Poesia e internet / 4: Nabanassar e Viadellebelledonne

Estromessa dalla carta stampata quotidiana e periodica, la poesia è entrata significativamente nel mondo di internet, con un fiorire di iniziative che fanno capo a siti, blog, riviste on-line, aggregatori. Tutto questo, se da un lato testimonia la sua vitalità, al passo con le nuove tecnologie e con i tempi, dall’altro pone esigenze di comprensione e studio del fenomeno.

Per capirne potenzialità e limiti, per offrire nello stesso tempo una chiave di lettura e una mappa, un’istantanea della situazione, dal numero 6 “Carte nel Vento” opera una sorta di ricognizione in rete, attraverso i principali operatori della poesia nel web. 

Nei numeri precedenti:

Vincenzo Della Mea, Un colpo d’occhio sulla rete della poesia

Christian Sinicco, Qual è il centro? Internet, tra passato e futuro

Claudio Di Scalzo, In sintesi

Luigi Nacci, La grande proletaria dei poetinternauti s’è mossa, o no?

Marco Giovenale, I vicini (quasi non) ci guardano

Massimo Orgiazzi, Poesia e web: esperienza diretta, riflessione e punti chiave per un’evoluzione futura 

Nabanassar: Della Rete o del Dilettante

Cosa giustifica l'ascolto? La speranza di assistere ad un capolavoro, quel brevissimo periodo nel quale "senti le farfalle", come dice Ronnie O'Sullivan a proposito del suo ultimo 147: http://www.youtube.com/watch?v=NtIoJ9Vpubk . E' il boost , la sintesi sempre cercata; lo scopo dell'ascolto è cibarsi di questi boost come di miele, una dieta di puro miele, in qualunque campo dell'umano lo si trovi. Doping di puro piacere al fine di riprodurlo per sé e vivere perennemente sulla cima d'onda. Per questo è importante avere molta esperienza, per individuare e selezionare gli sforzi di successo: più ne riconosci, più ricca è la tua razione di miele. Non c'è ferita, la ferita è uno stadio non risolto: noi non abbiamo ferite o le abbiamo guarite e come i monatti siamo ora indifferenti al dolore. 

In “Werther” il passaggio da Omero ad Ossian, dall’idillio alla catastrofe. Dove la nostra catastrofe? L’iperrazionalismo oscuro de “La nuova Justine” (ancora di più in “Juliette”), tutta la fiducia ribaltata in terrore; solo la consapevolezza di un’impossibile risoluzione modifica i linguaggi e il panico diventa l’occhio lucido della disillusione. L’assenza (in questo caso d’illusione) porta alla constatazione che per riempire il vuoto occorre accettare la sua evidenza come unica realtà consistente. l’unico punto fermo è la nostra instabilità che in termini etici è un’effettiva necessità. È tempo velocemente consumato, questo, di aerei caduti e scatole nere disintegrate; nelle case non vi sono salvadanai. Insomma, si è finiti, a fischi e peti. Accade perché si sogna di fare lo scrittore. E credo sia proprio questa pellicola vischiosa che imporpora gli occhi a rincitrullire. Non si comprende il diafano e abissale sversamento di “tragico”. È il mestiere – ci soccorre il Sogno dello Scrittore. Il sensazionalismo “calibrato”, volta per volta, dà loti piccini, e allappanti. Ed infatti, ci si interessa a tutti, si aprono le gabbie, ci si crea il pubblico, lo si fidelizza con la buona parola. Minima pubblicità. 

Riscoprire il ruolo dell’educatore, maschera di una professione. Far bene, fare il proprio dovere (riallacciandoci alla perdita di responsabilità dei lavoratori descritta negli esempi di Magrelli su Nuovi Argomenti n.40, ottobre-dicembre 2007). Gli scrittori sensibili sono civili, sono scrittori civili; non hanno paura del dardeggiamento, quindi. Noi, invece, siccome crediamo che la civiltà segua vie dirette, men che meno “esortazioni” tirtaiche (A. Seri qui http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/02/03/lettera-ai-poeti-che-erano-bimbinellestate-dell80/#comment-39883) o risposte ad appelli (qui

http://www.nazioneindiana.com/2008/02/06/nel-nome-della-letteratura/) – dato che risiede in un alveo di per sé germinativo, una sacca – noi, dicevamo, abbiamo volontà di chiedere a tutti i soldati della buona novella, dove caspitina credono di andare a parare, continuando a vellicarsi con parole passate, ingolfate, ruminate, delicate, e, continuando ad inseguire bontà, riconoscimento e militanteria, facendo, infine, del corpo lecca-lecca. 

Pasciuto è un aggettivo un po’ lontano da una certa afflittiva retorica poetica, ma non occorre molto per potercisi identificare: una cultura da scuola superiore o universitaria, un pc da un paio di centinaia di euro e una buona connessione internet sono molto più di quanto tre quarti del mondo può sognare. Il “terzo millennio occidentale” è quindi un ottimo recinto nel quale operiamo volentieri (www.nabanassar.com), consapevoli di essere appunto pasciuti e disposti a restituire almeno parte dei vantaggi, sotto forma di condivisione dei testi. Per anni abbiamo avuto dentro di noi il pensiero che ci fosse bisogno di una "classe poetica", di gente competente, ma soprattutto seria. Se la "classe critica" dovesse essere quella che vien fuori dalle facoltà di Lettere e svolge questo mestiere con cognizione di causa, va benissimo. Il Dilettante è il blogger, la casalinga, l'amatore, ma anche il narratore che sfonda la sua misura e firma appelli credendoli arte o dovere: mentre non lo sono perché stanno fuori il discorso, non lo seguono, non stanno nel solco degli strumenti ad essi stessi minimi e necessari; sono un calco smorto di ciò che è già stato esorbitato e nemmeno vogliono sentirselo dire; stanno incollati ad un indistinto letto plastico e non biodegradabile che urla presenza, presenza, presenza.

Contributi di Angelo Rendo, Gianluca D’Andrea, Giuseppe Cornacchia, Eleonora Matarrese tratti da “Il Cannone – prima puntata” e “il Cannone -  seconda puntata”, gen-feb 2008, www.nabanassar.com 

Antonella Pizzo (Viadellebelledonne): Fino a qualche anno fa

Fino a qualche anno fa della poesia non mi importava niente, conoscevo gli autori che avevo studiato alle superiori, ho studiato ragioneria e poi mi sono iscritta in Economia e Commercio. Il programma scolastico si concludeva con una veloce scorsa ai contemporanei, e per  contemporanei allora si intendeva fino a Montale e Pasolini. Dopo non ho più saputo niente di nessun poeta fino a quando vidi in televisione la Merini, mi colpii molto la profondità della sua voce, delle sue parole. Ho provato ammirazione per lei, per questa donna che aveva sofferto e che aveva sublimato la sua sofferenza nella poesia. Non ricordavo di poetesse donne, i poeti che avevo studiato a scuola erano tutti maschi. Manzoni, Foscolo, Pascoli, Dante, Cavalcanti, Petrarca. Avevo sentito parlare di Saffo, ma la sua figura  era spesso associata all’amore lesbico,  quindi in un certo senso, qualcosa di assimilabile all’universo maschile. I poeti li pensavo tutti morti, estinti, invece esistevano ancora, li pensavo tutti uomini e invece erano anche donne.

Incidentalmente incontrai la poesia, un giorno scrissi con urgenza ciò che volevo dire nell’unica forma in cui mi fu possibile farlo, in forma poetica. Così cominciai a cercare la poesia su internet, scoprii i gruppi di discussione, nello specifico it.arti.poesia e it.arti.scrivere. I gruppi erano e sono una sorta di forum-bacheche dove si pubblicano i propri pezzi e poi si sta lì ad aspettare che qualcuno ti legga e ti mandi un commento positivo o negativo, una sorta di laboratorio dove si discute su un verso, su una parola, su una quartina, su un accento, spesso si litiga e altrettanto spesso nessuno ti commenta. E’ stato lì che ho incontrato virtualmente molti poeti: Massimo Orgiazzi, Simone Lago, Roberto Ceccarini, Enrico Besso ed altri. In seguito alcuni di loro hanno aperto dei blog molto conosciuti in rete, ad esempio Massimo Orgiazzi ha aperto Liberinversi, Enrico Besso ha fondato Poetilandia, Ceccarini ha aperto Oboe Sommerso. La mia esperienza di poeta è prevalentemente internettiana, infatti, se si escludono le serate di premiazione a certi concorsi di poesia, non ho mai partecipato a letture pubbliche, slam poetry, convegni, incontri. Credo sia questa l’aspetto positivo  di internet, nel bene e nel male, favorisce la scambio.

Se vado in una libreria della mia città faccio fatica a trovare lo scaffale dedicato alla poesia, e quando lo trovo i titoli sono quelli dei pochi poeti affermati o poeti morti da anni, non c’è poesia nuova e se vuoi un titolo di un autore contemporaneo lo devi richiedere (in verità chiedo con molta vergogna, come se richiedessi dei libri porno e scandalosi, così ora acquisto solo su internet) per richiedere un libro prima lo devi conoscere, ne devi aver sentito parlare. E dove, se non su internet?

Internet però è un marasma, ti devi saper muovere, devi saper scegliere, ci sono tantissimi luoghi dove si pubblica poesia ma pochi dove se ne parla. Al contempo è una torre di Babele dove ognuno parla la propria lingua. Alcuni blog, invece, sono come delle roccaforti, inaccessibili, esistono le conventicole e i gruppetti, le bande di quartiere, i cecchini pronti a spararti se non fai parte del gruppo o se dissenti, ma è così anche nella  vita reale e quindi la cosa non sorprende più di tanto. Per potermi orientare  senza perdermi nel marasma mi sono di aiuto gli aggregatori poetici, vedi Poecast di Vincenzo Della Mea e l’aggregatore di Absolute Poetry.  Ultimamente se voglio trovare buona poesia so che posso trovarla, oltre che nei siti che ho sopra menzionato, nel blog di Francesco Marotta “La dimora del tempo sospeso” e su “Blanc de ta nuque” di Stefano Guglielmin; spesso quest’ultimi, oltre a pubblicare la migliore poesia, inseriscono anche dei cappelli critici ai testi e ciò aiuta a comprenderli meglio. Sono luoghi accoglienti e sereni, gestiti da persone generose che mettono a disposizione il loro tempo e il loro sapere per amore della poesia e ne fanno dono agli altri. Accanto a questi voglio ricordare: La costruzione del verso, Farapoesia, Anterem, quest’ultimi sono siti di editori.

Internet è uno strumento eccezionale per la divulgazione della poesia ma per la sua natura non può essere null’altro che questo, è un mezzo veloce che raggiunge tutti ma la velocità, se da un lato è un pregio, dall’altro è un difetto, perchè i testi pubblicati si bruciano subito, per il solo fatto che si leggono sullo schermo perdono potenza, i post scorrono uno dopo l’altro, i blog con la stessa facilità con cui si aprono, chiudono, muoiono. Tutto diventa poco importante, tutto si perde nel prossimo post. La rete, inoltre, non consente l’approfondimento. Se intendi conoscere meglio l’autore che ti ha colpito, che ti interessa, è necessario passare alla carta, comprare il libro, mettersi tranquilli e leggere, studiare, meditare, assorbire, elaborare, digerire. Ci sono, però, dei siti dove si possono trovare delle raccolte poetiche in formato pdf che puoi scaricare liberamente e poi stampare, che puoi conservare e usare come fossero dei libri veri e propri, se ne trovano molti e quasi tutti di ottima poesia ad esempio nel blog di Biagio Cepollaro “Poesia da fare”, in quello di Giovanni Monasteri “Feaci Poesia”, su “Kult Virtual Press” e, ultimamente, anche su “Paginazero”. Pare che i blog  che si occupano di poesia vengano letti solo dagli blogger, pare che tutti scrivano e che nessuno legga, probabilmente non si riesce a orientarsi e a leggere tutti perché troppi scrivono; quando nel mercato l’offerta supera la domanda i prezzi crollano, si ha il crack. Si rischia dunque l’estinzione della poesia per iper produttività? Esistono moltissime piccole case editrici che pubblicano centinaia di titoli l’anno, libri che vengono comprati dagli stessi autori e poi vengono utilizzati come gadget ad altri poeti o inviati a critici con la speranza di una qualche recensione. Le grandi case editrici pubblicano pochi poeti e tutti nomi conosciuti, che generalmente vendono quel tanto che a loro basta per soddisfare quella minima richiesta del mercato.  Io penso al poeta come una persona sola; nella vita reale, quella che facciamo tutti i giorni, nei luoghi di lavoro, nelle cene fra amici, di poesia non ne vuole sentir parlare nessuno. Il poeta parla e nessuno lo ascolta, allora si rivolge ai poeti ma spesso i poeti sono impegnati a parlare a loro volta e non hanno voglia e tempo di ascoltarli.  Insomma le poesie e i poeti non mancano, mancano le letture, critiche e non. Personalmente trovo che il livello della poesia circolante nei luoghi che ho citato, escludendo i casi di cuore sole amore, sia tutta della buona poesia, ma forse è livellata, è tutta buona poesia  ma manca la voce che si erge sopra tutte le altre, che ti fa gridare al miracolo, che ti fa dire questo non l’avevo mai letto, il genio che stravolge e ti travolge insomma, ma forse il genio e l’eccelso ci sono e nell’eccessiva nebbia della quantità offerta non si riesce a distinguerne i contorni. Ma aldilà del genio che tutti aspettiamo come il messia della parola poetica, la poesia, benché sia un fare, non è un prodotto, è una manifestazione dell’uomo che ha una sua vita autonoma, come fosse un’entità indipendente, vivrà sempre dentro l’uomo e non morirà mai, fino a quando esisterà l’uomo con ciò che aspetta di dire dentro, ci saranno poeti, e viceversa. Attualmente frequento viadellebelledonne, nato a giugno del 2007 da una mia idea, il blog si ripropone di raccogliere e riunire le voci femminili poetiche disperse qui e là, è un blog letterario collettivo gestito totalmente da donne ma aperto anche a collaboratori esterni, dove, assieme a pezzi di prosa, attualità, arte figurativa e altro, vengono pubblicate poesie di autori e autrici di diversa nazionalità, ma anche pezzi nostri, un blog libero da condizionamenti,  dove l’unica cosa che conta è il dire e il fare della poesia, un luogo di scambio e di crescita, di ascolto. Nel blog abbiamo organizzato un concorso di poesia “Un fiore di Parola” dal quale è scaturita un’antologia, abbiamo pubblicato dei quaderni in pdf monotematici. Osip Mandel’Stam componeva nel campo di prigionia e mandava le poesie a memoria perché non poteva scriverle, la Merini al manicomio scriveva col dito sulla polvere, Ungaretti scriveva dentro una trincea, in mezzo ai topi e ai compagni morti, scrivevano e non pensavano al mercato editoriale,  alle vendite, alle letture critiche, al successo, al guadagno, ai blog, alle visite, a chi mi legge. C’erano loro e la loro poesia. I pdf, gli e-book, si propongono di evitare la dispersione, ne faremo altri e scriveremo nei blog fin quando ci saranno, poi scriveremo dentro le trincee, nei campi di prigionia, col dito sulla polvere, perché alla poesia poco importa la visibilità, il mercato, l’internet, la poesia esisterà sempre.

Antonella  Pizzo