto si attende una rivista da chi la legge? a quale ascolto si predispone il lettore?
Su tali questioni e su altre a esse connesse si confronteranno i rappresentanti delle riviste coinvolte nell’incontro.
Preleva la locandina
“...vengono definite comparse: figure che compaiono e scompaiono attraversando la scena per il tempo di una battuta o un gesto, solo per servire l'azione degli altri. Spesso nel cinema come nella letteratura, sono figure femminili, decorative ma irrilevanti. Una poetessa italiana, Ida Travi, ha pescato o piuttosto ripescato una di queste stelle filanti in uno dei testi fondatori della nostra cultura, il 'Simposio' di Platone. Nel celebre dialogo, ambientato durante una festa, gli amici riuniti-tutti uomini- quando decidono di conversare sul tema dell'amore, allontanano la suonatrice di flauto, che fino a quel momento aveva rallegrato la serata. La flautista scompare nel nulla...”
Giovedì 8 novembre 2007 ore 21
Il moto è segnale e sintomo di vita. È lo stato delle cose animate, il limite che distingue l’essere dal non essere.
L’essere è partecipe del moto in quanto lo percepisce dentro e fuori da sé.
L’atto del percepire è il primo incontro con l’altro, che l’essere riconduce a se stesso e attraverso sé lo definisce, per poi rincontrarsi.
ANTEREM EDIZIONI
è presente alla Fiera del Libro di Torino
dal 10 al 14 maggio nello stand della Regione del Veneto
con le sue collane di poesia, d’arte e saggistica.
La ventesima edizione della Fiera del Libro di Torino (link esterno) ha per tema conduttore i “confini”. Il confine è ciò che segna un limite e dunque separa, ma insieme unisce, mette in relazione. Un concetto che la Fiera intende declinare nella sua accezione di apertura e di scambio apprestando alcuni grandi filoni. Tra questi filoni, uno è dedicato all’incontro tra poesia e filosofia, tema affrontato in modo particolare dalla rivista di ricerca letteraria “Anterem”, presente con le sue collane editoriali alla Fiera del Libro nello Stand della Regione Veneto.
Le collane presentate sono:
Maria Corti in una foto di Giulia Adami
www.giuliaadami.com/ritratto_della_voce.htm
Notizie sul percorso editoriale di “Anterem” si trovano sul nostro sito.
“Che fortuna avere un così bel pretesto per parlare e conversare, e convenire sul fatto che l’esperienza della bellezza è universale e che l’impulso a cercarla, senza cedere alla fatica, ci permette di trovare una via che è la nostra via…e che può diventare la nostra vita”. Queste parole, scaturite dallo scambio con Yves Bonnefoy, rassicuranti eppure indicanti una condizione di rara, provvisoria e sempre precaria convergenza, condensano simbolicamente la grande questione da cui trae spunto l’incontro-dibattitto organizzato intorno a questo tema tanto caro e inafferrabile qual è quello della Bellezza, così come può essere colta, espressa e dare testimonianza della nostra domanda interiore attraverso due delle forme espressive più diffuse inventate e continuamente rivisitate dall'uomo: La Scrittura Poetica e il Segno Pittorico.
A partire dal Volume Il Grande Spazio di Yves Bonnefoy, ed. Moretti e Vitali, ci si chiede come la bellezza sia davvero un’esperienza condivisibile e, se sì, in che modo, e in quale misura il linguaggio pittorico e la scrittura poetica riescano a coglierne, almeno in parte, l’essenza e a trasmetterci quella sensazione di poter attingere ad una parte di assoluto, attraverso la forma.
L’evento, organizzato dal Laboratorio di lettura e scrittura poetica di Artemis in collaborazione con l’Alliance Française de Vicenza, e con il supporto della Libreria Mondadori Quarto Potere di Vicenza, avrà luogo presso la suggestiva Sala della Libreria Mondadori, in Piazza delle Erbe 9/A, Venerdì 29 Maggio 2009 alle ore 18.30. L’incontro, aperto al pubblico, intende aprire un dibattito rivolto a quanti si dedicano specificamente all’arte e sensibile di fruire della testimonianza e dell’apporto di tutti, consapevoli che introdurci in tali argomenti con una guida d’eccezione come Bonnefoy significa fare l’esperienza dell’arte non come turisti né come critici d’arte, ma come persone innamorate della bellezza.
Intervengono:
Flavio Ermini : poeta, saggista, direttore della Rivista di Ricerca Letteraria ANTEREM
Stefano Guglielmin : poeta, saggista, insegnante
Francesca Ruth Brandes: critica e curatrice d’arte, poeta
Lettura dei testi a cura di Jean de Jaegher
Coordina Ivana Cenci: traduttrice, responsabile del Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis
voce e azione scenica Daria Anfelli - coreografia e danza Giuliana Urciuoli
musica originale Andrea Mannucci - voce cantante Patrizia Simone
disegno luci Vittoria Coccia
(da La corsa dei fuochi Moretti&Vitali 200)7
Teatro Camploy 26 e 27 febbraio 2008
Una ‘Corsa’ ricca di poesia e tutta al femminile
Simone Azzoni
Operazione difficile il teatro poesia: è la spazializzazione della parola lirica, la carnalità e la temporalità del presente dei versi. Più facile se è il “femminile” a costruire le sponde entro le quali la narrazione si fonde alla poesia; il femminile che rimbalza dalla platea al palco del Camploy per sostenere LA CORSA DEI FUOCHI scritto e diretto da Ida Travi. La sua poesia dell’ascolto, dell’oralità, dell’evocazione si fa apertura ad altri linguaggi nelle coreografie di Giuliana Urciuoli e nella voce di Daria Anfelli. E’ respiro ampio la loro unità costruita su una sottile, impalpabile struttura che dice della fragilità dell’anima e delle sue vibrazioni.
La parola della Travi che soffia il rapporto tra uomo e natura, le lacerazioni della solitudine, i microcosmi del gesto quotidiano si raffina ulteriormente nei paesaggi disegnati dal corpo e dalla parola.
Le calibratissime Anfelli e Urciuoli diventano il doppio, il testo non scritto, la sottolineatura visibile del silenzio pieno che irrompe negli spazi lasciati dal testo. E’ comunicazione degli spazi bianchi, comunicazione del doppio e delle rifrazioni tra il buio e il colore delle luci disegnate da Vittoria Coccia.
Proposta elegante sostenuta dalla musica ‘einaudiana’ di Andrea Mannucci, La corsa dei fuochi occupa lo spazio intermedio
lasciato libero dal sogno e dal tempo.
Usa l’immobilità, le dilatazioni, la spezzettatura del gesto e la sua ricomposizione, usa il sussurro ampio che cerca rigore, centro, unità e senso nelle terre di nessuno, nelle terre abbandonate dalla logica consequenziale e causale. Usa l’assenza e la fuga, l’imprecisione e la diagonale, la circolarità.
E’ un lavoro che si prende sul serio, da proteggere nelle pieghe del femminile e che segna finalmente una possibilità nuova a tanto teatro di poesia fatto tristemente al leggio.
(Simone Azzoni)
A te, Philippe, per salutarti. Per dirti un addio che non ti promette alcun Dio, poiché sei partito verso il nulla o verso te stesso, a meno che tu non ti sia finalmente voltato, girato verso di noi, forzatamente distolto dalle lontananze verso le quali non vai perché non esistono. A te che sei entrato nell’unica presenza per te dotata di stabilità, nella sosta o sulla stele dove decifrerai l’immobilità pericolosa di ciò che si pretende identificato: la figura cerchiata, eretta. Entrare nell’inammissibile, dicevi, di questa stanza: essendo raggelato, nient’altro che sottratto all’infinito d’essere. Entrato in questo rivoltante non luogo d’essere.
Oggi la differanza infinita è finita; la cesura si perpetua, la sincope resta aperta. Non è senza bellezza, malgrado tutto, tu lo sai: è anche il tuo sapere più intimo.
Domenica
4 ottobre 2009
ore 17.30
presso l'Atelier
Di_segnolibero
-arte e cultura-
LETTURA SCENICA
DI IDA TRAVI
[pdf 1.4MB]
testi da
"Neo/Alcesti -
Canto delle quattro mura"
e da
"La corsa dei fuochi"
Moretti&Vitali Editori
La mostra intende realizzare/provocare un’indagine sul tema dell’amore nelle sue varianti iconografiche più rappresentative nell’arte del presente. Il concept fa riferimento a una delle opere filosofiche più belle scritte sul tema dell’amore: Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes (editions du Seuil, Paris, 1977), da cui viene mutuato il sottotitolo: frammenti visivi di un discorso amoroso. Proponiamo ai nostri lettori - oltre alla scrittura che sul catalogo Flavio Ermini dedica a questa tematica - una esemplare galleria di immagini della mostra.
1.
In principio l'essere umano era l'uno e l'altro. «Noi fummo interi» dice Platone «e il desiderio dell'antica unità così come la sua ricerca ha per nome Eros».
Proprio come ci viene presentato nel Convito, quale daimon nato dall'unione tra Poros e Penía, Eros è mancanza, bisogno, insufficienza e nel medesimo tempo via, passo per accedere a ciò che non si possiede. È forza perpetuamente insoddisfatta e inquieta che occupa «il posto intermedio tra l'uno e l'altro estremo».
Frontiera fisica che tiene fuori di sé l'altro, il corpo si configura come limite di pensabilità dei sensi. È nella sintonia dell'incontro erotico che s'instaura un rapporto in cui il corpo si trasforma in transito dall'uno all'altro.
Promesso a una forma, Eros è custodito «dove i corpi si mischiano», nella zona di confine tra il pensiero razionale che l'essere umano ha nel tempo articolato e la follia che in esso non ha mai cessato di tracciarsi.
In questo esodo è pensabile anche il movimento che porta verso l'altra parte di noi stessi, alla terra incognita da cui un giorno ci siamo allontanati.
2.
Mi scrivi: «La terra che attraversiamo è in parte raccolta negli specchi della nostra casa. Noi siamo questi specchi, che vanno consumandosi nel viaggio intrapreso. Siamo la loro lucentezza e il loro lento offuscamento».
Mi dici: «Siamo gli specchi rivolti alla luce del crepuscolo. Siamo gli artefici di cose che solo nella prossimità della notte si possono vedere.»
Soggiungi: «Occorre volere con ostinazione, altrimenti non è possibile percorrere tutta quella distanza che ci separa da noi stessi».
3.
Le frasi di chi parla d'amore sono spezzate fino al balbettio e rivelano un'agitazione di fondo e una "turbolenza" che portano lontano dalla chiarezza rassicurante del discorso. Un'atmosfera di sospensione le avvolge.
Questo dipenderà dallo stato d'insicurezza in cui naturalmente si colloca la passione amorosa? O dipenderà forse dal fatto che l'amore si costituisce, in ogni suo istante, a partire da un "bisogno" dell'altro oltre che da una condizione soggettiva di "mancanza"?
Orfeo è il simbolo stesso di questa sospensione: vera e propria lacerazione - prima nell'animo e poi nella carne - fra un'insperabile restituzione all'unità e un'incombente perdita.
4.
L'interminabilità del gesto che stiamo compiendo è proporzionale alla razionalità che lo controlla e mi ricorda i versi di Antonia Pozzi: «Belve chiare / guardarono dal folto / a lungo / il tramonto nell'acqua».
Mi dici: «Nella luce del crepuscolo ci sono i relitti prodotti dal giorno e c'è il vortice che ci strappa da terra e non ci restituisce più alla mano del tempo».
Soggiungi: «Quel che è profondo, nella vita come nella scrittura, è chiuso nella lontananza: nell'albale altrove di noi stessi».
5.
L'amore giunge dopo che l'unità è stata spezzata. Unisce ciò che è stato diviso. Cerca di ridare vigore alla perduta beatitudine: tutto ce ne parla, a partire dai corpi.
Ma l'amore va al di là del godimento dei corpi. Come indica Platone, occupa «il posto intermedio» tra l'uno e l'altro estremo. Si fa interprete tra la ragione che l'uomo ha costruito e la follia che ancora lo abita.
Anche la carezza ci parla di questa concezione dell'amore come tensione verso la ricomposizione di quell'uno che eravamo. Ce ne parla anche come esodo incessante e doloroso nella ricerca tormentosa della propria metà.
L'amore opera per ricostituire la forma originaria, facendo «di due uno». Quell'uno indistinto e primordiale dalla cui separazione si sono generati i due. Ecco perché nel Simposio si dice: «Forse è questo che volete: diventare la medesima cosa l'uno con l'altro, in modo che non vi dobbiate lasciare né giorno né notte».
6.
M'incammino su questa terra di confine instabile e smottante. Così come lo è la luce del crepuscolo, in cui riconosco non un semplice declinare della luce, ma il sottrarsi dell'essere dal cerchio della vita, in un viaggio di ritorno a casa.
«Seguimi.»
Se la luce dell'albale altrove che gli specchi segnalano è un cerchio d'inconosciuta purezza, la luce del buio interiore verso cui ci incamminiamo ha una dolcezza dal sapore già noto.
7.
«Seguimi.»
Una carezza traccia le vie che conducono all'originaria pulsione che si gemina in pulsione sessuale e pulsione di morte.
La seconda incide profondamente sulla prima, alterandone il sembiante e il linguaggio.
Grazie alla carezza, a venire in primo piano è l'incontro degli opposti: una duplicità senza opposizione, che pur legando non sopprime i differenti e li lascia essere in pace. Come se l'accadimento avesse in serbo un pensiero che, là dove tutto manca, è ancora un ricordo o già un'attesa. È proprio nell'immagine di questa piega - propriamente una carezza - che il tra dell'amore va pensato.
8.
«Felice è l'umano perché si pone tra luce e tenebre» ricorda Valéry nel Mon Faust. E avvalora l'importanza dell'intrico tra luce e ombra per comprendere il senso di un edificio in cui molti specchi trovano costantemente crescita e sparizione.
L'edificio in cui stiamo per tornare ha uno spessore che si fa sentire con forza. Luce, spazio, scorrimento, contrasto e linearità orizzontale: queste le componenti del reale che accolgo, con l'illusione di toccare i limiti del buio e della notte.
«Non è che una pausa» mi dici. «Ma questa sospensione ci consente di approssimarci all'ombra su cui la verità sorge illuminandosi».
«L'ombra è la condizione necessaria all'acquisizione della verità» precisi.
9.
Scrive Heidegger: «La mano porge e riceve, e non soltanto le cose, porge anche se stessa». Nella carezza, l'intenzione affidata alla mano offre il dono di sé e sfugge a ogni controllo. Ogni carezza, quella spaziatura tra il desiderio e il compimento, diventa un enigma sia per chi la dà sia per chi la riceve. Il senso che abita la mano è sempre compromesso dal senso che scaturisce dal corpo dell'altro. Quel corpo che non si ha mai la sensazione di possedere anche quando lo si avvinghia.
È del vuoto che ci si innamora e non del pieno. Per questo il respiro degli artisti ha sempre a che fare con l'inizialità del dire e sembra rubato al respiro degli amanti. Per questo l'amore mette in gioco l'esposizione all'altro, l'esposizione a qualcosa che intende sottrarsi alle prospettive del senso finale. Per questo, il dire dell'amore diventa discorso sull'amore e insieme una questione ineludibile per il pensiero.
Via di trasformazione e accesso a un nuovo percorso interiore, l'amore conduce a un sapere accessibile a chiunque non pretenda di dominare il pensiero, ma intenda lasciarlo avvenire e pensare. Indica precisamente l'impossibilità di un calcolo e di una padronanza. Accade quando i corpi si parlano e la parola, destinandosi a un altro, impara la disciplina dell'ascolto.
«Seguimi.»
Consentendo l'irriducibile compresenza del due-in-uno, l'amore rivela l'essere umano nel suo statuto di intrinseca e originaria duplicità, nella sua impossibilità di essere soltanto uno.
Il suo senso non è accessibile se non con un pensiero confusivo, capace di mettere assieme gli opposti, tanto da corrispondere al silenzio quando si destina al nome: momento di esperienza, etico, prima che conoscitivo.
L'inexplicable che Poros e Penía dispiegano è già la nostra instabile e provvisoria dimora. Dietro di sé non ha il Verbum divino, ma l'ingens sylva dello stato demonico arcaico. Lo ricorda Gabriella Drudi: «Noi non siamo soli al mondo - e gli animali che ci portiamo dentro possono sempre divorarci o leccarci la mano».
10.
Mi domandi: «Cosa accadrebbe se l'aria ci venisse sottratta e lo spazio si facesse irrespirabile?». Ma, senza attendere risposta, pensando a Celan soggiungi: «Non è forse vero che il respiro diventerebbe rantolo e non basterebbe che per un grido?».
Nel grido che si leva si cristallizza il senso dell'esistenza nel suo punto tragico.
Un attimo: e la verità non si lascia più ingannare dalla ragione.
Una pausa: e il grido copre tutte le armonie e le spezza.
11.
È la carezza che indica la differenza a partire dalla quale presenza e assenza, apparire e scomparire sono pensabili insieme.
Ma nella carezza, l'intenzione affidata alla mano sfugge al controllo. Ogni carezza diventa un enigma sia per chi la dà sia per chi la riceve. Il senso che abita la mano è sempre compromesso dal senso che scaturisce dall'altro. Nel registro confusivo non c'è un principio d'ordine.
Il dire dell'amore affronta frasi intricate, immagini sovrapposte; si muove in direzioni tra loro contrarie, rinuncia alla tranquillità.
La carezza, essendo assolutamente imprevedibile, obbliga a mutare con rapidità qualsiasi disegno strategico.
Ogni rapporto amoroso è soggetto a instaurare un nuovo senso, una diversa temporalità, connessa all'identità dell'altro, attraverso l'altro. Ogni carezza è un sussulto per il pensiero.
12.
Mi scrivi: «La luce e la notte imminente ci abitano se apriamo gli occhi per vedere».
Mi dici: «Siamo gli specchi di una minuziosa osservazione».
L'iterazione del nostro sguardo sulle cose scioglie le cose stesse e poi le ricostruisce su un piano che non è più quello del vissuto amorfo, ma quello del vissuto personale. Il contrasto tra la luce e la notte imminente si sdoppia, per così dire, in quello tra pluralità e unità. È uno sguardo che compone per intensità di presa. E da questo scollamento ha inizio la scrittura e, con essa, una seconda nascita.
Nessuno potrà più impedirci di rispecchiare ciò che giaceva sparso e senza vita nelle zone residuali dell'esistenza.
13.
Chi ama deve essere pronto a saper trasformare i suoi sistemi offensivi o difensivi. Il campo di battaglia è molto insidioso. L'avversario può nascondersi ovunque. Il corpo stesso è un territorio aperto a un'esplorazione mai finita. In questo genere di rapporto senza garanzie, la terminologia è strettamente militaresca. Gli innamorati sono contendenti che passano frequentemente, senza motivazioni ben precisabili, da uno stato di contrasto a un atteggiamento affettuoso. Nessun incontro si svolge con sequenze logiche di azioni che conducano a esiti intuibili.
Grande per esempio è lo sconvolgimento che subisce la presenza quando è sfiorata dalla carezza dell'altro. Quale sarà la reazione? La pace o un nuovo conflitto?
La costruzione amorosa più che innalzarsi si allarga. Le varie parti che la compongono non sono mai collegate ordinatamente tra loro. Per questo nessuna figura può essere ritenuta prima o ultima.
14.
Un bagliore: il tempo di vedere i minimi reperti dell'essere avanzare e dissolversi. E di cogliere nella notte dell'anima il momento in cui il tu dell'interiorità si rende manifesto. La parola deve saper dire non appena scorge il da pensare.
15.
Il da pensare è l'intervallo: quella distanza all'interno della quale si riconosce e si misura tutto ciò che c'è tra gli amanti.
Si profila una metodica del comportamento amoroso. Un'etica affettiva. Il discorso lacerato e privatissimo dell'innamorato chiede di essere tenuto nella giusta considerazione.
Immagini scheggiate ed enunciazioni di tensioni variabili hanno la stessa energia di frasi e composizioni segniche articolate secondo schemi dialettici. Promesse a una forma e ancora nel caos, sono più vicine allo spessore opaco e buio del corpo che alle vertigini dell'estetica.
L'esperienza amorosa è sospesa al corpo di qualcuno che, essendo vissuto come altro, scopre una relazione che stava dentro di noi, in attesa: verso di lui.
Cos'è l'attesa? Risponde Barthes: un dramma divisibile in congettura, ira, angoscia pura. Afferma il pensiero razionale: «Tutto si aggiusta - ma tutto ha una fine». Afferma invece il pensiero amoroso: «Niente si aggiusta - e tuttavia le cose vanno avanti lo stesso».
Chi parla d'amore porta le stimmate di una ferita immedicabile: non possiede ciò che brama. Desidera quel corpo. Vi aspira.
Chi parla d'amore è sempre in bilico tra l'indigenza della mancanza e la ricchezza dell'acquisizione. Risorsa e penuria accompagnano costantemente ogni sua frase. Ma è proprio l'accadimento non iscritto nelle prospettive del senso finale, definitivo, a fare beatitudine.
Sono molte le mosse del combattente solitario sullo scacchiere dei suoi turbamenti amorosi. L'arma principale rimane sempre un frammento visivo, al quale noi tutti possiamo aver volto lo sguardo. Questo combattente agisce di norma in una condizione di smarrimento ed è privato anche di ogni alleanza, come dei benefici dell'armistizio. Nel Liside ci viene ricordato: «Colui che desidera vuole ciò di cui è mancante». Ovvero, «colui che desidera» spera e si consuma in una solitudine spasmodica.
Ce lo svela il Simposio: «Chiunque desidera ciò che non ha a disposizione, desidera ciò che non gli è presente e non ha, e che egli stesso non è, e di che è privo».
16.
Niente in questo edificio è immutabile, ci dicono gli specchi della nostra casa. Tutto è sottoposto alle leggi del divenire. E dunque all'obbligo di affrontare nuove avventure, nuovi progetti. Al fine di cogliere il fondamento dell'essere, che si esplicita come azione perenne dell'uomo verso una vita interiore che non sia pura ripetizione. L'antiluce è il vero cielo della parola: comporta il passaggio di confine tra i sensi e la materia della verità.
Il cammino è quello tracciato da Antonia Pozzi: «E s'erige la notte / ombra mia immensa: / ai ginocchi il gridìo dei campanili, / a ignoti mari / protese le mie braccia nere».
17.
L'ombra è il fondo autentico di ciascuno di noi. E ci costituisce.
Ma solo con l'arte poetica l'"immensa ombra" che ci abita si fa presente alla coscienza, senza rimanerne per questo sopraffatta. E scopre il volto purissimo della morte.
«Conosci te stesso» è scritto. Ovvero, conosci la tua finitezza.
Il tramonto del sole appartiene allo stesso orizzonte metafisico del morire cui appartengono tutti i viventi. Segnala l'altrove del pensiero, il suo esodo permanente. Conduce al termine del soggetto, nell'ombra, verso territori che possono essere intuiti senza poter essere delimitati o percorsi.
Mi scrivi: «La notte comporta il passaggio di confine che ci separa da noi stessi».
Indicandomi il persistere dell'antiluce nella mappa albale del nuovo giorno e forse dei giorni a venire, mi fai osservare: «Occorre volere con ostinazione, altrimenti non è possibile percorrere tutta quella distanza».
18.
... e per fortuna la notte è ancora là, anche se, come annota Saenz, «appare sorprendente che fino a ora la notte non sia stata eliminata dalla faccia della terra; / liquidata e abolita per sempre, in omaggio al progresso dell'umanità».
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La Biennale Anterem di Poesia in collaborazione con la Fondazione Conoscere l’Eurasia, con il patrocinio del Comune di Verona e grazie al sostegno di Eni e Intesa Sanpaolo, organizza nelle sale della Società Letteraria di Verona la mostra personale dell’artista russa Larisa Bolshakova. L’inaugurazione è venerdì 4 maggio alle ore 18.
Sabato 5 alle ore 11 si tiene l’evento poetico musicale “Incompresa al passante casuale” dedicato alle opere della Bolshakova, per la regia di Ida Travi
… La Biennale Anterem di Poesia ha una struttura orizzontale: gli inviti a partecipare sono rivolti da poeti a poeti, da artisti ad artisti, non sottomessi al filtro del mercato o all’opportunità di compiacere una moda o una tendenza della critica.
L’obiettivo è dare spazio alle opere e alla voce degli autori, nella certezza che poesia, arte e musica pensano, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Nella Biennale Anterem, poeti, artisti e compositori contemporanei di diverse culture si incontrano nei luoghi storici di Verona, seguiti con crescente interesse da un pubblico sempre più numeroso …
dalla premessa di Sirio Tommasoli, curatore della mostra
leggi tutto e visualizza le opere di Larisa Bolshakova
… Il reale viene compendiato da Larisa Bolshakova in una delle rappresentazioni che più ci riguardano: la struttura urbana. L’ambizione di Larisa Bolshakova è quella di toccare le emozioni interiori eliminando al massimo i tramiti.
Scegliendo la casa quale soggetto, Larisa Bolshakova prende a modello un aspetto elementare del mondo. Con questa riduzione riesce a cogliere quel ritmo vitale che caratterizza l’esistenza meglio di tante argomentazioni selezionate.
Non si tratta dunque di un ritorno a uno schema estrinseco, bensì di una meditata assunzione di energie primarie, in un linguaggio coerente. Le riprese tematiche sono in genere riconosciute come evasioni transitorie o segni di sfiducia. Qui abbiamo al contrario la delineazione di un’immagine che intende designare la virtualità segreta e proliferante dell’essere da cui proviene.
Per intendere Larisa Bolshakova dobbiamo meditare sulla sua idea del mondo, che con i suoi colori lei chiama “mistero” …
dal saggio critico di Flavio Ermini
leggi tutto
Il suono, la parola, l’ascolto.
Nel suo accostarsi alla realtà delle cose, il compositore cerca di conferire al suono la proprietà esclusiva di provocare un insieme di reazioni: nelle cose stesse e in chi ascolta.
Quando tale gesto nasce dall’alleanza con il poeta, nel processo di formazione il suono giunge all’orecchio interno dell’interlocutore con credenziali molto allargate.
Quel suono non viene per dire qualcosa di concluso, ma per lasciar dire qualcosa a chi lo incontra.
In stretta connessione con la parola, quel suono si fa vicino all’essenza autentica di ciascuno, tanto da costituirsi come uno specchio dove ogni ascoltatore può andare a raccogliere frammenti di verità.
Flavio Ermini
Vittorio Zago
Allacciamento
testo di Marcello Angioni
per flauto, violoncello (2), percussioni e voce recitante
Cosimo Colazzo
Ai bordi del sogno meridiano per flauto
testo di Ottavio Fatica
Andrea Cera
Il giardino mutato in pietra per supporto elettronico
testo di Flavio Ermini
video di Andrea Cera
voce di Alberto Jona
Giacchino Palma
Vene cave
testo di Maria Luisa Vezzali
per flauto, clarinetto (1) e pianoforte (1)
Riccardo Giavina
Preludio e varianti
testo di Osip Mandel’stam
per pianoforte (2) e voce recitante
Massimo Priori
...sulla soglia oscura per clarinetto, supporto elettronico e voce recitante
testo di Tomaso Kemeny
Dimitri Nicolau
Infine op. 275
testo di Cecilia Rofena
per mezzosoprano, clarinetto (1), violoncello (1) e pianoforte (2)
Marco Russo
Nello spazio per supporto elettronico
testo di Marinella Galletti
video di Luciano Olzer
voce di Alberto Jona
Andrea Talmelli
Adiacenti al suono
testo di Gilberto Isella
Docenti e studenti del Conservatorio di Musica “F.A. Bonporti” di Trento e Riva del Garda
Brigitte Canins
Flauto
Ivonne Dandrea
mezzosoprano
Valentina Fornari
Pianoforte (1)
John Fox Diamanti
Clarinetto (1)
Alberto Jona [1]
Voce recitante
Marco Milelli
clarinetto (2)
Francesco Moncher
Pianoforte (2)
Adele Pardi
Violoncello (1)
Tommaso Pedrinolli
Percussioni e vibrafono
Matteo Rinaudo
Violoncello (2)
Massimiliano Rizzoli [2]
Contrabbasso
[1] Docente di Letteratura poetica e drammatica presso il Conservatorio di Musica di Cuneo
[2] Docente di Contrabbasso presso il Conservatorio “F.A. Bonporti” di Musica di Trento
Dal 25 aprile al 23 settembre 2007
OLTRE L’ARGENTO
i Tommasoli, fotografi dal 1906
Lo studio Tommasoli conserva le immagini di tre generazioni di fotografi che attraversano il Novecento e aprono al nuovo secolo: Silvio (1878-1943), Filippo (1910-1985) e Fausto (1912-1971), Sirio (1947) e Alessandra (1961).
Il linguaggio della fotografia viene indagato dagli autori in percorsi autonomi, da cui traspaiono improvvise memorie più che citazioni, a volte rivelando una sorta di scambio osmotico con la loro storia. Il divenire della cultura visiva, nell’unicità di questo archivio lungo un secolo, facilita la lettura nelle due direzioni del tempo, consentendo inoltre continui passaggi dalle prassi professionali alle indagini più libere della ricerca artistica.
Ed è qui che più appare il valore aggiunto di questa “storia di famiglia” che si sovrappone per un secolo alla storia della fotografia e dell’arte.
“Inoltre: l’alfabeto ancora allude, nella sua figuratività implicita, a una fase dell’esperienza della parola in cui il suono e la visione non erano disgiunti. Originariamente, i segni espressivi e comunicativi umani erano ‘simballici’, cioè contenevano un suono e un’immagine di senso, ‘psichicamente’ percepiti come un’unità indivisa: il suono aveva figura e la figura aveva suono (non ‘riproduceva’ un suono). Questa primaria esperienza diede forma e significato al mondo, cioè alle esperienze umane delle forme, delle figure e dei suoni tra loro interconnessi e a loro volta intrecciati con le esperienze primarie della vita (cibo, sesso, riparo, ecc.).
Carlo Sini, Idoli della conoscenza, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, p. 136 (§ “La semantica bisferica di Alfred Kallir”)
“Per la parola poetica non si tratta di afferrare le cose, come vorrebbe la ragione, ma di incontrarle. Nominando la cosa, la poesia le assegna il suo destino così come lo assegna a se stessa.
Poesia non è la messa in scena di una realtà preesistente, esterna all’invenzione linguistica. Poesia è nuovo evento”
Flavio Ermini, “Editoriale (Poesia-musica-parola-suono)”, in ‘Musica/Realtà’ n. 66 (novembre 2001), p. 28
“Se, da un lato, Mallarmé è intento a celebrare con incrollabile fede gli ideali di salvezza che sprizzano dalle scintille – anche le più caduche ed effimere – della parola, dall’altro, è dedito con sovrana abilità all’arte di manipolare i segni. Conosce tutti gli ingranaggi della macchina linguistica: suprema finzione che, attraverso un progressivo depauperamento, discende dal Verbum oramai inattingibile nella sua perfezione”.
Arturo Mazzarella, La potenza del falso. Illusione, favola e sogno nella modernità letteraria, Donzelli Editore, Roma 2004, pp. 139 – 140 (§ “All’inizio era la favola”)
“L’aspetto orale della poesia sottostà, in perpetuo moto, sul fondo di ogni forma scritta: sin dalla nascita d’ogni alfabeto, tra oralità e scrittura s’è stabilita una relazione inscindibile, un vincolo aperto, sempre in atto. In nome di questo vincolo, da tempo immemorabile i modi dell’oralità sopravvivono nelle opere, in ogni poesia scritta, e continuano a mostrarne la grandezza”.
Ida Travi, “Nel ritmo segreto del controcanto”, in ‘Musica/Realtà’ n. 66 (novembre 2001), p. 65.
“…Sui fonogrammi e sonogrammi ottenuti è stato possibile trovare le curve di inviluppo dei valori medi delle frequenze incontrate nell’analisi delle frasi raccolte nello stesso gruppo etnico. <…> I diagrammi di queste curve sono stati chiamati da Tomatis etnogrammi e mostrano per ogni gruppo etno-linguistico le zone frequenziali di maggiore sensibilità uditiva.
Ogni gruppo etnico-linguistico ha la postura del suo linguaggio, conseguenza del suo modo di ascoltare”.
Concetto Campo, “Il metodo Tomatis. La tecnica e gli esercizi per migliorare l’attenzione e facilitare comunicazione e apprendimento”, in ‘Riza – Scienze’, n. 234 (novembre 2007), p. 56 (§ “Il fascino della lingua straniera”)
“Le arti performative intrattengono un duplice rapporto con il tempo: in quanto opere d’arte durano nel tempo e le loro tracce (partiture o registrazioni) sono oggetti tra gli altri oggetti del mondo; in quanto esecuzioni hanno luogo nel tempo e cessano di esistere con la conclusione dell’atto che le fa risuonare”.
Michela Garda, L’estetica musicale del Novecento. Tendenze e problemi, Carocci, Roma 2007, p. 133 (§ “Tropi della caducità”)
“Tutti sanno che il jazz è una musica che vive nel costruirsi estemporaneo proprio di ogni esecuzione. Ma l’esecuzione, nel jazz, è sempre anche improvvisazione.
Certo, il musicista jazz dispiega i propri disegni melodico – armonici quasi sempre fondandosi su una struttura predefinita, magari anche scritta, ma l’opera non è mai riducibile all’artefatto depositato sulla partitura. Il musicista jazz costruisce lavorando sul costruito (la partitura) e ridonandogli sempre nuova vita; facendolo vivere in modo sempre diverso.
Massimo Donà, Filosofia della musica, Bompiani, Milano 20073, p. 161 (§ “Il jazz metafora di un costruire in-finito”)
“Musica, scrittura, denaro, sono insomma i vertici di un sacro triangolo della personalità e del cinema di Coppola.<…>Sin da piccolo, Francis gioca col registratore, evidentemente oggetto familiare a casa Coppola. Lo usa, sui dieci anni, per registrare la musica, poi per sincronizzare i filmini realizzati”.
Vito Zagarrio, Francis Ford Coppola, Roma, Il castoro 19952, pp. 19-20.
“Saper dire il mondo soltanto elaborando simulacri d’ordine inevitabilmente seriali (parola dopo parola, nota dopo nota, tocco dopo tocco di pennello..); e non poterne invece mai esprimere – come lo esprimerebbe, per assurdo, una composizione musicale istantanea - l’ordine reale e l’esistenza concentrata tutta “in un punto definito nel tempo”: insomma, quella “contemporaneità collaterale” indicataci da William James che incessantemente rilancia la sua sfida beffarda alla vis generandi dell’Arte e degli artisti”.
Giovanni Guanti, “Contemporaneità collaterale”, in ‘Prospettiva Persona’, n. 51 (marzo 2005), p. 82.
PAROLA POETICA, SUONO, PENSIERO
Il seminario riprende il filo di un discorso avviato dalla rivista di ricerca letteraria ANTEREM, che dedicò il suo sessantatreesimo fascicolo (dicembre 2001), intitolato “La musica pensa la parola. La poesia pensa il suono”, all’insurrezione della parola poetica contro il linguaggio inteso precipuamente come rigida e unilineare struttura logicizzante e astraente. Non a caso, questo fascicolo uscì congiuntamente al numero sessantaseiesimo di ‘Musica/Realtà’ (“Poesia – Musica – Parola – Suono”, novembre 2001), una rivista di taglio invece prettamente musicologico, per ribadire con ancora più forza il diritto dei poeti di favorire, in quanto “custodi della parola”, la transizione fra codici differenti: religiosi, etici, filosofici, scientifici, politici e, ovviamente (o forse principalmente) anche musicali.
Per riprendere appunto il filo di quel discorso, nella speranza di estenderlo in una nuova direzione, questo seminario vuole rendere innanzitutto omaggio alle ricerche pionieristiche e alle originali scoperte di due insigni studiosi: Alfred Kallir (1905 - 1988) e Alfred Tomatis (1920 – 2001). Per quanto svolti in ambiti, e con metodologie e con finalità, assai distanti, i loro lavori – rispettivamente concepiti per risalire alle origini primordiali dai diversi caratteri alfabetici e ideogrammatici, e per dimostrare che “siamo ciò che ascoltiamo” - possono trasformare alla radice l’approccio al suono dei musicisti e quello alla parola dei poeti.
La semantica bisferica (ossia visiva e fonetica a un tempo) di Alfred Kallir ipotizza infatti l’esistenza di un primordiale sistema di segni che si rivolgevano contemporaneamente all’occhio e all’orecchio, prima che queste due direzioni si sviluppassero separatamente nel linguaggio orale e in quello scritto. Essa permette, quindi, di riconsiderare da un’inedita angolatura sia il progetto di molti poeti di “ricomporre la separazione tra i nomi e le cose”, superando tale iato con la conquista di quella che non si saprebbe chiamare altrimenti che una Lingua Edenica o Adamitica; sia il progetto, in tutto e per tutto contrapposto al primo, di molti musicisti di allargarlo invece sempre più, per evadere con l’improvvisazione dalla “prigione del pentagramma” affinché, finalmente, non abbiano più a incrociarsi il destino fugace dei suoni liberati nell’aria e quello aere perennius delle note cristallizzatesi sulla carta.
Quanto ad Alfred Tomatis, gli si farebbe torto ad associarlo unicamente al celebre metodo che porta il suo nome: metodo che, com’è noto, ha permesso di migliorare in molti campi l’attenzione e l’apprendimento con il training audiogeno, ottenendo straordinari risultati anche nella guarigione delle dislessie e dell’autismo. Tomatis, infatti, oltre alla pratica clinica, si dedicò a indagini analoghe a quelli di Kallir, almeno sotto il profilo della coraggiosa e libera visionarietà. Da esse uscirono, tra l’altro, gli etnogrammi, da intendersi quali prove scientifiche che per ogni diverso gruppo etnico-linguistico esistono zone preferenziali, o “bande passanti”, entro le quali i suoni vengono percepiti con maggiore nitidezza. Prove che non lasciano senza risposta la domanda che ogni poeta (e ogni musicista che affronti un testo poetico come compositore o come interprete) non può fare a meno di porsi – e che un bimbo formulerebbe in questi termini disarmanti: “Perché le varie lingue dell’uomo suonano così diverse l’una dall’altra?” -
Nelle sue due mezze giornate di lavori il seminario presenterà al pubblico una sintesi delle riflessioni di Kallir e Tomatis, mettendole a confronto con alcune concezioni tanto più esemplari quanto più forti dell’oralità poetica e musicale. inquadrando storicamente la tensione verso il Verbo Edenico non soltanto in poeti quali Mallarmé e Valery ma anche nella più recente produzione cinematografica d’autore, per misurare infine il perimetro della “prigione della pagina” (anche pentagrammata) e le risorse utili per evaderne – qualora lo si desideri - senza troppi danni.
Flavio Ermini, fondatore e direttore dal 1976 della rivista di ricerca letteraria «Anterem», è il secondo autore ospite dell'Università di Bari, all'interno di un breve ciclo di incontri degli studenti e dei docenti con alcuni fra i maggiori poeti italiani: Parole in versi.
La conversazione, dal titolo "La conoscenza oltre i confini della parola riflessa", si svolgerà nell'Aula Magna del Palazzo Ateneo alle ore 16 di lunedì 2 marzo 2009 e sarà introdotta da Daniele Maria Pegorari, docente di Letteratura italiana contemporanea nella Facoltà di Lettere e Filosofia.
L'ospite si 'racconterà' al pubblico e proporrà il proprio punto di vista in ordine al tema prescelto, leggendo pagine dei suoi poemi in prosa, esemplificative della sua poetica a metà strada fra la filosofia e la psicanalisi, e rispondendo alle domande dei presenti.
L'iniziativa è promossa da Antonio Giampietro, dottorando di ricerca in Italianistica, e da Angela M. Mascolo, laureanda in Filologia e letterature dell'antichità, e si prefigge di offrire agli studenti e ai dottorandi di tutte le Facoltà, nonché agli studiosi e agli appassionati di poesia contemporanea, l'occasione di accostarsi ai dibattiti sulle poetiche.
Il primo incontro ("Più lingue una poesia") si è svolto martedì 3 febbraio con Lino Angiuli; il terzo ("L'impegno della poesia") sarà, invece, quello con Gianni D'Elia, martedì 31 marzo 2009, stesso luogo e stesso orario.
Gam, Sala Conferenze, Cso Galileo Ferraris 30, Torino
Inaugurazione e presentazione di
e dibattito sul tema
La poesia dal foglio al cosmo: ricerca contro linearità?
con interventi e performances dei poeti
Paolo Albani, Flavio Ermini, Ida Travi
coordina
Max Ponte
Un’occasione per scoprire le ultime pubblicazioni degli autori:
Paolo Albani
Aga Magéra difura
Dizionario delle lingue immaginarie
Zanichelli, Bologna 1994
Paolo Albani
Mirabiblia
Catalogo ragionato di libri introvabili
Zanichelli, Bologna 2003
Flavio Ermini
Il moto apparente del sole.
Storia dell’infelicità
Moretti & Vitali, Bergamo 2006
Ida Travi
La corsa dei fuochi. Poesia per la musica
Moretti & Vitali, Bergamo 2007
Giovanna Fra, Flavio Ermini
Ali del Colore
Anterem Edizioni, Verona 2007
Ida Travi
Diotima e la suonatrice di flauto
Atto tragico
Baldini e Castoldi, Milano 2004
Scarica il programma [file PDF 88.99 KB]
Martedì 6 febbraio, ore 18:00
FNAC
Via Cappello, 34 – Verona
LA CORSA DEI FUOCHI
Poesie per la musica
di Ida Travi
MORETTI&VITALI EDITORE 2007
Lettura poetica e tre canti in CD allegato
per le musiche © Edizioni Suvini Zerboni 2003
voce recitante Ida Travi
voce cantante Patrizia Simone
intervengono:
Enrico De Angelis
giornalista e critico musicale, storico della canzone italiana, responsabile artistico Club Tenco
Andrea Mannucci
Compositore autore delle musiche, docente di composizione presso il Conservatorio Dell’Abaco di Verona
Nell’ambito delle cinque giornate della Biennale Anterem di Poesia, è prevista la lezione magistrale del filosofo Aldo Giorgio Gargani: “Il linguaggio davanti alla poesia”.
In tale lezione saranno approfondite alcune delle questioni che il pensatore ha posto nella riflessione interpretativa che accompagna il libro di Cecilia Rofena, Agogiche, oltre che nell’intenso saggio pubblicato sul n. 74 (giugno 2007) della rivista “Anterem”.
Fino al 12 maggio 2008 è stata allestita a Mosca nelle sale della Galleria Tsereteli della Fine Art Accademy, nell’ambito della Settima Photobiennale diretta da Olga Sviblova, una mostra antologica dedicata alle opere dei Tommasoli.
Novanta le fotografie esposte: dallo studio futurista di Silvio (1910) agli still life e ai ritratti della Callas, Vivien Leigh e Arturo Benedetti Michelangeli di Filippo e Fausto (anni ‘50); dalla ricerca “fotogrammica” di Sirio a partire dagli anni ’70, alle Ombre di Alessandra degli anni ’90.
… Una ricerca artistica che si svolge nell’arco di tre generazioni di autori, che hanno indagato per un secolo il linguaggio della fotografia in percorsi autonomi da cui traspare sempre la forza dell’immaginazione dietro l’immagine.
È come se avessero inseguito la logica dell’ “altrove”. Queste fotografie spingono a guardare “oltre” la foto stessa, a cercare anche ciò che non c’è, a intuire l’alternativa possibile, l’altra faccia del mondo … (L. Meneghelli)
http://www.mdf.ru/english
(ANSA) Mosca 20 marzo – Mario Giacomelli, Franco Fontana, i Tommasoli: sono alcuni dei protagonisti italiani della settima Photobiennale di Mosca.
La rassegna è stata inaugurata ai magazzini GUM. L’evento si inserisce a pieno titolo tra le maggiori manifestazioni internazionali di settore e prevede oltre cento mostre in più di dieci tra musei, gallerie ed altri spazi espositivi della capitale, con una presenza straniera che copre il 50% della rassegna. L’Italia è presente con cinque mostre.