Allì Caracciolo, poeta e regista, è docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo presso l'Università di Macerata. Sue opere, edite e inedite, sono risultate finaliste ai più importanti premi di poesia. Dirige un Teatro di Ricerca a livello professionale. Tra i suoi libri di poesia figurano: Malincòre (una fonologia del vuoto), Amadeus 1996; English cemetery, Edizioni del Leone 2000; La insomiglianza (quattro poemetti), Ripostes 2007.
Da: Allì Caracciolo, Monologhi ripetitivi con la Poesia (pubblicazione in corso).
[1]
Il luogo
Mentre discende come fosse l’ultima
s’aggetta la sera in plumbee nubi
squarciate ove riflette un peltro lucido
lì
si specchiano le cose una nell’altra
alla ricerca della somiglianza
[2]
L’anima canta stanca
mentre tu taci ricordando il canto
e il ricordo è miseria nella pallida sera
ove talora s’accasciano uccelli a riposare
Se soltanto tornare
la tua voce potesse a le occasioni
le perdute ginestre
le feroci pulsioni, riconoscere in esse
la lenta melodia del sangue che in te scorre
anima mia, dir loro, anzi che questo sguardo
di mancate agnizioni
l’aggirarsi casuale dove il vuoto risuona
il tuo passo d’automa trasognato e disforme
il filo delle labbra una catena che apri chiudi apri senza suono
Forse un segnale,
ripeti versi tra le foglie
[3]
Mentre pentita al bordo del villaggio
attacchi il piede indietro a quello avanti
la linea inseguendo o disegnando
che isola il villaggio dallo spazio
ti vidi batterti il petto anche le spalle
-per lo stolto tuo peccato di essere-
-e per esso-
saltellare festante attorno attorno
ridda invasata sulla linea a calce
che in cerchio isola il villaggio
[4]
Forse la sera, quando le cose vanno al loro posto
per convenzione (non ontologicamente, s’intende)
forse la sera per convenzione (per un sentire indotto, cioè, ma motivato)
la sera forse
le parole che si sono scritte (e nel giorno movevano i pensieri)
le parole sono figure che attraversano la sera
[5]
Franz Liszt
«Non chiedermi quello che io stesso ignoro. Il mistero che vuoi penetrare non mi è stato rivelato. Io vengo da un paese lontano, di cui non mi rimane alcun ricordo».
I movimento
Scrivevi che nulla rimane, nella torpida visione. Come un eunuco, come un fanciullo, il misterioso viandante -un ermafrodito o l’Ermes?- rivela la mancata rivelazione.
C’è un sapere nell’assenza.
Era questo il segreto: che nell’ignoranza, nella scienza dell’ignorare, si cela un’antica sapienza, il segreto, quasi, del cosmo.
«La forza che mi spinge è muta e non m’indica la strada» ti dissuade l’enigma che insegui, l’uomo dalle spalle di tempesta, non seguirmi, inutile speranza.
Era muta, diceva e ti descrisse le meraviglie del sogno, l’incomprensibile colore della sera, l’armonia segreta dei venti, la musica la musica
II movimento
Terra lasciata alle spalle estesa nell’animo in lande traversate dal solenne ricordo di un fiume
tutto tutto attende alla musica nella caverna stanca del viaggio
Volgere alla propria terra le spalle per ritornarvi
il cammino segnato dal filo liso della nostalgia
Visitare città con la metafora della provenienza scandita in note battiti difformi
il suono del suo nome amplificato dalla cassa armonica del desiderio
il pellegrinaggio un ritorno reiterante
III movimento
Se quella forza è nemica, perché questi sogni divini?
ti chiedeva il viandante chiedendo a se stesso, Se benevola perché questa pena che mai trova requie?
«Addio» disse e s’allontanava facendoti riaffiorare in te stesso
come il silenzio, inespressivo, come lo sguardo, vuoto, come la pallida fronte della miseria o della conoscenza, la languente armonia l’ineffabile arte
[Vedi la Lettera di F. Liszt al Signor Lambert Massart, Gazette musicale, 2 settembre 1838]
[6]
vicino allo smalto scrostato del bacile ad un coccio spezzato nomepoesia ti taccio le crepe ai muri i pezzi di calcina il letto stridulo ti taccio un rubinetto perde a ritmo l’attimo d’acqua il tuo nome mi spacca vorrei annientare il tempo che ti ha dato crearti quando voglio come la goccia un attimo disperderti spezzare lo stampo in gesso rubare la voce con cui dici io averti infilata in questa crepa come un filo di paglia fra le labbra una cosa qualunque che per anni è lì poi un giorno uno viene getta via nomepoesia e nessuno s’accorge
così di te vorrei
[7]
Lana di ferro il tuo corpetto
all’abbracciarti urti sul petto l’irriti
e il tuo, trafitto, si imprime di incisioni,
piccola asceta da insensato medioevo
che i fianchi ti cinge scandisce le tue ore scava i cibi
mentre affebbrata ogni sonno ignori
gli occhi perenni dalle fosse muovi tuttintorno
e in avanti forando anche la notte con lo sguardo
o con il mite orrore della tua lunga cerca a piedinudi
A volte la poesia è più grassa, la invitano a cena anche i poeti, gli amanti, cultori, ricchi, gli annoiati, chi se ne intende, i fautori, poi gironzola i bar siede ai caffè, sa stare al mondo al mondo accetta, e nutre il bello
Ma tu, pure se taci sei fastidio, lo sguardo smarrito, riempito da guance cave il silenzio, come su schermo di cinema ti scorre addosso la teoria affollata delle facce che in questo istante muore per fame silenzio lo stupro irrisione, sgozza il cannone o che altro, cadi tra gli astanti come la mosca nello champagne, c’è da gettare via tutto quando arrivi
anche le cose
deliziose
Da: Allì Caracciolo, Malincóre (una fonologia del vuoto), Cittadella (PD), Amadeus, 1996.
[8]
tras-figurazioni sublimi per leggere la vita | divinità del dolore-uomo |
plasticità del vizio | amore perduta nobiltà feroce |
tale
vorrei di te – poesia – ( come a promessa ) e renderti divina ma vieni da
( vivi in ) una mí
seria nuda
e ti stendi sul greto stancamente a vendere quel po’ di amore che ti ricava dalle tue cóscescárne
un piatto di minestra
[9]
l’impercettibile vuoto
dove tutte avvenivano
tutte si perdono
le mutazioni
[10]
Prolusione affidata all’oralità
Non parlerò della mia attività di poeta
per coerenza con una biografia intellettuale scandita dal silenzio: quello
imposto /dalla poesia
\da me
e quello imposto da altri
con la differenza sostanziale della violenza
(l’esortazione cioè quotidiana a vivere senza annunciare la qualità definitoria della parola simultaneamente alla sua precarietà
l’imposizione di un cursus in cui essa –la parola- sancisce qualificando gli adepti escludendo gli esclusi)
La sua irrinunciabile diversità –della parola- è il memento del poeta: la parola come il tempo rovina via, precaria ed irripetibile è teatro che vanisce
Non potrà la poesia mai acquisire la sostanza dell’auctoritas poiché questa istituisce il déjà-dit
L’inespresso, tuttavia, non può sostituire/costituire poesia.
L’unico silenzio è una poesia che si destituisce da se stessa.
Cogliere questo istante è il mio (vocazione imperativo identità) mestiere.
Dal Poemetto Abbozzo per Campana. La Insomiglianza, in La Insomiglianza quattro poemetti, Salerno, Ripostes, 2007. [Finale della II parte, III parte]
[11]
II
[…]
stabilire metafore
tutte
ogni possibile metafora
per rintracciarne una sola
essa
quella che ti fa vivere
oppure si cela nella identità di somiglianze
lontane fino allo sradicamento totale
alla inversa sostanza
alla
ínsomiglianza
scrivevi versi sulle foglie
Sibilla stanca
talora attenui il tuo corso
il gemito dell’antro tutto risonante
tempesta di vento o di sospiri
l’urlo
trascina le foglie non la musa assopita
– sognava danze
o
altro –
l’urlo che imbianca le colline
col rovescio argentato delle foglie
sonagli
le serra
la libertà un filo spinato da scavalcare
le distende argentine
garrule sulla cresta dell’onda
la libertà una ruggine
sonagli
le serra risonanti come la catena
le serra il catenaccio
la libertà
una setticemia dell’anima
III
poesia
evanescenza che non torna
Andare andare
e poi
la muta orgia sbranamento furioso
Venga la morte pallida e mi dica
verrà
l’oscura baccante a divorare
l’ingordigia e il silenzio
tutto
fu taciuto
Andare andare
e tu bagliore
Nel dolor d’infinite morti amare
vanenteuridice ferma all’attimo
in cui tendi le braccia ti dilegui
tu
poesia
………
Da Allì Caracciolo, Stampe da manoscritti apocrifi (pubblicazione in corso).
[12]
Teoria del romanzo o altro
. Il rapporto tra i personaggi. la loro qualità : assenti indecifrabili. definiti una sola volta da un segnale di frase.poi perduti per sempre
↓
che non mira a definire alcun personaggio alcuna qualità.solo a sottintendere una parziale memoria·una presunta allucinazione da cui
il senso -l’unico : parziale·presunto-
dell’esistenza.
. L’assenza di pagine : poiché il numero -o il Numero- c’è -quando c’è-
ma è altro. tuttavia
↓
una numerazione scandita attraverso parole che percepiscono il fieri momentaneo è attestata -talvolta- nella precaria situazione di un capolettera o di un precipizio sulle/delle parole:
piuttosto sulla assenza.
. La capacità -qualcosa di occulto- di contenere uomini animali cose si sottrae : l’atto unico consentito al movimento dal quale dipende tutta la successione-simultanea dell’essere nelle sue metamorfosi. la scansione____una lunga linea interminata stabilita dalla necessità di ricondurre la parola ad una qualche permeabilità con lo spazio
poi:
la condizione asituazionale -schermo·paradosso della asensorietà delle cose. della improbabilità del reale-
. Il tempo____una assunzione del predicato necessitato a coniugare se stesso nei framm enti dello specchio : illusorio passato·frammento·falsofuturo_
una negazione riprodotta ad infinitum nel nulla·assenza e -pure-
riflessione-rifrazione di un oggetto inidentificabile nello spazio che lo produce come necessità ultima della propria credibilità (metafora : bubbone stanco sostituitosi alla materia) tuttavia:
(gli squarci della lirica ne individuano -a tratti- i bordi frastagliati l’umore di ferita l’abisso senza fondo della sua profondità cancrena).
. La sapienza -la ignara sostituta della conoscenza- frantumata nelle piccole pieghe di un particolare ostinato a non trasmettersi e a qualificare il reale : o non piuttosto l’esistenza?
. La legittimità -infine. requisito assente dell’origine : la sua assenza
delegittima l’esistenza. o non piuttosto l’essere?
↓
la autodefinizione attraverso la parola
o attraverso
il silenzio
anche il silenzio -invalso idolo-
un esposto sulle scale del tempio.